Si va sempre più verso lo sfruttamento minerario degli asteroidi
Alcune aziende private si stanno preparando a estrarre dagli asteroidi risorse fondamentali per le missioni spaziali come acqua, propellente per razzi e materiali da costruzione. Molti pensano però che questi progetti rappresentino una violazione del Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967, che vieta di colonizzare corpi celesti
di Jesse Dunietz/Scientific American
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Il Trattato sullo spazio extra-atmosferico (Outer Space Treaty, OST) compirà 50 anni a ottobre. Questo patto fondamentale del 1967 definisce lo spazio come patrimonio di tutta l’umanità e vieta ai quasi 100 stati che l’hanno ratificato di colonizzare i corpi celesti o di utilizzarli per operazioni militari. L’accordo sta ora assumendo una rinnovata importanza con la prospettiva di uno sfruttamento minerario degli asteroidi, una possibilità che era appena immaginabile quando il Trattato fu redatto, ma che adesso è una realtà concreta.
Due aziende, la Deep Space Industries, con sede in California, e la Planetary Resources, con sede nello stato di Washington, stanno lavorando attivamente per poter estrarre risorse dagli asteroidi. L’obiettivo è soddisfare le necessità dei viaggi nello spazio profondo, come l’acqua, il propellente per i razzi e i materiali da costruzione, che hanno costi proibitivi se trasportati dalla Terra. Entrambe le aziende affermano di voler inviare sonde di prospezione verso gli asteroidi entro la fine del 2020, con missioni per testare la tecnologia in orbita bassa terrestre previste già da quest’anno. Il loro ambizioso programma prevede interventi di estrazione in piena regola entro la seconda metà del prossimo decennio.
La risorsa più semplice a cui puntare è l’acqua, dice John Lewis, responsabile scientifico delle Deep Space Industries. Questo liquido che supporta la vita può essere convertito elettricamente in idrogeno e ossigeno per produrre combustibile. L’acqua costituisce fino al 10 per cento della massa di alcuni asteroidi, fissata in minerali simili alla mica che si trova in molte rocce della Terra, ma può essere estratta con una “cottura”
in un forno solare, insieme ad altri volatili come i composti dell’azoto o dello zolfo. Tecniche di estrazione terrestri modificate potrebbero rendere possibile estrarre dagli asteroidi anche il ferro.
Per estrarre qualccosa, però, le aziende dovranno prima raccogliere materie prime da un asteroide, un’operazione che secondo alcuni paesi, tra cui la Russia, il Brasile e il Belgio, è in violazione del Trattato. L’OST non cita esplicitamente l’estrazione mineraria, ma una delle sue disposizioni fondamentali è il divieto di “appropriazione nazionale” dei corpi celesti. Ciò è probabilmente applicabile all’estrazione delle risorse, ma il patto “non fornisce molte indicazioni sull’argomento”, afferma Frans von der Dunk, professore di diritto spaziale dell’Università del Nebraska a Lincoln.
I sostenitori dello sfruttamento minerario degli asteroidi, osserva von der Dunk, ritengono che il divieto sia analogo allo status di “cosa comune globale” (global commons) dell’alto mare: nessun stato può colonizzare l’Oceano Atlantico, ma chiunque può raccogliere i suoi pesci. Anche Brian Israel, consulente di Planetary Resources, e altri, affermano che l’utilizzo di materiali raccolti da un asteroide non costituirebbe appropriazione.
Molti governi hanno sposato questa interpretazione permissiva. Per decenni, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha dato per acquisito che l’OST consente lo sfruttamento commerciale. Il governo federale ha rincarato la dose nel 2015, quando il presidente Barack Obama ha firmato una legge che riconosce i diritti di proprietà dei cittadini americani alle risorse derivate dagli asteroidi e autorizza un programma di concessioni per l’estrazione mineraria. Il Lussemburgo, che sta cercando di diventare un centro mondiale per lo sfruttamento minerario dello spazio, recentemente ha approvato una legge simile. Istituendo regimi di concessione nazionali, sostiene Brian Israel, queste leggi soddisfano il requisito dell’OST che gli Stati assicurino il rispetto del Trattato da parte dei loro cittadini.
Non tutti sono così entusiasti. Nel caso di altre comunità globali, come l’Antartide, le linee guida per il permesso di estrazione sono state descritte in trattati molto più dettagliati, osserva Joanne Gabrynowicz, direttore emerito del “Journal of Space Law”. Senza questi elementi di chiarezza, gli oppositori dell’estrazione spaziale unilaterale affermano che “poiché lo spazio esterno appartiene a tutti, le risorse appartengono a tutti”, dice von der Dunk. Di conseguenza, i paesi devono mettersi d’accordo su un “organismo internazionale di concessioni e una condivisione internazionale dei benefici” prima che soggetti privati possano scavare. Questo argomento è sostenuto soprattutto dai paesi in via di sviluppo, che intravedono l’ombra della storia dei ricchi colonialisti che invadono territori stranieri per sfruttarne le risorse, aggiunge Gabrynowicz.
Ma le prospettive di un nuovo quadro internazionale appaiono scarse. Il Moon Agreement, un precedente tentativo di chiarire le regole per l’utilizzo delle risorse, non è stato ancora ratificato da tutti i più importanti paesi con interessi nello spazio, principalmente a causa delle preoccupazioni sulla condivisione obbligatoria dei benefici: la voglia globale di nuovi trattati sembra scarseggiare. Von der Dunk spera che nei prossimi anni “il resto del mondo si allinei grosso modo con l’approccio statunitense” . Ma Nicolas Lee, ingegnere ricercatore della Stanford University, predice che non succederà nulla finché “un’azienda non va davvero là fuori e fa qualcosa”.
Quel giorno potrebbe essere più vicino di quanto sembri. Lindy Elkins-Tanton, responsabile scientifico della prossima missione scientifica della NASA verso l’asteroide metallico Psyiche, sostiene che missioni precedenti hanno dimostrato tutta la tecnologia necessaria per rannicchiarsi in un asteroide, se non atterrarci. E la navicella spaziale OSIRIS-REx della NASA è già in viaggio verso l’asteroide Bennu, ricco di acqua, con l’obiettivo di riportare indietro un campione di roccia spaziale per ricerche scientifiche. Dante Lauretta, responsabile scientifico di OSIRIS-REx e consulente di Planetary Resources, ritiene che quasi tutta la tecnologia della missione si tradurrà in imprese commerciali. Nel frattempo i costi delle missioni spaziali stanno diminuendo grazie all’industria spaziale privata.
Tra le prime missioni e l’estrazione mineraria in piena regola passerà comunque del tempo. Lauretta paragona la fase attuale a “prendere a calci la roccia per vedere dove sono le pepite d’oro” e riconosce che la tecnologia per lavorare materiali nello spazio non è ancora pronta. Ma Lee è certo che prima o poi qualcuno avvierà un’operazione mineraria, e quando accadrà, le aziende e gli enti regolatori dovranno trovare il giusto equilibrio tra interessi diversi. “Le esplorazioni del passato non sono sempre state una cosa positiva”, dice Elkins-Tanton. “Ora abbiamo l’opportunità per fare meglio”.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 28 agosto 2017. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)