La sismicità storica del Mugello e gli edifici a rischio
Dal 13 giugno 1542 a oggi, la sismicità storica della zona del Mugello in Toscana, ci insegna che molto c’è ancora da fare nella prevenzione e nella messa in sicurezza delle strutture
tratto da www.ilfilo.net
“Sfortunatamente c’è unanimità tra i più prestigiosi istituti scientifici geologici e sismici sull’elevata probabilità che nei prossimi venti anni possa verificarsi un grave terremoto nel Mugello”. Non usa giri di parole lo studio di Federigo Federighi, medico dell’Emergenza e Riccardo Romeo Jasinski, ufficiale del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, due esperti di protezione civile: una ricerca, fondata su studi del Servizio Sismico Nazionale, pubblicata nel 2001 dalla Misericordia di Marradi col titolo “Come organizzare i primi soccorsi in caso di disastro nel Mugello”, dove si sottolinea l’importanza di un tempestivo lavoro di preparazione, come risorse umane e attrezzature, di un’efficiente protezione civile.
E nello studio si fa anche la storia sismica del Mugello, zona caratterizzata da una serie di strutture, di faglie, che mostrano indizi di un’attività recente, ubicate soprattutto a nord della vallata, e in minor parte anche a sud.
Vi sono le faglie di Ronta, sicuramente attive, la zona di faglia a nord di Vicchio –Rupecanina e Rostolena, e la faglia della Sieve, verso Sagginale. Tra gli elementi di pericolosità c’è il fattore di amplificazione, che accresce la forza del terremoto in base alla situazione geologica, e questo fattore risulta più elevata ai margini del bacino, mentre si attenua nel centro della vallata.
Ma che il Mugello sia un’area a elevato rischio sismico ce lo insegna la storia.
Il 13 giugno 1542 un terremoto del IX grado causò crolli diffusi e inagibilità di gran parte del patrimonio edilizio, in una ventina di località mugellane, e tra queste Barberino, Borgo San Lorenzo, Scarperia e Vicchio. Le fonti storiche, pur imprecise, danno conto di molte vittime: “dei 12 mila circa abitanti della zona –si legge nello studio- morirono secondo fonti diverse da 500 a 120-150 persone, e il numero complessivo delle case distrutte o rese inabitabili fu da 1200 a 3000″.
L’8 settembre 1611 un altro terremoto a Scarperia, dell’VIII grado, che interessò anche la frazione di Cerliano: non si segnalarono morti, ma gravi lesioni agli edifici.
Il 5 aprile 1762 la terrà tremò a Sant’Agata e Scarperia, con un’intensità del IX grado.
Il 26 ottobre 1843 si ricorda il terremoto a Barberino di Mugello, dell’VIII grado.
Il 6 febbraio 1845, il terremoto di Borgo San Lorenzo – Vicchio, dell’VIII grado.
Il 29 giugno 1919, il terremoto di Vicchio, del IX grado, un evento questo –esso rappresenta uno dei terremoti di maggiore magnitudo (6,2 della scala Richter) verificatisi nel corso dell’ultimo secolo nell’Appennino settentrionale- molto studiato, e del quale si ha abbondante documentazione degli effetti prodotti (vedi articolo qui).
Sui 70 mila abitanti dell’epoca, il numero dei morti fu di oltre 100, quello dei feriti di oltre 4000, con migliaia di senzatetto. I principali effetti sul territorio furono fessure nel terreno e grosse frane, la strada tra Vicchio e Rupecanina fu interrotta da una frana, e lo stesso la ferrovia fra Vicchio e Dicomano, a Rostolena nel terreno si aprirono grandi spaccature e crollò parte della strada, il ponte della provinciale tra San Piero e Scarperia riportò gravi sconnessioni; la strada Castagno d’Andrea-San Godenzo fu bloccata da massi. Le sorgenti si intorbidarono a San Godenzo (dove ne scomparvero alcune e se ne formarono di nuove fra le quali alcune sulfuree) e Dicomano.
A Vicchio delle 1500 case che formavano il paese, ne crollarono 700, 500 divennero inabitabili e le restanti riportarono danni.
L’area di grave danneggiamento comprese altri 70 centri abitati e si estese, oltre che nel Mugello, anche nell’alto Casentino, nel Valdarno e nella parte appenninica della Romagna, dove gli edifici erano stati già danneggiati dal terremoto del 10 novembre 1918.
A Borgo San Lorenzo più di tre quarti delle abitazioni risultò inabitabile; furono gravemente danneggiate la Pieve e il santuario del SS. Crocifisso; le due ciminiere della fabbrica Brunori si spezzarono a metà.
A San Godenzo la maggior parte delle case risultò inabitabile; la chiesa, monumento nazionale, riportò danni gravissimi.
A Dicomano si verificò il crollo della torre dell’orologio, alcune case crollarono e molte subirono gravi lesioni.
A Luco di Mugello l’ospedale riportò gravi danni, e i ricoverati dovettero essere trasferiti.
In tempi recenti quello più rilevante è datato 1960, ma provocò solo lesioni in decine di abitazioni.
Il primo marzo 2008 si registrarono alcune scosse, la più forte delle quali ebbe una magnitudo di 4.2 sulla scala Richter, con l’epicentro localizzato nei comuni di Firenzuola, Scarperia, Barberino, e Monghidoro ad una profondità tra i cinque e i dieci chilometri.
Le faglie del Mugello
Gli studi geologici individuano in Mugello una serie di strutture, di faglie, che mostrano indizi di un’attività recente, ubicate soprattutto a nord della vallata, e in minor parte anche a sud. Lo studio si sofferma in particolare sulle faglie di Ronta, sicuramente attive. Prese in esame anche la zona di faglia a nord di Vicchio –Rupecanina e Rostolena. e la faglia della Sieve, verso Sagginale. Tra gli elementi di pericolosità c’è il fattore di amplificazione, che accresce la forza del terremoto in base alla situazione geologica, e questo fattore risulta più elevata ai margini del bacino, mentre si attenua nel centro della vallata.
Edifici a rischio
Gli esperti classificano gli edifici in quattro classi di rischio, classi di vulnerabilità, legate alle modalità costruttive e alla data di costruzione. I più a rischio, naturalmente sono quelli costruiti in muratura prima del 1919. La classe A è considerata di livello elevato, la B di vulnerabilità media, la C1 di vulnerabilità bassa, mentre in C2 sono classificati gli edifici costruiti in calcestruzzo armato, di vulnerabilità molto bassa.
Nella tabella riportiamo il numero degli edifici più a rischio e di quelli più sicuri, indicando anche la percentuale di popolazione comunale che vive nelle case a vulnerabilità elevata. Si tenga conto che nelle fasce intermedie, edifici di vulnerabilità media e bassa, possono essere calcolati un altro terzo del numero totale degli edifici. A Borgo San Lorenzo ad esempio, se in classe A ci sono 878 edifici (con 5702 abitanti, 36%) e in classe C2 690 (4481 abitanti, 28,3%), gli edifici di vulnerabilità media sono 538 (3494 abitanti, 22,1%) e di vulnerabilità bassa sono 331 (2148 abitanti, 13,6%).