La battaglia decisiva si svolse a Waterloo, tra il 16 e il 18 di giugno del 1815: da una parte 400000 soldati francesi, al comando di Napoleone in persona, dall’altra quasi un milione di uomini, olandesi, inglesi e prussiani, guidati da Lord Wellington. Il piano di Napoleone prevedeva di muovere velocemente le proprie truppe sul campo di battaglia, per mettere fuori gioco il grosso dell’armata nemica.
Dopo il secondo giorno di battaglia, la sera del 17 giugno, con un’abile mossa di aggiramento Napoleone accerchiò Lord Wellington e parte del suo esercito alle porte della cittadina di Waterloo: senza una via d’uscita per il nemico, per l’abile stratega francese la vittoria sul comandante nemico sembrava ormai imminente. La mossa decisiva, un attacco frontale diretto, fu programmato per le ore sette del mattino del giorno successivo.
Ma nella notte che precedette la battaglia numerosi temporali accompagnati da violenti acquazzoni si abbatterono sulle campagne a sud di Bruxelles, proprio dove erano accampate le truppe napoleoniche già pronte a scontrarsi con la coalizione nemica. Giunto il mattino, il comandante dell’artiglieria francese Drouot, viste le condizioni del campo di battaglia, consigliò a Napoleone di rimandare l’attacco. Il terreno si era infatti trasformato in un acquitrino ove le truppe e, soprattutto, le ruote dei pesanti pezzi di artiglieria rischiavano di restare impantanati.
Si decise pertanto di aspettare qualche ora nella speranza che il sole potesse asciugare un po’ il terreno. Ma quel rinvio di poche ore risultò fatale a Napoleone: il tempestivo arrivo dei rinforzi guidati dal comandante prussiano Blucher salvò Lord Wellington che, grazie alla ristabilità superiorità numerica, fu in grado di ribaltare le sorti della battaglia costringendo i francesi alla resa. Insomma una notte di piogge intense riuscì laddove le più potenti armate d’Europa sembravano invece destinate a fallire.