Segreti e misteri della Grande Macchia Rossa di Giove

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Segreti e misteri della Grande Macchia Rossa di Giove

Tante domande ancora senza risposta sulla Gigantesca Tempesta Perfetta del Sistema Solare, fotografata a distanza ravvicinata dalla sonda Juno.
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Una delle immagini processate dagli utenti della Grande Macchia Rossa, a partire dai dati di Juno.|NASA / SwRI / MSSS / Gerald Eichstädt / Seán Doran

L’11 luglio la sonda della Nasa Juno si è spinta a 9.866 km di distanza dal più colossale ciclone del nostro sistema planetario: la Grande Macchia Rossa di Giove, capace di inglobare la Terra e avanzare spazio libero, non era mai stata osservata così da vicino. Le immagini hanno rivelato un groviglio di nuvole rosse attorno a un nucleo centrale più scuro, dove i venti appaiono più calmi

Nonostante l’intrepido sorvolo, però, la gigantesca tempesta (16.350 km di diametro) è tutto fuorché ben compresa. Sulla sua natura, origine e durata rimangono ancora molti punti da chiarire. Eccone sei.

La forma delle immagini acquisite dalla JunoCam dipende dal suo periodo orbitale di 53,5 giorni, e dalla velocità che supera i 200 mila km orari. | NASA-JPL/SwRI/MSSS/Ted Stryk


Da quanto tempo è lì?

Oltre al record di dimensioni, la Grande Macchia Rossa detiene quello di persistenza. Ben nota già agli astronomi di epoca vittoriana, che nell’Ottocento la riproducevano nei disegni e descrivevano attentamente, fu osservata – pare – anche in precedenza.

Si dice che Robert Hooke, geologo e fisico inglese, l’avesse avvistata già nel 1664 (ma in una posizione “sbagliata”: nella banda equatoriale settentrionale, e non meridionale, dove appare oggi). L’anno seguente la descrisse, in maniera più convincente, anche l’astronomo italiano Giovanni Cassini. Possiamo dunque supporre che la tempesta si trovi in quella posizione da quasi quattro secoli – o da prima, quando mancavano gli strumenti per osservarla. Ma che cosa la rende così persistente, e perché non ha eguali nel Sistema Solare?

 Si sta rimpicciolendo. Ma sparirà?

Le dimensioni della Grande Macchia Rossa sono monitorate da molti anni. Nel 1979 la sonda Voyager 1 stabilì che il suo diametro era di circa 25 mila km, ora siamo a poco più di 16 mila. Tuttavia, il restringimento non appare uniforme: la tempesta ha attraversato un rapido rimpicciolimento dal 2012 al 2014; attualmente la riduzione sembra aver rallentato, ma è impossibile dire se la vedremo gradualmente scomparire o se la Macchia rimarrà una caratteristica distintiva dell’atmosfera gioviana.

Nelle immagini della sonda Voyager 2, la Grande Macchia Rossa appariva molto più allungata. | NASA / JPL / Björn Jónsson / Seán Doran

Che cosa la alimenta?

Simile a una pallina che rotola tra due bande di nuvole gioviane, la Grande Macchia Rossa finisce per cannibalizzare ogni più piccolo vortice generato dalle potenti correnti a getto dell’atmosfera del pianeta. Può darsi che queste tempeste minori forniscano l’energia e il momento angolare – l’impulso a ruotare – alla macchia, ma non è possibile stabilirlo con certezza.

Alcune ipotesi vogliono che al centro del vortice ci sia del materiale in risalita che trasporta calore verso l’alto e aiuta a tenere attiva la tempesta. Le nuove immagini ad alta risoluzione mostrano il cuore della Grande Macchia gioviana di un colore rosso più intenso: un dato che si rivelerà prezioso per studiare le dinamiche di alimentazione del ciclone.

Il nucleo di color rosso intenso presenta venti più statici e stagnanti, come nell’occhio di un uragano terrestre. | NASA-JPL/SwRI/MSSS/Roman Tkachenko (CC BY)

Quanto scende in profondità?

Se potessimo mettere un pallone atmosferico al limitare della Grande Macchia Rossa, gli occorrerebbero 3,5 giorni per percorrere, sospinto, l’intero ciclone. Ma quanto scenderebbe? La macchia è una caratteristica superficiale o si estende fino a lambire gli strati più interni del pianeta (un fatto che ne spiegherebbe, in parte, la sua persistenza)?

Una delle foto acquisite l’11 luglio, con un dettaglio senza precedenti. | NASA / SwRI / MSSS / Gerald Eichstädt / Seán Doran

 A differenza di quanto avviene per gli uragani terrestri, non esiste, sotto, un oceano che la alimenti col suo calore. Le misure gravimetriche della sonda e i dati raccolti dal suo radiometro a microonde permetteranno di comprendere meglio che cosa vi sia nel cuore della macchia.

Un’analisi più dettagliata delle varie componenti del vortice, in base ai colori delle nuvole. | . NASA / SwRI / MSSS / Gerald Eichstädt / Seán Doran

Perché è rossa?

 Dopo secoli di osservazioni, ancora non siamo riusciti a stabilirlo. Tanto per cominciare, non è sempre rossa: periodicamente si tinge di color ruggine, a volte è arancione, altre volte color salmone.

Le varie tonalità “calde” potrebbero dipendere dalla reazione delle sostanze chimiche sospinte negli strati più alti del vortice alla luce solare. Zolfo, fosforo e idrocarburi potrebbero reagire dando origine al caratteristico colore. Un altro mistero sul quale i dati di Juno potrebbero fare luce.

Il suo nucleo è caldo?

 

Le nubi superficiali della Grande Macchia Rossa sono fredde perché, lì, i gas si espandono e condensano in cristalli di ghiaccio

Le immagini a infrarosso, però, ci dicono che il cuore della tempesta (corrispondente al colore rosso scuro) è caldo, forse per via di una stagnazione dei venti. Ma allora quali sono le temperature nel nucleo, cioè nella zona più profonda del vortice? Come si può intuire, i dati raccolti dalla sonda erano quanto mai attesi.

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