GLI ALIENI? CI OSSERVANO QUANDO PASSIAMO DAVANTI AL SOLE

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GLI ALIENI? CI OSSERVANO QUANDO PASSIAMO DAVANTI AL SOLE

Un team di scienziati della Queen’s University di Belfast e del Max Planck Institute ha capovolto i termini della caccia agli esopianeti. Lo studio, pubblicato su Mnras, individua i mondi alieni che potrebbero osservarci transitare davanti al Sole
di Giuseppina Pulcrano
www.media.inaf.it

Rappresentazione grafica delle regioni dalle quali possono essere osservati i transiti dei pianeti nel nostro Sistema solare. Ogni linea (cliccare per ingrandire) si riferisce a uno degli otto pianeti, e quella in azzurro è relativa alla Terra: un osservatore che si trovasse in quella regione di cielo potrebbe osservarci passare davanti al Sole. Crediti: 2Mass / A. Mellinger / R. Wells

La domanda non poteva essere più diretta: «Un osservatore alieno come vedrebbe il Sistema solare?». I ricercatori della Queen’s University di Belfast e del Max Planck Institute for solar system Research hanno cercato di andare oltre l’ipotesi, già avanzata lo scorso anno, che prevedeva la possibilità del ricorso da parte di civiltà aliene al sistema dei transiti – la rilevazione della diminuzione di luminosità della curva di luce di una stella quando un pianeta transita di fronte alla stella madre – per osservare noi e/o i pianeti che ruotano intorno al nostro Sole.

Il nuovo studio, pubblicato il mese scorso su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, parte dalla stessa ipotesi, ma si spinge fino a individuare, fra gli esopianeti conosciuti, quelli che godono di una posizione privilegiata, rispetto ai loro omologhi, per osservarci transitare. Gli scienziati di Belfast e del Max Planck Institute rinunciano alla possibilità che a essere visti possano essere Giove, Saturno, Urano o Nettuno – troppo lontani dal Sole per oscurarlo significativamente, nonostante le loro grandi dimensioni – e valutano invece la possibilità di essere spiati, da un E.T. alle prese con il sistema dei transiti, per mondi come Mercurio, Venere, Marte e, appunto, la Terra.

«I pianeti più grandi potrebbero bloccare più luce passando davanti alla loro stella», spiega infatti Robert Wells, dottorando alla Queen’s University di Belfast. «Tuttavia, il fattore più importante è quanto il pianeta sia vicino alla sua stella madre: poiché i pianeti rocciosi sono molto più vicini al Sole rispetto ai giganti gassosi, hanno una maggiore probabilità di essere visti in transito».

Schema di un pianeta (ad esempio, la Terra, in blu) in transito davanti alla stella ospite (ad esempio il Sole, in giallo). A sinistra: la curva nera in basso mostra la luminosità della stella diminuire d’intensità in concomitanza con il transito, quando il pianeta sta bloccando una parte della luce. A destra: proiezione all’esterno del Sistema solare della zona di transito di un pianeta. L’osservatore sull’esopianeta in verde si trova in una zona dalla quale è possibile osservare i transiti della Terra. Crediti: R. Wells

Insomma, ribaltando il metodo dei transiti e applicandolo a noi, questo studio individua le regioni di cielo (vedi immagine di apertura) nelle quali dovrebbero trovarsi gli esopianeti affinché i loro eventuali abitanti – dotati di tecnologie simili alle nostre – possano assistere al transito dei pianeti rocciosi del Sistema solare, Terra in testa, davanti al Sole.

«Stimiamo che un osservatore in una posizione casuale avrebbe 1 probabilità su 40 di osservare il transito di almeno un pianeta. Per osservarne due la percentuale si abbassa a 1 su 400, mentre per tre si scende a 1 su 4000» aggiunge Katja Poppenhaeger, coautrice dello studio.

Risultato? Tra le migliaia di esopianeti conosciuti, il gruppo di scienziati ne ha individuati 68 con potenziale vista su un transito nel nostro sistema solare. Nove di questi si troverebbero nella posizione ideale per godere d’una prospettiva ottimale d’un transito della Terra. Purtroppo, nessuno tra i potenziali 68 punti d’osservazione, compresi i nove ottimali, è considerato un mondo abitabile. Ma la caccia a nuovi mondi, anche da parte della missione K2 di Kepler e soprattutto sul piano orbitale della Terra, non è affatto terminata.

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