Il 2017 sarà il terzo anno più caldo mai registrato. E’ record di fenomeni climatici estremi (VIDEO)
il rapporto del Wmo evidenzia le ripercussioni sulla salute, qualità della vita e ambiente
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Secondo il rapporto provvisorio “WMO Statement on the State of the Global Climate in 2017“ presentato alla 23esima Conferenza delle parti dell’United Nations framework convention on climate change (Unfccc) in corso a Bonn, «E’ molto probabile che il 2017, segnato da numerosi fenomeni a faorte impatto tra i quali degli uragani e delle inondazioni catastrofiche così come da ondate di caldo e da siccità particolarmente nefaste, si classificherà tra i tre anni più caldi mai constatati.
L’aumento delle concentrazioni di biossido di carbonio, l’innalzamento del livello del mare e l’acidificazione degli oceani, tra gli altri indicatori del cambiamento climatico, proseguono senza sosta. L’estensione della banchisa dell’Artico resta inferiore al normale mente n in Antartide l’estensione della banchisa, che prima era stabile, raggiunge un minimo record o quasi record.
Il rapporto della World meteorological organization (Wmo) sottolinea che «La temperatura media alla superficie del globo per i primi 9 mesi dell’anno supera di circa 1,1° C quella dell’epoca preindustriale, Sotto l’effetto di un potente El Niño, il 2016 dovrebbe conservare il suo status di anno più caldo, il 2015 e il 2017 si disputano il secondo e il terzo posto. Infine, gli anni dal 2013 al 2017 sono ben piazzati per costituire il periodo di 5 anni più caldo mai registrato».
Il rapporto provvisorio sul clima della Wmo, che copre il 2017 da gennaio a settembre, si basa sui dati comunicati da un ampio ventaglio di organismi dell’Onu e fa il punto sulle conseguenze del cambiamento climatico per la comunità mondiale, l’economia e l’ambiengte e fa pate di un progetto del sistema Onu che mira a fornifre ai decisori le informazioni più complete per orientare le politiche riguardo ai fenomeni atmosferici, all’acqua, al clima e ali obiettivi mondiali fissati nel quadro delle Nazioni Unite.
Presentando il “WMO Statement on the State of the Global Climate in 2017“, il segretario generale della Wmo, Petteri Taalas, ha sottolineato che «I tre ultimi anni sono stati i più caldi che sono stati mai registrati e si inscrivono nella tendenza al riscaldamento a lungo termine del pianeta. Abbiamo assistito a condizioni meteorologiche eccezionali, per esempio dei picchi di temperatura a più di 50° C in Asia, degli uragani di un’intensità record nei Caraibi e nell’Atlantico che hanno raggiunto l’Irlanda, delle inondazioni devastanti causate dal monsone che hanno colpito milioni di persone, o ancora una terribile siccità nell’Africa Orientale, Il numerosi di questi fenomeni – degli studi approfonditi ne riveleranno la cifra esatta – portano indiscutibilmente il marchio del cambiamento climatico causato dall’aumento delle concentrazioni di gas serra generato dalle attività umane».
Intanto, quel che è certo è che i fenomeni estremi incidono sulla sicurezza alimentare di milioni di esseri umani, soprattutto quelli più vulnerabili. Uno studio della Fao ha rivelato che nei Paesi in via di sviluppo, il 26% delle perdite agricole, zootecniche, della pesca, dell’acquacoltura e della forestazione è causato da tempeste, inondazioni e siccità di medio livello.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), a livello globale. l’impatto delle ondate di caldo sulla sanità dipende non solo dal trend generale al riscaldamento ma anche alla loro frequenza nelle aree abitate. Studi frecenti dimostrano che dal 1980 il rischio globale di malattie o decessi legati al caldo è cresciuto regolarmente e che circa il 30% della popolazione mondiale vive ormai in regioni climate con ondate prolungate di caldo estremo. Tra il 2000 e il 2016, il numero di persone esposte alle ondate di caldo è aumentato di circa 125 milioni.
Poi ci sono gli sfollati e i profughi ambientali: nel 2016, 23,5 millions di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case a causa di catastrofi di origine meteorologica. La Wmo evidenzia che «Come negli anni precedenti, questi spostamenti interni di popolazioni sono stati legati in maggioranza a delle tempeste o a delle inondazioni e riguardano la regione Asia-Pacifico». Ma nella sola Somalia l’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha censito più di 760.000 profughi interni.
Dall’ultimo “World Economic Outlook” del Fondo monetario internazionale (Fmi) arriva la conferma che «Le conseguenze nefaste del cambiamento climatico sono osservate principalmente nei Paesi a clima relativamente caldo, dove oggi si concentra circa il 60% dela popolazione mondiale».