Segue il corso del Po e dei suoi affluenti, migrando con gli uccelli, trasmesso con le zanzare: ricercatori dell’Università di Milano hanno ricostruito la mappa della diffusione del virus del Nilo occidentale (West Nile Virus, WNV), causa di una febbre che in una minoranza di casi può sfociare in sintomi neurologici gravi e perfino nella morte.
Il virus, che non si trasmette da persona a persona, si diffonde attraverso la puntura delle zanzare, in particolare della specie Culex, che si sono precedentemente nutrite col sangue di uccelli infetti, che rappresentano il serbatoio principale del virus. Anche i cavalli e altri mammiferi, oltre alle persone, possono essere infettati dalle zanzare.
Nella maggior parte dei casi l’infezione è asintomatica (non presenta sintomi, non dà segno di sé) ma nel 20 per cento circa dei casi il virus può provocare una sindrome con febbre, mal di testa, nausea, vomito, dolori muscolari. In una percentuale ancora minore, attorno all’uno per cento, può dare sintomi più gravi, dal disorientamento alla debolezza muscolare, fino alla paralisi e al coma, con danni neurologici a volte permanenti. In un caso su mille può provocare una gravissima encefalite.
. Il virus è stato identificato per la prima volta nel 1937 in Uganda, nella regione del Nilo Occidentale, da cui prende il nome. Fino a metà degli anni Novanta le infezioni documentate tra le persone sono state sporadiche, poi, nel 1994, si è avuta un’epidemia in Algeria, e nel 1996 una in Romania, con un alto numero di casi gravi.
Il naso della zanzara al microscopio: ecco come funziona il micidiale sistema di puntamento del fastidioso insetto. | R. Jason Pitts and Laurence J. Zwiebel, Vanderbilt University
Nel 1999 il virus è arrivato a New York, da dove si è diffuso rapidamente nel resto degli Stati Uniti, in Canada e nel Sud America. Nello stesso periodo la sua diffusione è aumentata anche in Europa.
Nel 2004, in Ungheria, è stata isolata per la prima volta fuori dall’Africa una variante dello stesso virus, chiamata WNV-2, che poi si è diffusa rapidamente verso sud-est ed è oggi la principale responsabile delle infezioni in Europa. Nel 2010 questa variante ha causato una grave epidemia nel nord della Grecia, con quasi 200 casi neurologici e 33 morti, e nel 2012 è arrivata anche in Italia, che dal 2015 è il Paese europeo con il maggior numero di casi segnalati all’anno.
Lo studio dei ricercatori dell’Università di Milano, in collaborazione con le Università di Padova e Pavia e gli Istituti zooprofilattici di Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, ha ricostruito grazie a tecniche di analisi filogenetica, una mappa della diffusione del virus in Europa e nel nostro Paese.
«Dopo il suo ingresso in Ungheria nel 2004, si ipotizza che WNV-2 abbia raggiunto l’Italia intorno al 2008, quattro anni prima del suo primo isolamento in ospiti umani. Il luogo di ingresso è stato stimato in un’area compresa tra l’Adriatico e la valle centrale del Po», ha spiegato Gianguglielmo Zehender, del laboratorio di malattie infettive dell’ateneo milanese e autore principale dello studio. «Da qui, il virus si sarebbe diffuso lungo l’asse del maggiore fiume Italiano: verso est raggiungendo il delta del Po e il Veneto, e verso ovest in Lombardia e in Piemonte.»
Nel 2016 sembra che il virus si sia diretto a sud, seguendo il corso dei principali affluenti del Po e le soste degli uccelli migratori, che sono i principali serbatoi dell’infezione. Complessivamente, in 8 anni, il virus si è spostato per circa 240 chilometri sull’asse est-ovest, e per 130 su quello nord-sud, con una media di quasi Una prima, importante deduzione possibile grazie a questo studio è che il virus circola per diversi anni tra gli animali che fanno da serbatoio (gli uccelli) e le zanzare che lo trasmettono, prima di causare epidemie nell’uomo. Dunque, anche quando ancora non si osservano casi, è importante secondo i ricercatori tenere sotto controllo con sistemi di sorveglianza le aree in cui è prevedibile il virus possa manifestarsi nell’uomo.