Voyager 2: un’avventura straordinaria che dura da 40 anni!
di Marco di Lorenzo
aliveuniverse.today
La sonda, che da sola ci ha svelato mezzo sistema solare, continua imperterrita a inviarci preziosi dati mentre uno degli ideatori del celebre “Golden Disk” lancia una iniziativa per installarne una nuova versione software a bordo di New Horizons, invitando tutti a partecipare!
Era il lontano 20 agosto 1977 quando una sonda rivoluzionaria (inizialmente battezzata “Mariner Jupiter/Saturn”) salpò alla volta del Sistema Solare esterno, in quella che si sarebbe rivelata una delle missioni spaziali senza equipaggio tra le più ambiziose ed avvincenti dell’astronautica, probabilmente la più fruttuosa in termini di risultati scientifici. Sedici giorni dopo, decollò anche la gemella Voyager-1 che, essendo più veloce, la superò in corsa verso Giove, ristabilendo il giusto ordine cronologico; tuttavia, Voyager-2 ha visto molto di più perchè, dopo aver raggiunto Saturno, fu indirizzata verso gli altri due giganti esterni, che da allora nessun’altra missione ha più visitato. In questo precedente articolo spiego come è nato il progetto e quali sono le traiettorie delle due Voyager.
Come si può vedere nella pagina ufficiale sull stato delle sonde, Voyager-2 ha da poco superato le 115 unità astronomiche dal Sole (17,2 miliardi di km) e ormai le onde radio impiegano quasi 16 ore per giungere da essa a Terra; nel 2023 dovrebbe superare anche Pioneer-10 (lanciata nel 1972 e spenta da anni) diventando il secondo manufatto più lontano dal Sole. Contrariamente alla sua gemella, che cinque anni fa ha attraversato l’eliopausa, Voyager-2 si trova ancora nell’eliosheath, in cui è penerata 10 anni fa dopo aver attraversato la “termination shock“.
L’attuale “missione interstellare” delle due sonde consiste nell’inviare periodicamente a terra i dati relativi al mezzo interplanetario, i raggi cosmici e i campi magnetici, dati registrati da cinque strumenti ancora funzionanti: Cosmic Ray Subsystem (CRS), Low-Energy Charged Particles (LECP), Magnetometer (MAG), Plasma Wave Subsystem (PWS), Plasma Science (PLS); quest’ultimo in realtà funziona solo su Voyager-2. A breve, dato il continuo declino della potenza fornita dai generatori a radioisotopi (RTG), sarà necessario spegnere a turno alcuni strumenti; per la stessa ragione, verso metà del prossimo decennio, le sonde dovranno essere spente definitivamente.
Il golden disk – Credit: Nasa/JPL/Caltech – Processing: M. Di Lorenzo
Un fatto molto risaputo, e che ha avuto un forte impatto emotivo sull’immaginario collettivo, riguarda il celebre “disco dorato” installato all’interno di entrambe le sonde, contenente un messaggio rivolto ad eventuali esploratori extraterrestri. L’idea fu lanciata da Carl Sagan e Frank Drake, due celebri astrofisici, divulgatori e promotori dei primi progetti SETI.
Il disco è costruito in rame placcato oro ed ha 30 cm di diametro, come un classico “33 giri” in vinile. La coperura del disco è in alluminio, ricoperto da uno strato ultra puro di uranio-238 (!), e reca le istruzioni grafiche per la riproduzione del disco stesso, oltre alla definizione dell’unità di tempo (tramite la transizione dell’atomo di idrogeno) e la localizzazione del Sole rispetto ad alcune pulsar di riferimento (di cui viene fornito il periodo).
Suggestiva immagine scattata il 4 Agosto 1977 a Cape Canaveral; sullo sfondo c’è l’imponente Voyager-2 pronta per il lancio mentre in primo piano J. Casani, project manager della missione, mostra la bandiera americana (poi ripiegata all’interno della sonda) e il “golden disk” con annessa copertura (a destra). – Credit: Nasa/JPL/Caltech – Processing: M. Di Lorenzo
I contenuti del disco, pur essendo nel vecchio standard analogico, sono comunque “multimediali” perchè consistono in un mix di immagini e suoni; per la precisione, ci sono 115 immagini, 90 minuti di musica e suoni e una sequenza di saluti in quasi tutte le lingue del mondo (compreso un messaggio dell’allora presidente J.Carter).
Installazione del disco con la sua cover – NASA/JPL-Caltech