Mauli: l’ultimo “cacciatore” del miele allucinogeno delle api giganti dell’Himalaya

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Mauli: l’ultimo “cacciatore” del miele allucinogeno delle api giganti dell’Himalaya

In Nepal, tra i Kulung per raccontare la storia dell’ultimo cacciatore di miele. Un miele molto particolare.
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Corde, carrucole e scale di corde portano Mauli Dhan fino a oltre 2.500 metri, dove si trovano gli alveari delle api himalayane.|Renan Ozturk – The North Face

Nel 2018 uscirà il documentario L’ultimo cacciatore di miele: prodotto da National Geographic/The North Face, è la storia di Mauli Dhan Rai, 58enne nepalese che, da quando aveva 16 anni, rischia la vita per raccogliere uno speciale miele psicotropo, sacro per l’etnia Kulung.

Qui sotto, un breve dietro le quinte del documentario mostra quanto sia impegnativo e pericoloso il processo di raccolta: Mauli è appeso su di uno strapiombo a oltre 2.500 metri d’altezza, in mezzo a uno sciame di enormi api certamente arrabbiate, quasi senza protezioni, per portare a valle alveari che pesano 60-70 kg ognuno.

La spirito giusto per affrontare lo sciame di api infuriate, afferma Mauli, è non mostrare paura – la qual cosa comunque non gli risparmia 20-40 punture a spedizione. Raccogliere il miele è però una tradizione sacra: un compito che può svolgere solo chi è stato istruito in sogno da uno spirito della foresta.

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Tra fumi e corde, è un lavoro di gruppo, ma è solo Mauli che ha la “conoscenza” per lavorare con gli alveari delle api himalayane, lunghe più di 3 centimetri. | Renan Ozturk – The North Face

Mauli è l’ultima persona ad avere ricevuto questa sorta di illuminazione, ed è questo che fa di lui L’ultimo cacciatore.

 Le proprietà allucinogene di questo miele sono date dalla graianotossina, una tossina presente nelle piante della famiglia delle Ericaceae, come le azalee e i rododendri.

In primavera, quando l’ape himalayana (Apis laboriosa dorsata, la più grande ape del mondo) raccoglie il nettare di questi fiori, la tossina finisce nel miele, che diventa così letale per molti animali ma non per l’uomo, se non in dosi concentrate ed elevate.

L’effetto del mad honey (miele pazzo) è stato descritto dal fotografo/reporter David Caprara, che nel 2016 ha realizzato per VICE il docufilm The Honey Hunters of Nepal (i cacciatori di miele del Nepal, vedi il video in fondo alla pagina): «Ne ho presi due cucchiaini, la quantità consigliata. Dopo circa 15 minuti ho iniziato a sentire che il mio corpo si stava raffreddando, partendo dalla nuca fino in basso. Dallo stomaco sentivo una sensazione calda e gelida durata diverse ore». Tutt’altro che piacevole, si direbbe…

È così, perché gli effetti non sono uguali per tutti e per ogni stagione e circostanza. In minime quantità può essere inebriante, con tutto il suo contorno di riti tradizionali si dice che favorisca sogni e visioni, dosato in modo opportuno è un rimedio della medicina tradizionale, usato a sproposito – raccontano i Kulung – può indurre un forte rigetto (vomito e diarrea), si alternano momenti di luce e di oscurità (cecità temporanea) e si resta, anche per molte ore, coscienti in uno stato di paralisi.

Il docufilm di David Caprara, premiato con un Webby Award nel 2017.

 

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