Maltempo: cambia il clima e devono cambiare le politiche. I grandi centri urbani sono stati abbandonati!

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Maltempo: cambia il clima e devono cambiare le politiche. I grandi centri urbani sono stati abbandonati!

Legambiente: «Approvare il piano nazionale di adattamento e intensificare le attività di prevenzione»
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Per Legambiente, «L’adattamento al clima è la vera grande sfida del tempo in cui viviamo. Il clima sta già cambiando, aumentano i fenomeni metereologici estremi e a soffrirne di più sono soprattutto le città, come dimostra, purtroppo, il bilancio drammatico di morti e dispersi del temporale che ha colpito Livorno due notti fa». Per questo, l’associazione ambientalista ribadisce «L’urgenza di rispettare gli Accordi sul clima di Parigi e di concretizzare la lotta ai cambiamenti climatici con interventi rapidi e politiche di adattamento a partire dai grandi centri urbani».

Secondo la presidente nazionale del Cigno Verde, Rossella Muroni «Non è più rinviabile l’approvazione del Piano nazionale di adattamento al clima, che deve diventare il riferimento per gli interventi di messa in sicurezza del territorio e dei finanziamenti nei prossimi anni, in modo da riuscire in ogni città a intensificare le attività di prevenzione, individuando le zone a maggior rischio, e a realizzare gli interventi di adattamento al clima e di protezione civile  L’esatta conoscenza delle zone urbane a maggior rischio rispetto alle piogge, ma anche alle ondate di calore, è fondamentale per salvare vite umane e limitare i danni. Dobbiamo rendere le nostre città più resilienti e sicure, cogliendo l’opportunità di farle diventare anche più vivibili».

Per Legambiente, «Per avere città più resilienti è importante avviare una serie di interventi mirati. A cominciare dall’approvazione del Piano nazionale di adattamento al clima, un documento che sappia rispondere a esigenze precise, indicando risorse e obiettivi chiari e dando priorità alla messa in sicurezza delle città più a rischio, e faccia da riferimento per le politiche di intervento dei prossimi anni; dall’elaborazione dei Piani Clima delle città più a rischio e dal rafforzamento del monitoraggio degli impatti sanitari dei cambiamenti climatici, con specifica attenzione alle aree urbane».

Gli ambientalisti chiedono anche di «Introdurre la chiave dell’adattamento al clima nella pianificazione di bacino e negli interventi di messa in sicurezza dei fiumi nelle aree urbane; di stabilire una regia unica per gli interventi sulla costa; introdurre il tema dell’adattamento nella progettazione, valutazione e gestione delle infrastrutture; approvare delle Linee Guida per l’utilizzo di materiali che riducono l’impatto dei cambiamenti climatici all’interno dei quartieri. Approvare dei piani di monitoraggio e tutela degli ecosistemi più delicati rispetto ai cambiamenti climatici nel territorio italiano. Inoltre, occorre avviare una politica di delocalizzazione degli edifici a rischio, monitorare e tutelare le misure di vincolo con l’obiettivo di evitare l’insediamento di nuovi elementi a rischio in aree allagabili».

Un COSA è CHIARA SECONDO IL Cigno Verde: «In questi anni sono cresciuti gli impatti e i morti dovuti a alluvioni e ondate di calore, ed è per questo sempre più evidente che le città non possono essere lasciate da sole a fronteggiare impatti di questa dimensione».

I dati raccolti nel dossier di Legambiente “Le città alla sfida del clima” mostrano come in questi anni siano cresciuti gli impatti e i morti dovuti al maltempo e come sia sempre più evidente che le città non possano essere lasciate da sole a fronteggiarne gli impatti: «Dal 2010 alla fine di agosto (escludendo quindi gli ultimi tragici eventi) sono 126 i Comuni italiani dove si sono registrati impatti rilevanti con 242 fenomeni meteorologici che hanno colpito l’Italia, provocato danni al territorio e causati impatti diretti e indiretti sulla salute dei cittadini. In particolare ci sono stati 52 casi di allagamenti da piogge intense, 98 casi di danni alle infrastrutture da piogge intense con 56 giorni di stop a metropolitane e treni urbani nelle principali città italiane: 19 giorni a Roma, 15 giorni a Milano, 10 a Genova, 7 a Napoli e 5 a Torino. Ed ancora 8 casi di danni al patrimonio storico, 44 casi di eventi tra frane causate da piogge intense e trombe d’aria, 40 eventi causati da esondazioni fluviali. Tra il 2010 e gli inizi del 2017, si sono inoltre registrati dal Nord al Sud del Paese 55 giorni di blackout elettrici dovuti al maltempo. Il più lungo black out è stato a gennaio 2017: in una settimana oltre 150 mila case sono rimaste senza luce e riscaldamento a causa delle forti nevicate in Abruzzo. Tra le grandi città, Roma negli ultimi setti anni ha registrato 17 episodi di allagamento intenso, di cui una buona parte solo negli ultimi anni. Tra le regioni più colpite dalle alluvioni e le trombe d’aria c’è la Sicilia, con più di 25 eventi concentrati nel territorio siciliano».

Ma ancora più rilevante è il tribu­to che si continua a pagare in termini vite umane e di feriti: «Dal 2010 al 2016 sono oltre 145 le persone morte a causa di inondazioni e oltre 40mila quelle evacuate (dati Cnr). Sottovalutate le onde di calore che possono avere effetti nocivi per la salute, soprattutto per gli anziani e gli ammalati, quando le temperature diurne superano i 35° C e quelle notturne non scendono sotto i 25°C. In Italia l’ondata di calore del 2015 ha causato, tra gli over 65, 2754 morti in 21 città italiane e provocato danni gravi alla produzione agricola e ittica dovuti al surriscaldamento. Dati preoccupanti se si pensa che l’Italia è un Paese ad elevato rischio idrogeologico con 7.145 comuni italiani (l’88% del totale) che hanno almeno un’area classificata come ad elevato rischio idrogeologico, e con oltre 7 milioni gli italiani che vivono o lavorano in queste aree».

Nel dossier Legambiente ha analizzato gli impatti del maltempo legati al dissesto idrogeologico e dice che «Dal 2013 al 2016 ben 18 regioni sono state colpite da 102 eventi estremi che hanno provocato alluvioni o fenomeni franosi generando l’apertura di 56 stati emergenziali. L’apertura dei 56 stati di emergenza (come riportato nel sito di Italia Sicura) nei diversi territori colpiti da eventi estremi, ha permesso di censire i danni provocati da frane e alluvioni e di stimare il fabbisogno necessario per fronteggiare l’emergenza: di fronte ad un danneggiamento accertato di circa 7,6 miliardi di euro, lo Stato ha risposto stanziando circa il 10% di quanto necessario, 738 milioni di euro, ed erogandone fino ad oggi circa 618milioni. Oltre 1,1 miliardi di euro di danni in Campania, 800 milioni in Emilia Romagna e Abruzzo, 700 milioni in Toscana, oltre 600milioni in Liguria e nelle Marche. Cifre che riguardano sia il patrimonio pubblico e privato che le attività produttive». Cifre dettate dall’emergenza che per Legambiente «non ammettono ulteriori ritardi in termini di prevenzione».

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