Terremoti: Previsione, prevenzione e precursori nell’era dei santoni della rete
I terremoti non si possono evitare, né, a oggi, è possibile prevederli con precisione. La previsione dei terremoti scientificamente corretta consiste nell’indicazione della magnitudo, della localizzazione e del tempo origine di un futuro evento sismico, con una precisione tale da consentire una valutazione univoca del successo o fallimento della previsione stessa, non quello che vorrebbero farci credere alcuni individui in rete
di Giuliano F. Panza – Enciclopedia della Scienza e della Tecnica
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Terremoti. Previsione dei terremoti
I terremoti non si possono evitare, né, a oggi, è possibile prevederli con precisione. I terremoti, infatti, si verificano in modo solo apparentemente casuale e in alcuni casi è possibile ricondurre la sismicità al concetto di caos deterministico. La sismicità, cioè, presenta un andamento apparentemente aleatorio, ma può essere spiegata da un meccanismo deterministico, che trae le origini nei moti convettivi del mantello terrestre e nel conseguente moto delle zolle litosferiche. Un obiettivo realistico è quello delle previsioni a medio termine spazio-temporale, basate sulle variazioni osservabili nella sismicità di fondo, in cui l’allarme è dato su un arco di tempo dell’ordine di qualche anno e con un’incertezza spaziale di centinaia di chilometri. Tale tipo di previsione consente la realizzazione di opere di prevenzione rilevanti.
Sul nostro pianeta, si verificano, in media, ogni anno, almeno un paio di terremoti distruttivi, che causano numerose vittime (più di 20.000 morti). L’irregolarità con cui i forti terremoti possono susseguirsi in una determinata zona contribuisce alla riduzione della consapevolezza del rischio sismico e, conseguentemente, a quella delle risorse dedicate alla sua mitigazione. È auspicabile che gli sforzi, attualmente focalizzati su attività di soccorso e ripristino estremamente dispendiose, siano indirizzati verso azioni preventive, come ben chiaramente enunciato da Kofi Annan: “Strategie di prevenzione più efficaci farebbero non solo risparmiare decine di miliardi di dollari, ma salverebbero decine di migliaia di vite […]. Costruire una cultura della prevenzione non è semplice. Mentre i costi della prevenzione devono essere pagati oggi, i suoi benefici si potranno vedere solo in un futuro lontano
Le azioni di prevenzione nel XXI sec., devono enfatizzare il carattere multisettoriale e interdisciplinare delle azioni orientate alla mitigazione dei disastri naturali, promuovendo la cooperazione tra diversi campi di attività: dalle scienze della Terra all’ingegneria, dalla pianificazione ambientale all’organizzazione delle attività di soccorso. Soltanto in tal modo sarà possibile raggiungere obiettivi primari, fra i quali la crescita della consapevolezza pubblica e l’impegno delle autorità, volti al contenimento delle perdite economiche, sociali e del patrimonio culturale.
Lo scopo principale della prevenzione è la definizione del rischio sismico di un’area che è la combinazione di elementi di natura fisica con altri di natura tecnica. Esso, infatti, è valutato in funzione della pericolosità, della vulnerabilità e della esposizione sismica e si esprime in relazione ai danni attesi a seguito di un terremoto, in termini di perdite di vite umane e di costo economico dovuto ai danni alle costruzioni e al blocco delle attività produttive. Poiché non è possibile intervenire sulla pericolosità sismica di un’area, dipendente dai suoi caratteri sismotettonici, l’unico modo di ridurne il rischio sismico e di mitigare gli effetti di un terremoto consiste nel ridurne la vulnerabilità e l’esposizione sismica.
sommario
1. Previsione e prevenzione. 2. La previsione dei terremoti a medio termine spazio-temporale. 3. I precursori dei terremoti. 4. I precursori sismici. 5. Algoritmi di previsione. Bibliografia.
1. Previsione e prevenzione
Una strategia efficace per la mitigazione del rischio sismico richiede un’adeguata descrizione dei terremoti attesi, così come degli effetti legati alla propagazione delle onde sismiche. È necessario, infatti, rispondere ai seguenti quesiti: (a) dove, quando e quanto forte un terremoto può colpire la regione in esame? (b) Quali conseguenze ci si deve attendere qualora esso avvenga? La risposta alla prima domanda riguarda la previsione dei terremoti, mentre la seconda è oggetto degli studi di rischio sismico. Il carattere complesso dei fenomeni sismici non sembra consentire previsioni di tipo deterministico, conseguentemente non risulta possibile conoscere in anticipo le modalità (cioè il luogo, il tempo e la magnitudo) con le quali si verificherà il terremoto con una precisione tale da mettere in atto un piano di evacuazione. Inoltre, neppure previsioni di tipo statistico risultano attendibili, poiché, entro una qualsiasi regione sismogenetica di dimensioni sufficientemente piccole (un centinaio di chilometri), il numero di forti terremoti è troppo ridotto per consentire di definirne le probabilità di accadimento con la precisione richiesta.
Un obiettivo realistico è rappresentato delle previsioni a medio termine spazio-temporale, basate sulle variazioni osservabili nella sismicità di fondo (ossia nella sequenza di eventi sismici, di moderata e bassa magnitudo, che caratterizzano mediamente una data regione anche in assenza di forti terremoti), in cui l’allarme è dato su un arco di tempo dell’ordine di qualche anno e con un’incertezza spaziale di centinaia di chilometri. Tale tipo di previsione consente la realizzazione di opere di prevenzione rilevanti quali: (a) la verifica della stabilità e l’eventuale adeguamento degli edifici e delle vie di comunicazione, anche impiegando moderne tecniche, quali l’isolamento sismico; (b) la verifica della completa operatività dei soccorsi, che l’esperienza di un non lontano passato si dimostra di difficile conseguimento anche in condizioni di normalità; (c) la pianificazione di tutte quelle operazioni che, dopo il terremoto, sarebbero inevitabilmente ostacolate dall’emergenza.
2. La previsione dei terremoti a medio termine spazio-temporale
La precisione con la quale si può prevedere la localizzazione spazio-temporale di un forte evento, cioè di un evento con magnitudo superiore a una certa soglia, è tuttora un problema aperto. La previsione può essere probabilistica, ossia la magnitudo, il tempo e la localizzazione dell’evento possono essere indicati in modo non esatto, con una percentuale intrinseca di falsi allarmi e di fallimenti di previsione. Tuttavia, la capacità predittiva deve essere statisticamente significativa. Gli allarmi hanno durata variabile: si va dai giorni (previsioni a breve termine), agli anni (previsioni a medio termine), alle decine o centinaia di anni (previsioni a lungo termine) prima di un terremoto e sono coinvolte zone con dimensioni lineari di alcune decine di chilometri (nelle previsioni a breve termine), alcune centinaia di chilometri (in quelle a medio termine), migliaia di chilometri (in quelle a lungo termine). Le previsioni a breve termine possono sembrare le più utili, poiché potrebbero consentire la realizzazione di piani di evacuazione e la sospensione di attività a rischio nella zona interessata; tuttavia, proprio per i notevoli costi e inconvenienti che tali operazioni comportano, queste previsioni devono essere formulate con una grande precisione, che, per la natura stessa dei fenomeni sismici, risulta difficile, se non impossibile, da raggiungere. L’impatto negativo dei falsi allarmi connessi con la previsione a breve termine potrebbe, infatti, risultare peggiore dei danni causati da un evento non previsto. Sul lungo termine, invece, e, dunque, per quanto riguarda i terremoti di intensità maggiore (il cui ripetersi nei pressi di una medesima zona sismogenetica, anche a notevole distanza temporale, è stato provato dalla paleosismologia), il problema è rappresentato dalla mancanza di osservazioni sistematiche rilevanti.
Attualmente l’obiettivo più realistico appare quello delle previsioni a medio termine. L’incertezza spaziale delle previsioni, ossia l’incertezza nella localizzazione dell’epicentro del terremoto incombente, è intrinseca e non può essere inferiore alle dimensioni della sorgente del terremoto. Una sorgente sismica è, infatti, un oggetto di dimensioni finite, rappresentabile fisicamente come una porzione di faglia immersa nella litosfera. Quando avviene un terremoto, non si sa esattamente dove e con quali modalità si propagherà la frattura nella stessa crosta terrestre. La coppia di eventi avvenuti il 19 agosto 2002 a sud delle isole Fiji (separati da un intervallo di tempo di ca. 400 s e distanti 300 km), per esempio, suggerisce che l’incertezza spaziale delle previsioni è almeno pari a tre volte le dimensioni della sorgente del terremoto stesso. Inoltre, è necessario considerare che i precursori possono manifestarsi in un’area anche molto più estesa della sorgente stessa. Per convalidare l’esistenza di un precursore, ossia di una relazione sistematica fra un certo fenomeno quantificabile e il verificarsi di un forte terremoto, è necessario fornire un numero significativo di casi osservati, globalmente distribuiti. Finora l’efficacia della maggioranza dei fenomeni proposti come precursori si è rivelata inadeguata o, al più, è rimasta non dimostrata, soprattutto a causa dell’assenza di osservazioni sufficientemente prolungate e sistematiche. Tale ostacolo risulta, almeno in parte, superato, qualora si considerino i precursori sismici individuabili nei cataloghi dei terremoti. Essi, infatti, costituiscono i dati sismologici più diffusi e comunemente disponibili e contengono osservazioni strumentali prolungate e sistematiche, che consentono una verifica, su vasta scala, delle anomalie sismiche proposte quali precursori di un forte terremoto
3. I precursori dei terremoti
La previsione dei terremoti scientificamente corretta consiste nell’indicazione della magnitudo, della localizzazione e del tempo origine di un futuro evento sismico, con una precisione tale da consentire una valutazione univoca del successo o fallimento della previsione stessa. I precursori, osservabili sulla superficie terrestre o in prossimità di essa, devono quindi essere relativi ai fenomeni quantificabili e statisticamente significativi. Secondo quanto stabilito dalla sottocommissione sulla previsione dei terremoti istituita dalla IASPEI (International Association Seismology and Physics of the Earth’s Interior) i criteri per stabilire la significatività di un fenomeno precursore sono: (a) l’anomalia deve essere riconducibile ai meccanismi che determinano i terremoti; (b) l’anomalia deve essere simultaneamente rilevata in più di un sito o da più di uno strumento; (c) l’anomalia e la sua relazione con il susseguente verificarsi del terremoto, ossia le regole secondo cui si effettua la previsione, devono essere definite con precisione; (d) sia l’anomalia sia le regole devono essere ricavate da un insieme di dati indipendenti da tutti quelli su cui si effettua la previsione. È naturale considerare come possibili precursori quei fenomeni che avvengono nella litosfera durante l’accumulo degli sforzi. Quest’accumulo può indurre, infatti, processi di varia natura (per es., fenomeni di deformazione) che, in alcuni casi, risultano ben visibili e chiaramente riconducibili al sisma. In realtà, i terremoti dipendono dalle variazioni del campo degli sforzi, ma tale dipendenza è complessa, come è dimostrato dal fatto che le repliche (spesso erroneamente indicate come scosse di assestamento) avvengono sovente lungo piani dove gli sforzi dovrebbero essere ridotti dopo l’evento principale. Inoltre, mentre terremoti estremamente forti possono talvolta essere preceduti da segnali premonitori chiaramente identificabili, anche se diversi tra loro, per i terremoti relativamente piccoli l’area focale è minore e risulta più difficile identificare i precursori.