I centri abitati erano distribuiti lungo le pendici e vicino al Vesuvio, fino a pochi anni prima considerato una montagna qualunque (i primi eventi di quella tragedia iniziarono nel 62 d.C.). In effetti il vulcano era inattivo (oggi si direbbe dormiente) da otto secoli.
Parco Archeologico di Pompei: l’Orto dei fuggiaschi. Le vittime dell’eruzione morirono carbonizzate, esposte a temperature di 300 °C (a Ercolano si arrivò anche a 600 °C).
Il 24 agosto (o il 24 ottobre, a seconda delle fonti) del 79 d.C. il Vesuvio diede origine a un’eruzione esplosiva, seppellendo sotto uno strato di ceneri e detriti incandescenti, alto diversi metri, le città attorno.
La colonna di ceneri (la nube piroclastica) si alzò in cielo intorno all’una del pomeriggio dopo un potente boato: doveva essere alta quasi 26 chilometri e quando collassò si abbattè sul territorio circostante alla velocità di oltre 100 chilometri orari, seppellendo tutto.
A Pompei ed Ercolano vivevano circa 16-20.000 persone: nelle ceneri pietrificate sono stati rinvenuti i resti di circa 1.500 persone, ma il numero totale delle vittime è ignoto.
L’eruzione è stata definita di tipo plinano perché a osservarla fu lo scrittore e senatore romano Plinio il Giovane (circa 61-114 d.C.) che la descrisse dettagliatamente in una lettera inviata all’amico e storico Publio Cornelio Tacito, 30 anni dopo.
Al momento dell’eruzione Plinio si trovava a Miseno, nella baia di Napoli, a circa 35 chilometri da Pompei. Nella lettera scrisse che vide formarsi in cielo una nuvola altissima di fumo mista a cenere e lapilli. La paragonò a “un albero di pino” che si “elevava a grande altezza come un enorme tronco dalla cui cima si disperdevano formazioni simili a rami”.
Oggi definiamo pliniane le eruzioni esplosive, prodotte da vulcani come il Vesuvio: questi vulcani emettono una lava molto viscosa che si accumula alla sommità, impedendo ai gas di uscire.
Col tempo, ciò porta a un aumento della pressione interna fino allo sfogo istantaneo, che si manifesta nell’esplosione parziale o totale (nei casi più gravi) del vulcano stesso. Quando succede, per decine di chilometri si alza una grande colonna di ceneri, lapilli e gas (la colonna eruttiva) che poi collassano ricadendo a terra con effetti devastanti, com’è appunto stato per Pompei ed Ercolano.
A lungo si è pensato che l’eruzione del Vesuvio sia avvenuta il 24 agosto del 79 d.C., data dedotta dalla lettera citata di Plinio a Tacito, che fa riferimento a nonum kal. septembres, ossia nove giorni prima delle calende di settembre, data che corrisponde al 24 agosto.
Recentemente alcuni archeologi però hanno però rivisto questa ipotesi. A far pensare che l’eruzione possa essere avvenuta successivamente è stato il ritrovamento nel sito archeologico di Pompei di una moneta che fa riferimento alla quindicesima acclamazione di Tito a imperatore, avvenuta dopo l’8 settembre del 79, oltre che di frutta secca e braceri tipicamenti usati per riscaldare gli ambienti. Questo farebbe pensare che l’eruzione potrebbe essere avvenuta due mesi dopo, forse il 24 ottobre del 79 d.C.