TERREMOTI A CONFRONTO: Umbria 26/09/97 – Abruzzo 06/04/09

0

TERREMOTI A CONFRONTO: Umbria 26/09/97 – Abruzzo 06/04/09

di Daniela Querci
tratto da 8456kmq.blogspot.it

UGUALI MA DIVERSI – Cosa hanno in comune, e quali sono le differenze, fra i due sismi più devastanti che hanno sconvolto l’Italia negli ultimi 15 anni? (articolo scritto nel 2009 NDR)
Ricordiamo tutti la scossa che il 26 Settembre del 1997, alle 11:40, mise in ginocchio l’Umbria. Era di magnitudo 6.1 sulla scala Richter. Nella scala Mercalli, fu giudicata di X grado, corrispondente alla definizione: “disastrosissima: numerose vittime umane, crollo di parecchi edifici, crepacci evidenti nel terreno”. L’evento era stato preceduto da una scossa di intensità quasi equivalente alle 2:33 del mattino dello stesso giorno, e da innumerevoli episodi minori fin dall’Aprile precedente, fra i quali spiccò – per magnitudo e danni provocati – quello del 12 Maggio con epicentro nell’area di Massa Martana.

Lo sciame sismico che seguì all’evento principale si protrasse per molti mesi, mantenendo in costante allarme la popolazione, ed aggravando le condizioni degli edifici già lesionati. Il 14 Ottobre, alle 17:25, una scossa di magnitudo 4.9 con epicentro fra Sellano e Preci, venne avvertita in tutta l’Italia centrale. A Foligno, in quel momento, i vigili del fuoco stavano cercando di mettere in sicurezza il Torrino, simbolo della città. Si sbriciolò letteralmente nelle loro mani, franando sul tetto del Municipio. E ancora, il 3 Aprile 1998 a Gualdo Tadino. Erano le 17:53. Lo stadio era gremito per la partita Gualdo-Ascoli, serie C1. Mancava un minuto alla fine, quando arrivò la scossa. Magnitudo: 4.5. E fu di nuovo panico. In totale, l’evento sismico del 1997 provocò 11 vittime, e danni ad opere civili ed architettoniche stimati in 12 miliardi di Euro. Ad oggi, l’Umbria ne ha ricevuti circa 7.

Il terremoto che ha devastato l’Abruzzo il 6 Aprile 2009 è stato di intensità di 6.3 gradi Richter,  ma è avvenuto di notte, alle 3:33 del mattino. E l’epicentro è stato rilevato in corrispondenza del capoluogo, il centro più densamente popolato della regione. L’Aquila. 70.000 abitanti. Praticamente, dormivano tutti. Anche in questo caso ci sono state scosse precedenti di magnitudo inferiore. L’Istituto Nazionale di Geofisica (INGV) ha rilevato una sismicità anomala fin dal Gennaio di quest’anno, e tutti ormai conosciamo la storia di Giuliani – tecnico al laboratorio dell’Istituto Nazionale di Astrofisica del Gran Sasso – e delle sue “predizioni al Radon”. Anche qui abbiamo in atto una sequenza sismica, che al momento procede con alcune scosse importanti e innumerevoli eventi minori. In tutto, l’INGV ne ha conteggiate più di 10.000, di cui oltre 30 con magnitudo fra 3.5 e 5.0. (ricordiamo che questo articolo fu scritto pochi giorni dopo l’evento NDR)

I terremoti di Umbria e Abruzzo hanno molti punti in comune, e una grossa differenza: Il numero di vittime, feriti e sfollati. Chiarire il perché non è facile. Può dipendere da molti fattori. Sicuramente l’orario e l’ubicazione del terremoto abruzzese sono elementi che hanno fortemente penalizzato l’area Aquilana. I tipi di terreni su cui sorgevano le costruzioni possono rappresentare un altro punto determinante. Le onde sismiche vengono attenuate o amplificate in dipendenza dal tipo di rocce che incontrano lungo il loro passaggio. Questo può spiegare perché abitazioni identiche, e a poche centinaia di metri di distanza l’una dall’altra, abbiano subito danni di entità molto differenti.

LE CAUSE – La dinamica che ha prodotto i terremoti dell’Umbria e dell’Abruzzo è equivalente. Sono stati generati a profondità fra i 6-8 ed i 15 Km. Le faglie si estendono in entrambi i casi parallelamente all’asse degli Appennini, in direzione Nord-Ovest – Sud-Est. Quando avviene il terremoto, le due porzioni di roccia separate dalla faglia si spostano una rispetto all’altra. In tutti e 2 i casi è avvenuto un movimento di tipo distensivo, il meccanismo predominante in tutta l’area appenninica. La causa di questi eventi è la collisione fra due placche tettoniche, quella Adriatica e quella Eurasiatica. Lo scontro ha generato in un primo tempo (circa 30 milioni di anni fa) fenomeni di compressione, ossia piegamenti ed accavallamenti di strati rocciosi, la cui espressione più eclatante è stata la formazione della catena appenninica. Ora siamo nella fase chiamata distensiva, generata da forze che – invece di comprimere – “tirano” in un certo qual modo le rocce. Quando si raggiunge il punto di rottura, le rocce si spaccano, ed avviene il terremoto.

Nonostante esistano elementi indicativi che possono indurre ad ipotizzare un evento sismico, non è ancora possibile prevedere se, quando, dove e con quale intensità avverrà un terremoto. Il gas Radon, ad esempio, viene monitorato da circa un ventennio in molte aree ad alto rischio sismico della Terra. E’ stato verificato che la sua concentrazione può aumentare nel corso di eventi sismici, infatti è un gas che può essere rilasciato da sezioni più o meno profonde del sottosuolo. Ma – attualmente – non è possibile correlare la quantità di Radon né ad un prossimo evento tellurico, né tanto meno al luogo ed al tempo preciso in cui questo potrebbe avvenire. Lo stesso tipo di ragionamento vale anche per le manifestazioni sismiche che precedono i terremoti di grossa magnitudo. Sciami sismici di entità modesta o moderata, come quelli che hanno preceduto i terremoti principali di Umbria ed Abruzzo, non sempre hanno il loro climax in scosse importanti e distruttive. In definitiva, la realtà è che non siamo ancora in grado di fornire previsioni accurate per gli eventi sismici. Ma le carte di pericolosità e di grado di rischio da terremoti esistono. E sono molto accurate. Utilizzarle al meglio per edificare strutture quanto più sicure possibile non è facoltativo. E’ un dovere.
Adesso abbiamo sotto gli occhi l’Aquila. Ma quanti borghi, paesi e città ci sono in Italia – classificati ad alto rischio sismico – i cui edifici non rispettano le norme di legge? Vogliamo aspettare il prossimo terremoto per saperlo?

OGNI COSA A SUO TEMPO – C’è un tempo per distruggere. E un tempo per ricostruire. Ci sono momenti di disperazione, e circostanze di riflessione. Per comprendere. E trovare il sentiero da seguire. Percorrerlo poi, è altrettanto impegnativo. Richiede tenacia e determinazione. La gente dell’Umbria lo sa. I magnifici affreschi che dodici anni fa abbiamo visto precipitare come un sudario di funerea polvere grigia nel transetto della Basilica Superiore di Assisi, oggi risplendono di nuova luce. Le pareti sgretolate e le macerie che deturpavano e deprimevano i nostri incantevoli borghi sono svanite. Spazzate via dalla nostra voglia di vivere, dalla forza di non cedere alla disperazione, dalla capacità di trasformare rabbia e sconforto in energia e volontà. Perché tutto quello che ci rappresenta si rinnovi incessantemente nel tempo, cambiando con noi, ma non scomparendo.

E se è la nostra esistenza a procedere lungo questo cammino, anche la Terra lo segue. Si trasforma nel tempo, evolvendo, com’è naturale che sia. A volte ci fa sentire i suoi fremiti. E noi tremiamo con lei. I terremoti sono una delle poche manifestazioni di questo nostro pianeta di cui non possiamo sentirci responsabili. Attribuiamo a noi stessi la causa del surriscaldamento globale, di cicloni, uragani e inondazioni. Ma i terremoti scaturiscono dalle profondità della Terra, da quanto di più inaccessibile ci è dato immaginare. E come tutto ciò che non si fa governare, che non si può toccare, ma solo percepire, hanno da sempre irresistibilmente affascinato la mente umana. E così per l’uomo – turbato ed attratto dall’inconoscibile – è venuto il tempo di miti e leggende, per giustificare, ed in qualche modo rendere più accettabile, ciò che non poteva capire. Poi, i racconti e le favole sono stati sostituiti dalle osservazioni, e dal loro tramandarsi ed arricchirsi, man mano che ci si impadroniva di sempre migliori strumenti ed elementi di analisi. Alcune teorie hanno infine trovato conferma nei dati, e il lume della conoscenza ora fa arretrare le ombre lungo il sentiero da seguire.

Ma la meta è ancora lontana. E per conquistarla bisogna diffidare di chi ci illude con metodi empirici e soluzioni improbabili. La scienza – quella vera – prosegue lungo il suo cammino. Con tenacia e determinazione. Come ha fatto la gente dell’Umbria, che in simili circostanze è riuscita a trovare in sé la forza e la capacità di diventare protagonista, nonostante le fosse stato imposto il ruolo di vittima.
E come il nobile e fiero popolo dell’Abruzzo, che il 10 Aprile, alle 11, ha mosso i primi passi lungo il proprio, personale, sentiero di conoscenza. Si è incamminato per la strada più dura che si possa immaginare, lastricata di 4 file di bare, 50 per fila. E quelle piccole, di legno bianco, spezzavano il cuore. Ma lo ha fatto con tale dignità e contegno da meritare la più profonda stima, ammirazione e rispetto. In modo particolare da parte nostra, che abbiamo ancora fresco il ricordo di quando, sotto le macerie, c’eravamo noi.

DANIELA QUERCI
12/04/2009

Share.

Leave A Reply