Le prime reti mobili di sismografi, la deformazione di una faglia finalmente ‘vista’ grazie ai dati, la magnitudo calcolata rapidamente: il terremoto di Colfiorito del 26 settembre 1997 ha scosso anche la sismologia, rendendola più moderna, efficace e in grado di dare in tempi brevi informazioni cruciali per gestire le emergenze. Soprattutto, avere a disposizione quei nuovi mezzi ha permesso, negli anni, di conoscere l’incredibile complessità del sistema di faglie dell’Appennino.
La tempestività è stata la parola d’ordine di quel terremoto e lo ricorda bene il sismologo Alessandro Amato, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv): “partimmo la mattina all’alba, subito dopo il primo terremoto”, quello di magnitudo 5,7 avvenuto in piena notte, alle 2:33. “Appena arrivati, installammo la rete dei sismografi mobili e poche ore più tardi avevamo i primi dati”. I sismologi di quello che all’epoca si chiamava ancora Istituto Nazionale di Geofisica (Ing), erano lì quando arrivò la seconda scossa, la più forte, quella di magnitudo 6,0 registrata alle 11:42. La loro ‘sala operativa’ era un camion nella piana di Colfiorito, al cui interno c’erano i computer che permettevano di controllare i dati. Rapidamente era diventato un punto di riferimento anche per chi viveva lì e aveva vissuto il terremoto in prima persona: “moltissimi si affacciavano o entravano per avere informazioni”.
L’emozione era di tutti: “per molti di noi era il primo terremoto visto sul campo”, ricorda Amato. Lui e i suoi colleghi erano molto giovani e prima di allora il terremoto più importante era stato quello di magnitudo 6,8 avvenuto in Irpinia il 23 novembre 1980.
A Colfiorito la rete mobile dei sismografi aveva fornito dati allora inediti: “per la prima volta vedevamo bene la faglia e lì abbiamo capito che le prime ore sono le più importanti per raccogliere informazioni”, osserva Amato. Vedere una faglia appenninica significava inoltre chiarire i dubbi sulla natura dei terremoti dell’Appennino. Quello di Colfiorito è stato anche il primo terremoto nel quale sono stati utilizzati i dati dei satelliti per osservare le deformazioni del suolo. All’epoca erano stati utilizzati i satelliti radar Ers (European Remote-Sensing) 1 e 2, dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa).