India: al via il contestato progetto di connessione fluviale di 30 grandi corsi d’acqua

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India: al via il contestato progetto di connessione fluviale di 30 grandi corsi d’acqua

Il progetto, che dovrebbe entrare in fase di cantiere entro l’anno per concludersi nel 2050, prevede la comunicazione tra 30 grandi fiumi (37 in tutto con i più piccoli). Insieme ad altrettanti canali artificiali e oltre 3mila serbatoi andrà a formare una rete idrica di circa 15 mila chilometri, pari al doppio della lunghezza del Nilo
di Davide Michielin
www.nationalgeographic.it

Dopo quasi quarant’anni di attesa e numerose false partenze, è atteso a giorni in India lo stanziamento di 74 miliardi di euro con il quale il governo di Narendra Modi sbloccherà il primo stralcio della colossale “connessione fluviale” denominata Indian Rivers Inter-link. Il progetto prevede la costruzione di un’estesa rete di opere idrauliche volte a mitigare la siccità delle regioni peninsulari convogliando le acque himalayane in eccesso, mettendo al contempo in sicurezza dalle alluvioni le popolazioni di queste ultime regioni.

Nonostante le nevi dell’Himalaya, le precipitazioni monsoniche e alcuni grandi fiumi, la disponibilità di acqua nel paese è estremamente irregolare sia geograficamente che stagionalmente. I bacini del Gange e del Brahmaputra, dove si concentra quasi la metà della popolazione, copre un terzo della superficie dell’India ma drena oltre il 60% delle risorse idriche totali. Qui la stagione delle piogge ogni anno esige un tributo di vite umane. Il bilancio provvisorio del 2017 è di oltre 800 vittime, 514 delle quali nel solo Bihar, mentre nell’Assam l’acqua ha letteralmente cancellato dalle mappe 2 mila villaggi.

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Ogni anno, nella stagione secca, le acque del Gange al confine con il Bangladesh si prosciugano con la chiusura della diga di Farakka, sul lato indiano della frontiera. Fotografia di Giulio Di Sturco

Nel resto del paese, e per lunghi periodi di tempo, è la siccità a farla da padrona. Lo scorso anno 330 milioni di indiani hanno sofferto più o meno prolungatamente la carenza di acqua potabile. Una condizione che nei prossimi decenni potrebbe peggiorare: secondo alcuni modelli previsionali, la già scarsa disponibilità di acqua pro capite del paese è destinata a ridursi ulteriormente, crollando dagli attuali 1.820 m3 annui a 1140 m3 nel 2050, pari a circa la metà di quella italiana. Le rivendicazioni sui fiumi posti lungo i confini è diventata quotidianità tra gli stati occidentali, mentre nella regione peninsulare si moltiplicano le manifestazioni di coltivatori e allevatori ridotti allo stremo.

La connessione fluviale in teoria rappresenta perciò una soluzione doppiamente vincente che, oltre a ridurre la siccità nelle zone aride e il rischio di esondazioni in quelle umide, garantirebbe l’irrigazione a una superficie agraria grande quanto la Germania. Nonché il capitale idrico necessario ad alimentare le turbine di un’imponente rete di centrali idroelettriche, fondamentale per rispondere al crescente fabbisogno energetico del paese. Eppure, sia all’interno del paese che all’esterno, le perplessità sono dello stesso ordine di grandezza della portata faraonica dell’opera.

Il progetto, che dovrebbe entrare in fase di cantiere entro l’anno per concludersi nel 2050, prevede la comunicazione tra 30 grandi fiumi. Insieme ad altrettanti canali artificiali e oltre 3mila serbatoi andrà a formare una rete idrica di circa 15 mila chilometri, pari al doppio della lunghezza del Nilo. La prima grande incertezza riguarda il costo complessivo dei lavori. Le stime più ottimistiche fissano il tetto a 236 miliardi di euro, ma alcuni analisti temono che possa triplicare in corso d’opera, assorbendo fino a un terzo del Pil del paese. Una cifra astronomica che alcuni Stati indiani chiedono sia piuttosto investita nella depurazione: a causa dei reflui, il numero di fiumi le cui acque sono inadatte al consumo umano è aumentato da 121 a 275 in appena cinque anni.

La connessione fluviale desta inoltre numerose perplessità ambientali. Oltre all’inevitabile scomparsa di alcuni ecosistemi e l’appiattimento della biodiversità – che permetterà alle specie più opportuniste di colonizzare nuovi habitat – alcuni ricercatori sottolineano come la suddivisione tra bacini donatori e riceventi sia semplicistica. “Il fiume non è solo un tubo attraverso il quale passa l’acqua”, ha ricordato Chittenipattu Rajendran, geologo del Jawaharlal Nehru Centre for Advanced Scientific Research di Bangalore. “Le dighe intrappolano sedimenti e sostanze nutritive che sono fondamentali per la fertilità della pianura e per contrastare l’erosione costiera”. Le inondazioni aiutano inoltre a ricaricare gli acquiferi sotterranei. Senza questo afflusso sporadico, l’acqua salata risale gradualmente nella falda, accelerando i processi di desertificazione.


L’incognita più imprevedibile è però rappresentata dal cambiamento climatico. I ricercatori dell’Istituto Indiano di Tecnologia hanno osservato tra il 1981 e il 2013 una significativa diminuzione delle precipitazioni monsoniche nei grandi bacini idrografici del paese in favore delle regioni più secche. Secondo gli autori, i fiumi che oggi soffrono di un deficit di acqua, tra trent’anni potrebbero lamentare il problema opposto. Rendendo quantomeno avventata la decisione di realizzare una vasta rete di dighe e canali in un momento di grande incertezza climatica.

Se il benessere della popolazione indiana può comprensibilmente spostare l’ago della bilancia in favore della connessione fluviale, oltre confine il progetto si preannuncia come una catastrofe. Nel tratto finale del bacino di Gange e Brahmaputra vivono infatti 100 milioni di bengalesi, la cui economia rurale è legata a doppio filo alla generosità dei due fiumi. Un trattato internazionale ha sancito nel 1996 che per i successivi trent’anni India e Bangladesh avrebbero condiviso equamente le acque dei fiumi. Ma durante la stagione arida il governo indiano finisce spesso per dimenticarsene, lasciando a secco il vicino. Quale futuro aspetta il Bangladesh qualora buona parte del flusso dei due grandi fiumi sia regolarmente dirottato verso altre regioni dell’India? A Dacca si incrociano le dita, sperando che la connessione fluviale si riveli un buco nell’acqua.

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