Corona Solare, milioni di gradi, contro le migliaia in superficie: un problema forse vicino a una soluzione

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Corona Solare, milioni di gradi, contro le migliaia in superficie: un problema forse vicino a una soluzione

La corona solare non ha un vero confine: si allunga nello spazio per milioni di chilometri. È più calda della superficie del Sole: è, questa, una apparente anomalia, non ancora chiarita nonostante le tante ipotesi.
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Il Sole, la stella più vicina a noi, per quanto vicina ci nasconde le risposte a molti interrogativi sulla sua natura. Una delle questioni più affascinanti e forse tra le più complesse per noi da dipanare riguarda la parte più esterna della sua atmosfera, la corona solare, che si estende per milioni di chilometri, non ha un vero confine ed è visibile durante le eclissi totali o utilizzando strumenti come il coronografo.

La corona è composta dai gas coronali, soprattutto idrogeno ed elio, alla temperatura di milioni di gradi. Ed è questo l’enigma: com’è possibile che l’involucro si trovi a temperature fino a 200 volte superiori rispetto alla superficie, dove si rilevano temperature medie attorno ai 6.000 gradi (non facciamo la distinzione tra Kelvin e centigradi: a questa scala non fa differenza)?

Un flare solare di dimensioni tali da essere osservato da un telescopio spaziale come il Solar Dynamics Observatory (vedi). | NASA

Nel corso del tempo sono state proposte numerose ipotesi, ma nessuna è così esaustiva da essere considerata definitiva (qui un articolo di Focus.it su di uno studio del 2011).

Il problema è che non abbiamo strumenti adeguati per misurare con precisione ciò che avviene sulla superficie del Sole e nella sua atmosfera, almeno finora. Adesso però, dell’elaborazione dei dati raccolti dal razzo sonda FOXSI-2 (Focusing Optics X-ray Solar Imager, lanciato nel dicembre del 2014), un gruppo di ricercatori statunitensi, giapponesi e svizzeri ha avanzato una nuova ipotesi che sembra più solida delle precedenti ed è stata pubblicata su Nature Astronomy (abstract, in inglese).

 Con FOXSI-2, che trasportava sette telescopi progettati per lo studio del Sole, si è voluta verificare l’idea che nella corona venga iniettata una grande quantità di energia grazie a una serie di “piccole esplosioni”, chiamate nanoflare, che avvengono sulla superficie e che risultano troppo poco intense per essere rilevate delle apparecchiature di osservazione utilizzate finora.

Nuovi dati. Per valutare l’ipotesi i ricercatori hanno esaminato le emissioni di raggi X emessi dalla corona e hanno scoperto che sono molto energetici, fatto molto importante ai fini dell’indagine perché le eruzioni solari (grandi o piccole) emettono raggi X in grandi quantità.

Una gigantesca esplosione solare. Ecco anche un altro interessante interrogativo…

Tuttavia, nel periodo indagato, nessun altro strumento evidenziava eruzioni solari in atto, perciò… dovevano necessariamente essere in atto proprio dei nanoflare, invisibili ai nostri strumenti ma deducibili dai loro effetti.

I ricercatori sono comunque i primi a sostenere di non avere ancora la certezza che la loro ipotesi possa essere trasformata in una teoria, anche se tutto sembra andare proprio in quella direzione. Per approfondire la questione sarà presto lanciato un altro razzo sonda, con una strumentazione ancor più sensibile e progettata allo scopo, mentre è in fase di valutazione il progetto per un satellite apposito per il rilevamento e lo studio dei nanoflare.

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