Dopo Ophelia dobbiamo attenderci altri uragani in Europa?

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Dopo Ophelia dobbiamo attenderci altri uragani in Europa?

Le zone nordoccidentali europee sono state colpiti dall’urgano Ophelia: un ciclone tropicale agganciato da correnti atmosferiche in rotta verso est. Le stesse aree rimangono zone a rischio anche per eventi estremi
di Anna Lisa Bonfranceschi
www.wired.it

(Immagine: NOAA/NASA Goddard Rapid Response Team)
(Immagine: NOAA/NASA Goddard Rapid Response Team)

Nei giorni scorsi l’uragano Ophelia ha portato pioggie, distruzioni e morte nell’Europa Nord-occidentale riportando alla mente le paure e le drammatiche distruzione degli uragani oltreoceano. Forse anche perché siamo abituati a considerarli fenomeni lontani, estranei all’Europa. Sbagliando. Perché se è vero che si tratta per lo più di fenomeni tipici delle latitudini tropicali, gli uragani non rimangono confinati unicamente a queste zone. Abbiamo provato a fare chiarezza, cercando di capire quanto e come questi fenomeni possano interessare anche l’Europa con l’aiuto di Massimiliano Pasqui dell’Istituto di Biometereologia del Cnr, esperto di meteorologia e cambiamenti climatici.

Un uragano è un fenomeno metereologico con caratteristiche ben chiare. Ha un vortice atmosferico rotante di bassa pressione con un occhio ben definito, è simmetrico e ha venti molto forti (per farvene un’idea, ecco come appare Ophelia in una ricostruzione in 3D). La stessa velocità con cui soffiano è un criterio di definizione.

Sono infatti considerati uragani i cicloni tropicali i cui venti soffiano a velocità di superficie pari o superiore a 119 km orari. Il termine cicloni tropicale suggerisce già le zone d’origine degli uragani: “Si formano e si evolvono nelle fasce tropicali di tutti gli oceani, perché è qui che incontrano le caratteristiche necessarie ad alimentarli”, spiega Pasqui, “Servono infatti temperature di superficie elevate, sopra ai 26,5°C delle acqua, combinate a caratteristiche di innesco nell’atmosfera, quali sono i sistemi perturbati che si sviluppano nella cosiddetta zona di convergenza intertropicale”. Questo tipicamente, e una volta che si sono sviluppati generalmente si muovono verso ovest. Almeno per le tempeste tropicali che nascono in una latitudine compresa tra i 5 e i 30 gradi Nord.

Altri fattori che possono favorire la nascita degli uragani sono alcune caratteristiche dell’atmosfera, come aria che si raffredda velocemente salendo, relativamente umida a livello della troposfera e con basse variazioni di velocità del vento con l’altezza.


Regioni in cui è probabile la nascita di cicloni tropicali (Foto SRH/NOAA)

A volte però, scrive il National Hurricane Center statunitense, i venti nei livelli medio-alto dell’atmosfera possono cambiare e guidare il ciclone verso nord-nordest. Qualcosa che più comunemente accade quando i cicloni tropicali raggiungono latituni di 30 gradi Nord.

Nella loro evoluzione i cicloni tropicali possono venire agganciati da venti che spirano da occidente a oriente e virare verso l’Europa, e in genere quando lo fanno hanno minor vigore”, aggiunge infatti Pasqui. Questo, in parte, sembra quello che è capitato a Ophelia: è nato molto a Nord e si è diretto verso le Azzorre e le Isole britanniche da subito. Ma non solo. “Ophelia è stato un uragano con caratteristiche di forza anomale, perché è aumentato di energia fino a raggiungere la categoria 3 [nella scala che misura la velocità dei venti e la forza degli uragani, con valori crescenti da 1 a 5, nda] anche se poi ha perso energia”, va avanti Pasqui.

Ma quanto è probabile che eventi del genere si verifichino ancora in Europa? Stimarlo non è semplice, si tratta pur sempre di eventi rari. “Ma anche senza i cicloni tropicali le regioni dell’Europa nord-occidentale rimangono zone a rischio per fenomeni metereologici estremi – spiega il ricercatore – per la possibile presenza, per esempio, di cicloni extratropicali che possono formarsi nell’Atlantico settentrionale e sono associati a precipitazioni e venti intensi. E se anche qui di previsioni non se ne possono fare, alcuni elementi che ne influenzano positivamente la formazione – come l’aumento delle temperature del mare e i cambiamenti nelle coperture nevose – sembrano essere in aumento”. I cicloni extratropicali non si differenziano dai cicloni tropicali solo per la zona d’origine: solitamente i primi hanno venti più sostenuti nella zona della tropopausa (nella zona tra la troposfera e la stratosfera), intorno ai 12 km di altezza, mentre i secondi hanno venti più forti in prossimità della superficie.

Nel Mediterraneo la situazione è completamente diversa, ma possono comunque formarsi vortici con caratteristiche simili a quelli degli uragani. Tanto che si parla di Medicane, cicloni di natura mediterranea (come suggerisce lo stesso nome, da Mediterranean hurricanes). “Questi uragani mediterranei sono sistemi di bassa pressione che vivono generalmente poche ore, sono rari e hanno dimensioni più piccole e venti che possono raggiungere al massimo la categoria due nella scala che misura l’intensità degli uragani – conclude Pasqui – Possono essere frequenti anche durante la stagione invernale, quando si formano in seguito all’arrivo di aria fredda nel Mediterraneo dove trova temperature superiori alla media”.

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