I sistemi di posizionamento satellitare, inizialmente sviluppati da USA e URSS per scopi militari, sono oggi diventati uno strumento prezioso per tutti noi grazie alla diffusione di ricevitori Navstar-GPS e GLONASS su smartphone, tablet e navigatori. Anche se pochi lo sanno, ultimamente altre potenze spaziali si sono impegnate nello sviluppo di sistemi analoghi e, oltre all’europeo Galileo (in fase di completamento), i cinesi hanno da tempo realizzato il BeiDou (inizialmente per scopi militari ma ora disponibile per usi civili nell’estremo oriente e in via di ampliamento e potenziamento); anche l’India sta completando il suo sistema di posizionamento regionale chiamato IRNSS (Indian Regional Navigation Satellite System).
La costellazione IRNSS è formata da 7 satelliti, lanciati tra il 2013 e il 2016; come mostrato qui sopra, tre di essi sono in orbita geostazionaria e quattro in orbita geosincrona (ovvero con periodo di 24h ma non sul piano equatoriale). IRNSS-1H è l’ottavo e sarebbe servito come eventuale “riserva” ma, dato che nel frattempo gli orologi atomici a bordo del primo satellite (IRNSS-1A) sono andati in avaria, il suo nuovo compito era quello di sostituirlo, ripristinando il funzionamento del sistema.
Il satellite IRNSS-1H, insieme al “motore di apogeo”, appena assemblati sul vettore PSLV-C39 – Crediti ISRO
Purtroppo le cose non sono andate come previsto e, come recita il laconico comunicato stampa dell’agenzia spaziale indiana (ISRO), il lancio del PSLV-C39/IRNSS-1H lo scorso 31 Settembre dal poligono “Satish Dhawan Space Centre” (SHAR) di Sriharikota, non ha avuto successo. In pratica, dopo un lancio perfetto, qualcosa non ha funzionato nel meccanismo che avrebbe dovuto aprire il “fairing” ovvero il guscio areodinamico che protegge il satellite e durante il volo atmosferico. Perciò, a causa dela massa superiore al previsto, il terzo stadio ha raggiunto una quota e una velocità più basse rispetto a quanto pianificato (si veda l’immagine in apertura) e, poco dopo, il quarto stadio si è azionato mentre il satellite era ancora intrappolato; questo naturalmente ha causato il fallimento nel raggiungere la corretta orbita di trasferimento (167 x 6555 km invece di 284 x 20650 km) e la perdita di controllo del veicolo. Per fortuna, le comunicazioni non si sono subito interrotte e questo ha permesso di smaltire, nei giorni successivi all’incidente, il pericoloso combustibile ipergolico per le manovre (quasi una tonnellata di sostanze altamente tossiche) attraverso l’interstizio tra il fairing e il quarto stadio.
Mentre si continua ad indagare sulle cause del malfunzionamento, si spera di poter “rimpiazzare il rimpiazzo” tra pochi mesi, con il lancio di IRNSS-1I. Per ulteriori dettagli sulla dinamica dell’incidente e suoi precedenti, si veda l’ottimo articolo di Roberto Mastri su AstronautiNews.it.
Nel frattempo il rientro inevitabile di IRNSS-1H, intrappolato dentro il fairing insieme al quarto stadio, desta comunque delle preoccupazioni perchè al momento non si sa esattamente dove e quando potrebbe avvenire. Di sicuro non riguarda direttamente le nostre latitudini, dato che l’orbita è inclinata di soli 19°, però potrebbe comunque cadere in zone densamente popolate, magari proprio in India. Nel grafico qui sopra ho riportato l’andamento aggiornato dell’orbita, con i dati estratti da Celestrak.com. Come si vede nel grafico superiore, il perigeo è attualmente a soli 157 km di altezza (trend in rosso); in caso di orbita circolare, questo significherebbe un rientro assicurato nel giro di pochi giorni ma qui l’orbita è fortemente eccentrica (e=0.323) e questo fa sì che il satellite passi la maggior parte del tempo molto più lontano, dove l’attrito atmosferico è trascurabile. Inoltre, l’effetto del frenamento nei pressi del perigeo si traduce in un abbassamento della sola quota di apogeo (curva azzurra) e quindi, finchè l’orbita non sarà quasi perfettamente circolare, questo contribuisce ad allungare la vita del satellite. Si tratta in pratica di un “aerobraking” indesiderato, analogo alle manovre effettuate da varie sonde marziane (dal Global Surveyor al recente TGO) per circolarizzare l’orbita sfruttando l’attrito atmosferico senza consumare carburante.
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