Arrivato un nuovo alieno in Umbria: c’è un ‘gamberetto killer’ nel lago Trasimeno
di V. Della Bella, Arpa Umbria, Coordinatrice Programma “Cambiamento Climatico e Biodiversità in ambienti lacustri e zone umide”
E. Goretti, M. Pallottini, M. Catasti, Dipartimento di Chimica, Biologia E Biotecnologie, Università degli Studi di Perugia
A. Di Giulio, 3 USLUmbria 1, U.O.C Igiene e Sanità Pubblica
M. Morpurgo, Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige
E. Tricarico, Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Firenze
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Le invasioni biologiche rappresentano una delle questioni ambientali di più rilevante attualità. L’introduzione di specie aliene è, secondo l’IUCN (Darwall et al., 2014), infatti una tra le principali minacce per la biodiversità a livello globale, insieme al cambiamento climatico e alla distruzione degli habitat, soprattutto negli ambienti di acqua dolce del bacino del Mediterraneo.
La diffusione incontrollata di organismi trasportati dall’uomo, le cosiddette specie “alloctone”, “esotiche”, “aliene”, in modo intenzionale o accidentale, al di fuori del loro areale naturale è classificata dal Millennium Ecosystem Assessment (2005) tra le minacce al mantenimento dei servizi ecosistemici la più difficile da contrastare.
Molte specie aliene sono state introdotte per svariati motivi: per scopo alimentare, per il loro valore estetico, come nel caso di numerose piante ornamentali e animali da compagnia, o per le attività di caccia e pesca. In realtà solo una frazione minima delle specie riesce a diffondersi in un’area diversa da quella originaria, e solo una piccola parte di quelle che riescono a stabilizzarsi e a diffondersi diventano invasive, causando impatti ecologici e socioeconomici. Si è stimato che in Europa i danni economici derivati dall’introduzione di specie aliene invasive siano superiori ai 12 miliardi di euro all’anno(Kettunen et al. 2009). L’Italia è particolarmente vulnerabile a questa minaccia, essendo il Paese che ospita il più alto numero di specie autoctone tra i Paesi europei e che mostra contemporaneamente tassi di invasione molto elevati: secondo la Banca Dati nazionale sulle Specie Aliene in Italia sono presenti più di 3000 specie.
Gli ecosistemi acquatici sono estremamente vulnerabili agli impatti generati dalle specie aliene invasive (Tricarico et al. 2016): in Italia, sono presenti più di 112 specie aliene (Gherardi et al. 2008; Banca Dati Specie Aliene 2017). Nei laghi, in particolare, spesso l’impatto delle specie aliene invasive risulta più evidente, determinando significativi cambiamenti quali-quantitativi della comunità lacustre (Gherardi, 2007) dovuti agli impatti esercitati a tutti i livelli della biodiversità, da quello genetico a quello ecosistemico (Pretto et al., 2011).
Le attività di prevenzione delle nuove introduzioni e il rilevamento precoce delle specie aliene più invasive si dimostrano particolarmente importanti, perché in genere l’eradicazione di una specie aliena invasiva è più efficace se il fenomeno si trova ancora nelle fasi iniziali. Per questo motivo viene raccomandata, in generale, la creazione di un sistema di pre-allarme (“early warning system”; Genovesi et al., 2015). Uno strumento legislativo che potrà contribuire a mitigare i problemi causati dalle invasioni biologiche è rappresentato dal Regolamento 1143/2014 adottato dall’Unione Europea ed entrato in vigore nel 2015, che riprende l’approccio gerarchico raccomandato dalla Convezione della Biodiversità per la gestione delle specie aliene invasive (prevenzione, allerta precoce e intervento rapido; mitigazione e controllo), puntando molto sull’aspetto preventivo e imponendo una serie di divieti e obblighi al fine di promuovere una più efficace gestione delle specie aliene invasive già presenti in un dato territorio e inserite nella lista delle specie aliene invasive di rilevanza unionale (Genovesi et al., 2015).
Il gamberetto Dikerogammarus villosus (Sowinsky, 1894) deve il suo appellativo di “gamberetto killer” (killer shrimp) per il suo comportamento estremamente aggressivo e per la sua voracità predatoria. Si tratta di un crostaceo della famiglia Gammaridae(Malacostraca-Amphipoda), lungo pochi centimetri, originario della regione tra il Mar Caspio e il Mar Nero, il bacino del Danubio e i suoi affluenti in Europa centrale e dell’Est. Si ritiene che la sua diffusione nel resto d’Europa abbia avuto inizio successivamente all’apertura del canale Reno-Meno-Danubio nel 1992. La sua progressiva diffusione in Europa minaccia la diversità delle altre specie di gammaridi autoctone, sostituendosi velocemente ad esse, nonché le intere comunità biologiche acquatiche presenti, alterando le reti alimentari, grazie ad alcune caratteristiche biologiche ed ecologiche che ne determinano il suo elevato grado di invasività (Rewicz et al., 2014). La specie è stata infatti inserita tra le 100 peggiori specie invasive d’Europa (DAISIE, Delivering Alien Invasive Species Inventories for Europe, 2009). È caratterizzata da tassi di crescita eccezionalmente elevati, un ciclo vitale molto veloce, raggiungendo molto presto la maturità sessuale, una lunga durata del periodo riproduttivo e una elevata capacità riproduttiva (una femmina può incubare nella camera ventrale fino a 50 uova fecondate). Dal punto di vista dell’alimentazione, oltre a essere un detritivoro, è anche un vorace predatore non solo di altri macroinvertebrati ma anche di uova e larve di pesci (Casellato et al., 2007; Rewicz et al., 2014). È in grado di tollerare basse concentrazioni di ossigeno disciolto e ampi intervalli di temperatura e salinità; può adattarsi a diversi tipi di substrati, favorito in questo dalla sua colorazione polimorfica (uniforme, o a bande, o a macchie) (Devin et al., 2004). Gli impatti a livello locale sono quindi estremamente negativi, tali da causare estinzioni locali di specie e una conseguente riduzione della biodiversità.
In Italia la sua presenza è stata registrata per la prima volta a partire dal 2003 nel lago di Garda, nel fiume Po e nel Mincio (Casellato et al., 2006; Casellato, 2007), nel Lago d’Iseo (Bacela-Spychalska et al., 2013) e nel 2008-2009 è stato ritrovato nel Lago di Bilancino in Toscana (Tricarico et al., 2010). La sua presenza in Umbria nel lago Trasimeno è stata segnalata per la prima volta a maggio 2017 nelle acque lacustri costiere di Castiglione del Lago.