Sisma del Centro Italia: ferme la ricostruzione delle scuole e la consegna delle casette

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Sisma del Centro Italia: ferme la ricostruzione delle scuole e la consegna delle casette

Solo un edificio scolastico realizzato e uno in costruzione sui 108 previsti 995 soluzioni abitative d’emergenza consegnate su 3570 richieste. I dati dell’Osservatorio per la ricostruzione di qualità di Legambiente e Fillea-Cgil
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Il rapporto “Il punto sulla costruzione delle casette e delle scuole Sisma 2016-2017” dell’Osservatorio per la ricostruzione di qualità promosso da Fillea-Cgil e Legambiente è l’impietosa e immobile foto di un nuovo fallimento: «A un anno dagli eventi sismici del 26 e 30 ottobre 2016 nel Centro Italia, alla vigilia del secondo inverno, la ricostruzione delle scuole e la consegna delle soluzioni abitative d’emergenza sono in gravissimo ritardo. Solo una scuola è stata realizzata sulle 108 da ricostruire previste da due piani straordinari approvati dal Commissario straordinario alla ricostruzione, e un’altra è in costruzione. Mentre su 3,570 casette richieste complessivamente nelle quattro regioni colpite, quelle consegnate sono 995».

Fille-Cgil   e Legambiente che monitorano insieme la ricostruzione delle aree del Centro Italia dicono che si tratta di «Numeri che, anche in considerazione degli stanziamenti disposti, portano a interrogarsi sulla o sulle cause di questi ritardi» e ricordano che «Il compito di coordinare la realizzazione delle casette è della Protezione Civile, il compito di coordinare la realizzazione delle scuole è della Struttura del Commissario straordinario».

Il documento dell’Osservatorio individua «responsabilità lungo tutta la complessa catena di comando, non sempre chiara» e sottolinea, inoltre, che «L’esigenza del “fare presto” non deve essere disgiunta dalla qualità del costruito». Il sindaco e l’associaione ambientalista si dicono fortemente preoccupati dell’idea che «per la riapertura di alcune scuole ci si possa accontentare del miglioramento sismico e non dell’adeguamento nonostante gli ingenti investimenti.Velocizzare l’uscita dall’emergenza è la priorità. Ma questo non può significare abbassare la guardia sul rispetto della legalità e dei necessari controlli che devono essere effettuati sui cantieri delle casette e delle macerie. L’alternativa sono le inchieste, come quelle della Procura di Napoli, sulle aziende impegnate nella sistemazione delle casette».

Secondo la presidente di Legambiente Rossella Muroni, «I numeri evidenziati dal lavoro dell’Osservatorio sono insoddisfacenti Senza case e scuole non si ricostruiscono le comunità, né ripartono le attività economiche. Per chi è lontano diventa sempre più difficile scegliere di tornare, chi nonostante tutto ha deciso di rimanere è costretto ad affrontare troppi disagi e a convivere con un continuo senso di precarietà. Bisogna avere la consapevolezza che se si accelera lo spopolamento delle aree interne, invece che contrastarlo, si avrà un danno per tutto il paese, perché l’Appennino è un grande sistema e patrimonio ambientale di valore europeo e internazionale. Pur nella drammaticità del caso, considerata l’ingente quantità di risorse che sarà riversata in quelle aree, la ricostruzione può e deve essere un’occasione per un nuovo sviluppo di queste aree».

Per il segretario generale di Fillea Cgil Alessandro Genovesi, «Molto è stato fatto ma molto, moltissimo ancora è da fare. La ricostruzione non è partita e la fase dell’emergenza si prolunga in modo, a volte, ingiustificato. La ricostruzione delle scuole è in pratica ferma e questo chiama in causa tutti, Commissario, Regioni, enti locali, stazioni appaltanti. Il Sindacato degli edili, attraverso accordi e protocolli, ha messo a disposizione del Commissario e dei Vice Commissari – Presidenti delle Regioni la disponibilità a ragionare sull’orario di lavoro, i propri enti bilaterali, le casse edili, le scuole di formazione e sicurezza. Altrettanta disponibilità ci aspettiamo dalle istituzioni regionali nel coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori nella gestione, in sicurezza e trasparenza, della fase dell’emergenza senza alimentare l’idea che le regole e la trasparenza siano il problema e non che il problema invece siano la mancanza di strumenti preventivi e di personale sufficiente per numero e qualificato nella Pubblica amministrazione. La ricostruzione non sia il terreno per la campagna elettorale, ma banco di prova per la parte migliore delle classi dirigenti».

Ecco nel dettaglio i tre principali problemi secondo il rapporto Flai-Cgil – Legambiente:

La ricostruzione delle scuole

Sono 105 le scuole da ripristinare con finanziamenti pubblici previste dalle Ordinanze commissariali: 18 in base al primo programma straordinario (gennaio 2017) e 87 in base al secondo (luglio 2017). Tre sono invece le scuole finanziate dai donatori. Delle prime, è in fase di costruzione solo la scuola primaria “Romolo Capranica” ad Amatrice. Delle seconde, è stata realizzata la scuola dell’infanzia “Benedetto Costa” di Sarnano, grazie ai finanziamenti della Regione Friuli Venezia Giulia.

La normativa definisce che, una volta effettuata la progettazione, sia Invitalia a svolgere le gare di affidamento dei lavori. Invitalia, agenzia di proprietà del ministero dell’Economia, è la centrale unica di committenza per la pubblica amministrazione e agisce anche per il Commissario straordinario di governo ai fini della ricostruzione.

L’ordinanza che stabilisce i 21 edifici scolastici da ricostruire entro l’inizio dell’anno scolastico in corso (18 da realizzare con finanziamenti pubblici e 3 con risorse di donatori) quantifica anche in 110.000.000 euro l’importo complessivo a carico dello Stato. Le scuole sono due in Abruzzo, due nel Lazio, 13 nelle Marche e quattro in Umbria. Ma delle 18 scuole messe a gara, hanno inizio solo i lavori della scuola primaria “Romolo Capranica” ad Amatrice, all’inizio di ottobre. Il resto delle gare non viene assegnato, nonostante l’ordinanza 35 del 31 luglio abbia modificato le prime due ordinanze 14 e 18, con l’obiettivo di facilitare la messa a gara.

È lecito, allora, domandarsi per quale motivo, a fronte di quasi 900 aziende che inizialmente (l’elenco è del 31 maggio) hanno espresso interesse alla realizzazione dei 18 edifici scolastici, soltanto la realizzazione di uno di essi sia stata aggiudicata. Perché il Commissario ha sentito l’urgenza, con ordinanze successive, di ritornare sui criteri di aggiudicazione delle gare? I criteri delle gare troppo stringenti o le imprese non erano in grado di rispettare tempi e qualità?

Il 4 agosto 2017 Invitalia pubblica un secondo “avviso esplorativo” per la costruzione delle 18 scuole, seguito da un nuovo elenco di esecutori interessati alla ricostruzione degli edifici scolastici che va a integrare quello già pubblicato. Si giunge così a 1.119 aziende. Ma a quasi tre mesi da questo secondo avviso ancora nessuna gara è stata aggiudicata.

L’ordinanza 33 dell’11 luglio 2017 approva il secondo programma straordinario per la riapertura delle scuole nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria in cui si prevede la ricostruzione di altre 87 scuole, con uno stanziamento complessivo di 231.038.692. A differenza delle 18 scuole inserite nel primo programma straordinario, i Committenti delle ulteriori 87 scuole sono i Comuni e le Province. Invitalia è sempre incaricata a svolgere le gare di appalto su indicazione degli Enti committenti preposti. Ad oggi, su tali opere Invitalia non ha pubblicato alcun bando.

La consegna delle Soluzioni Abitative di Emergenza (SAE)

Il compito per l’acquisto, le opere di urbanizzazione, l’installazione e la consegna delle soluzioni abitative d’emergenza è della Protezione civile, sotto il cui coordinamento i Comuni sono stati delegati a quantificare il fabbisogno delle casette, individuare le aree per la loro installazione e quelle per la sistemazione delle strutture pubbliche (edifici comunali, scuole, sedi delle forze dell’ordine, strutture sanitarie). La Protezione civile ha inoltre assegnato alle quattro Regioni coinvolte – Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria – il compito di provvedere all’urbanizzazione delle aree preposte a ospitare le casette.

Sono state richieste complessivamente 3570 casette (di cui 205 in Abruzzo, 775 nel Lazio, 1.824 nella Marche e 766 in Umbria), da 43 comuni sui 140 danneggiati dal sisma. Al 17 ottobre 2017 ne sono state consegnate 995, pari al 27,87% del totale richiesto.

I ritardi nella consegna delle SAE nelle quattro Regioni sono molto differenti. In Abruzzo una sola casetta è stata consegnata sulle 205 richieste, nel Lazio 616 su 775, nelle Marche 167 su 1824, in Umbria 211 su 766. Al netto di un ritardo generalizzato in tutte e quattro le Regioni, la tabella di marcia dipende da quando i Comuni hanno individuato e comunicato le aree da urbanizzare, dai tempi con cui le rispettive Regioni verificano l’idoneità idro-geo-morfologica, dai tempi dell’eventuale esproprio dell’area e della progettazione. Il comune di Norcia già il 3 ottobre 2016 ha comunicato la prima area alla Regione, Amatrice il 14 ottobre 2016, Accumoli l’11 novembre 2016, essendo state colpite dal sisma di agosto. Ad Amatrice ne sono state consegnate 428 su 512 (83,59%), ad Accumoli 188 su 199 (94,47%). Per alcuni Comuni, che hanno comunicato le aree disponibili solo all’inizio di settembre 2017, l’iter è appena iniziato.

Ci sono anche cause oggettive che giustificano in parte i ritardi e le differenze. Il susseguirsi degli eventi sismici (24 agosto, 26 e 30 ottobre, 18 gennaio) che a più riprese ha allargato l’area del cratere, allungato i tempi per la verifica dei danni sugli immobili, ha fatto aumentare progressivamente le persone rimaste senza casa. A cui però si è aggiunta la difficoltà, a sisma avvenuto, ad individuare aree idonee per la presenza di vincoli, a partire da quello idrogeologico, nel territorio dell’Appennino. Una pianificazione preventiva che individui nelle aree a rischio le aree preposte ad ospitare gli sfollati in caso di emergenza avrebbe potuto accelerare di molto i tempi, oltre che produrre un minore impatto paesaggistico e ambientale.

Sfruttamento del lavoro, prevenire l’illegalità

La situazione dei lavoratori adibiti sia all’allestimento delle aree per le SAE sia al montaggio delle stesse, sembra sfuggire ai controlli, come dimostra, per esempio, l’inchiesta giudiziaria della procura di Napoli di inizio ottobre sulle varie aziende totalmente fittizie che occupavano lavoratori in nero in Umbria, tra l’altro privi delle più elementari dotazioni antinfortunistiche. Una vicenda che dimostra quanto sia importante prevenire e svolgere verifiche puntuali.

Infatti, non va sottovalutata la necessità di prevenire l’illegalità nei cantieri per contrastare il lavoro nero e grigio di cui troppe imprese stanno facendo uso; ne va della sicurezza di chi lavora, oltre che scongiurare il rischio di bloccare i cantieri dopo l’intervento della magistratura. Le verifiche effettuate sul campo dagli operatori del Sindacato hanno registrato, in tutte e quattro le Regioni interessate, la presenza di lavoratori completamente sconosciuti alle Casse edili (Enti Bilaterali del sistema contrattuale edile che controllano la regolarità contributiva delle aziende) o denunciati con un monte ore di lavoro di molto inferiore a quello effettivamente svolto. Parliamo quindi di lavoro nero e grigio nei cantieri ben finanziati dai fondi pubblici. Senza l’adozione di strumenti legislativi appropriati, tali fenomeni sono destinati a diventare strutturali. Lo strumento del DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva per congruità) deve essere adottato da tutti i soggetti attuatori, quelli che affidano i lavori. Lo strumento consiste nell’adozione di criteri attraverso cui la Cassa edile può calcolare, in base alla natura dell’opera e al suo importo, la manodopera che obbligatoriamente deve essere impiegata e quindi il monte ore che deve essere denunciato presso l’Ente.

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