Scoperte particelle misteriose nell’atmosfera di Saturno

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Scoperte particelle misteriose nell’atmosfera di Saturno

Nella fase finale della missione la sonda Cassini della NASA ha rilevato nell’atmosfera di Saturno polveri finissime che potrebbero essere prodotte dai caratteristici anelli del pianeta
di Alexandra Witze/Nature
www.lescienze.it

La sonda spaziale Cassini della NASA continua a produrre scoperte sorprendenti, più di un mese dopo essere bruciata durante il tuffo finale dentro Saturno che ha decretato la fine della missione. Nuovi dati trasmessi dalla sonda suggeriscono che i maestosi anelli di Saturno inondino di piccole particelle di polvere l’atmosfera superiore del pianeta, dove formano un complicato e inatteso mix chimico.

Uno spettrometro di massa a bordo di Cassini ha rilevato strane sostanze chimiche mentre la sonda trascorreva i suoi ultimi cinque mesi nello spazio fra Saturno e i suoi anelli.

“Abbiamo davvero vinto il montepremi”, ha detto Mark Perry, planetologo al Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory a Laurel, nel Maryland, che il 17 ottobre ha riferito questi risultati in una riunione dell’American Astronomical Society’s Division for Planetary Sciences tenutasi a Provo, nello Utah.

Particelle misteriose nell'atmosfera di Saturno
L’atmosfera di Saturno e sullo sfondo gli anelli, ripresi da Cassini. (Cortesia NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute)

Gli scienziati della missione si aspettavano che lo spettrometro di massa di Cassini rilevasse la firma di molecole d’acqua mentre la sonda scivolava tra il pianeta e i suoi anelli. Negli anni settanta e ottanta, le missioni Pioneer e Voyager della NASA avevano trovato nella parte superiore dell’atmosfera di Saturno meno particelle cariche di quelle previste. Sulla base di questi dati, nel 1984 i ricercatori avevano ipotizzato che le molecole d’acqua provenienti dagli anelli, per lo più sotto forma di ghiaccio, agissero da catalizzatore dell’allontanamento delle particelle cariche dall’atmosfera. Gli ultimi mesi di Cassini hanno dato agli scienziati la prima opportunità per verificare direttamente questa idea.

Sorpresa chimica
Ma invece di acqua, i dati dello spettrometro di massa hanno mostrato una miscela stregonesca di sostanze chimiche, tra cui metano, una molecola che potrebbe essere monossido di carbonio e molecole più complesse. Le concentrazioni di queste sostanze sono più alte intorno all’equatore di Saturno e alle alte quote, il che suggerisce che il materiale stesse sfuggendo dagli anelli del pianeta.

Quanto più profondamente la sonda penetrava nell’atmosfera, tanto più strane apparivano le misurazioni. Le sue incursioni più vicine alla superficie di Saturno hanno rivelato un panoplia di molecole pesanti, ha detto Perry alla conferenza. Gli scienziati non hanno ancora individuato tutti i tipi di molecole, ma è chiaro che là c’è ben di più che molecole di acqua.

Analizzando i tipi di materiali che potrebbero provenire dagli anelli, la squadra di Perry ha concluso che deve trattarsi di frammenti di piccole particelle di polvere che misurano appena da 1 a 10 nanometri, ma che sono relativamente pesanti. Quando queste particelle sfuggivano spiraleggiando dagli anelli per finire nello spettrometro di massa di Cassini, si frantumavano in minuscoli frammenti.

Il modo esatto in cui queste particelle compiono il viaggio dagli anelli all’atmosfera è ancora tutto da comprendere. “Abbiamo molto da fare per capire come arrivano”, ha detto Perry. “Nessun modello lo prevede”.

Nelle sue ultime immersioni nell’atmosfera, attirata dalla gravità di Saturno, Cassini sfrecciava a oltre 30 chilometri al secondo, una velocità quattro volte superiore a quella che poteva sostenere lo spettrometro in base alla progettazione. “Queste sono velocità più elevate di qualsiasi cosa che abbia mai visto”, ha osservato Linda Spilker, planetologa al Jet Propulsion Laboratory a Pasadena, in California, e membro del gruppo di ricercatori della missione Cassini.

A queste enormi velocità, qualsiasi cosa si fosse scontrata con Cassini, sarebbe andata in pezzi.

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su Nature il 18 ottobre 2017. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

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