Ma esiste poi davvero un “mistero del Triangolo delle Bermude”?

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Ma esiste poi davvero un “mistero del Triangolo delle Bermude”?

Un giornalista australiano chiarisce, forse definitivamente, dati alla mano, uno dei misteri più intricati del XX° secolo.
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Dopo anni di silenzi e apparente disinteresse da parte di tutti (o di molti) il Triangolo della Bermude torna a fare parlare di sé, per la gioia degli amanti dei misteri.

misteri, triangolo delle bermude L’area compresa dal Triangolo delle Bermude. | WikiMedia

Per chi è debole in geografia chiariamo che il cosiddetto Triangolo è un tratto di Oceano Atlantico compreso tra l’arcipelago delle Bermude, Puerto Rico e la Florida.

Per chi è invece debole in misteriologia diciamo che lì, nel corso degli anni, diverse navi ed aerei sono (o sarebbero) scomparsi senza lasciare traccia (perciò di solito si dice “misteriosamente scomparsi” e ci si riferisce a questa zona anche con i nomi di Triangolo maledetto e Triangolo del Diavolo).

La parola fine su quello che è uno dei misteri più appassionanti del XX secolo è stata scritta qualche giorno fa da Karl Kruszelnicki, noto giornalista scientifico australiano, che in un’intervista rilasciata a commento del suo lavoro di ricerca dichiara senza mezzi termini che il numero di disastri aerei e navali avvenuti nel Triangolo delle Bermude è assolutamente in linea con quelli avvenuti nel resto del mondo.

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Il tracciato delle rotte navali mostra l’elevata concentrazione di traffico nell’area del Triangolo. | Kiln

«Siamo in una zona prossima all’Equatore e molto vicina alle coste degli Stati Uniti: mare e cielo qui sono sempre molto trafficati e lo sono stati anche in passato», spiega l’esperto riferendosi al numero di incidenti, che dovrebbe quindi essere riletto in percentuale rispetto al traffico.

L’origine del mito. Secondo Kruszelnicki il mito del Triangolo delle Bermude è nato tra la I e la II Guerra Mondiale, quando diverse navi militari sono affondate in queste acque e non sono più state ritrovate: «Non si tratta di eventi straordinari», prosegue, «perché sono avvenuti a causa di condizioni meteorologiche pessime, e qui le onde possono essere alte più di 15 metri, che hanno coinvolto vascelli vecchi e tecnologicamente arretrati anche per la loro epoca».

Anche gli incidenti aerei più “famosi” avvenuti in questa zona sarebbero riconducibili a errori umani spesso grossolani, tra piloti ubriachi, clamorosi errori di rotta e assenza delle più elementari misure di sicurezza.

C’è poi la questione dei relitti e dei corpi mai ritrovati delle vittime. Anche in questo caso la spiegazione di Kruszelnicki è freddamente scientifica: le acque qui sono molto profonde e anche con i mezzi a disposizione oggi trovare un relitto o un cadavere in mare non è affatto semplice.

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