Morire per salvare il Pianeta. Assassinati più di 200 ambientalisti nel 2016 (VIDEO)
E’ il Brasile il peggior Paese per i difensori dell’ambiente, ma il loro inferno è in Honduras. Criminalizzazione che si estende in tutto il pianeta: coinvolto un terzo di paesi in più che nel 2015
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Nel 2016 ogni settimana sono state assassinate quasi quattro persone colpevoli di proteggere le loro terre, le foreste e i fiumi dalle multinazionali minerarie e del legname e dall’agroindustria. A rivelarlo è il nuovo rapporto “Defenders of the Earth – Defender la Tierra” di Global Witness, che smentisce i leader dei Paesi che nei summit internazionali assicurano che difenderanno l’ambiente e la società dal cambiamento climatico e dalla rapina di materie prime, natura e terra e poi in patria reprimono gli ambientalisti e i popoli autoctoni che quegli impegni li mettono davvero concretamente in atto nei loro territori.
Global Witness avverte che il numero di difensori dell’ambiente uccisi è probabilmente molto più alto e che «Gli assassinati rappresentano l’estremo di una serie di tattiche utilizzate per ridurre al silenzio le persone che difendono l’ambiente, che includono minacce di morte, arresti, aggressioni sessuali e attacchi legali aggressivi».
Jakeline Romero, una leader indigena colombiana, ha detto a Global Witness: «Ti minacciano perché tu taccia. No posso tacere. Non posso restare in silenzio di fronte a tutto quel che sta succedendo alla mia gente. Stiamo lottando per le nostre terre, per la nostra acqua e per le nostre vite».
La Romero sa di quel che parla: ha dovuto affrontare per anni minacce e intimidazioni perché lotta contro gli impatti devastanti di El Cerrejón, la miniera a cielo aperto più grande dell’America Latina. Un progetto di proprietà di Glencore, BHP Billiton e Anglo-American, tre gigantesche multinazionali, quotato alla borsa di Londra e che è stato indicato come colpevole della scarsità di acqua e di spostamenti forzati di massa delle popolazioni locali. Ma chi gestisce El Cerrejón nega qualsiasi responsabilità nella mancanza di acqua e accusa gli attivisti ambientali di minacciare l’impresa.
Riguardo al rapporto, Ben Leather, responsabile champagne di Global Witness, dice che «Questi risultati raccontano una storia macabra. La lotta per proteggere il pianeta si intensifica rapidamente e il costo può essere quantificato in vite umane. A sempre più persone in più Paesi non viene lasciata altra scelta che protestare contro il furto delle loro terre o l’erosione del loro ambiente. Sempre più spesso vengono brutalmente messi a tacere dalle élites politiche e imprenditoriali, mentre gli investitori che le finanziano non fanno nulla».
Quasi il 40% dei difensori dell’ambiente assassinati nel 2016 erano indigeni, dato che le terre nella quali hanno vissuto per generazioni vengono rubate da imprese, proprietari terrieri o enti statali. Global Witness spiega ancora che «Di solito, i progetti vengono imposti alle comunità senza il loro libero consenso, previa informazione, imposti con la forza. Inoltre si sospetta che la polizia e i soldati siano gli autori di almeno 43 assassinii». La protesta è spesso l’unico strumento che resta alle comunità per esercitare il loro diritto a esprime un’opinione sul futuro e l’utilizzo delle loro terre e risorse naturali, scontrandosi con chi cerca di ottenere guadagni ad ognni costo.
Dal rapporto emergono alcuni dati chiarissimi, a partire dal fatto che quella mineraria è l’industria più sanguinaria, con almeno 33 assassinati, mentre le persone uccise per essersi opposte all’industria del legname aumentano in un anno da 15 a 23 e gli assassinati dall’agroindustria nel 2026 sono stati 23.
Il Brasille, con 49 assassinati, si conferma come il Paese più mortale per gli attivisti ambientalisti e indigeni, ma il Paese che ha la più alta percentuale di difensori dell’ambiente uccisi (11 morti) è il Nicaragua “socialista e cristiano” di Dniel Hortega, che sembra aver portato a compimento il tradimento degli ideali egualitari del sandinismo. Comunque, il luogo più pericoloso per essere un ambientalista è un altro Paese centroamericano, l’Homduras, dove dal 2007 sono stati assassinati ben 127 difensori dell’ambiente.
Nel 2017 la Colombia della pace fra la guerriglia marxista-leninista delle Farc e il governo ha registrato un record di ambientalisti uccisi: 37 e il rapporto fa notare che «Ora le aree che erano sotto il controllo della guerriglia sono guardate con avidità dalle compagnie estrattive e dai paramilitari. Le comunità sfollate che ritornano per recuperare le terre che furono loro rubate durante il lungo conflitto amato che ha vissuto il Paese, vengono attaccate».
Nell’india del governo liberista della destra induista le cose non vanno meglio gli assassinii di ambientalisti e indigeni sono triplicati, mentre peggiora la brutalità poliziesca e la repressione di proteste pacifiche. Nel 2016 in India ci sono stati 16 assassinati, in maggioranza a causa della loro opposizione a progetti minerari. Senza contare che molti degli advasi uccisi dalle forze paramilitari e fatti passare per Naxaliti maoisti sono spesso indigeni che difendono le loro terre.
Ma anche difendere i Parchi nazionali è più pericoloso che mai e in Africa si contano molti guardiaparco uccisi, come nella Repubblica democratica dl Congo, dove nel 2016 sono stati assassinati 9 ranger dei Parchi.
Anche nelle Filippine è la vorace industria mineraria – sostenuta dal governo fascistoide di Rodrigo Duterte – a sminare la morte, con 28 attivisti ambientali assassinati (record asiatico) che probabilmente sono molto di più, dato che la polizia approfitta della licenza di uccidere i drogati per chiudere i conti con i difensori dell’ambiente che danno fastidio alle multinazionali e alle grandi imprese e agli speculatori locali.
Il rapporto Defenders of the Earth segnala anche «La crescente criminalizzazione delle e degli attivisti/e in tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti». Gli ambientalisti e gli indigeni che difendono le loro terre ancestrali vengono rappresentati come criminali e devono affrontare accuse penali false e aggressive cause civili, intentate da governi e imprese che così tentano di ridurli al silenzio.
Leather conclude: «Gli Stati stanno violando le loro stesse leggi e mancando verso i loro cittadini nella peggior maniera possibile. Coraggiosi attivisti vengono assassinati, attaccati e criminalizzati da persone che invece dovrebbero proteggerli. Governi, imprese e investitori hanno il dovere di garantire che le comunità vengano consultate sui progetti che le riguardano, che gli attivisti siano protetti dalla violenza e che i colpevoli siano portati davanti alla giustizia».