La partita del cambiamenti climatici e riscaldamento oceanico
È una partita persa o c’è ancora una chance? Se stiamo qui a chiedercelo ancora per un po’, non avrà più senso neppure la domanda.
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Ricordiamo tutti fin dalle elementari una nota proprietà della moltiplicazione: cambiando l’ordine dei fattori, il risultato non cambia. Metti in fila e ricombina tutti i dati di temperatura disponibili, presi in mare da scienziati USA, da quelli europei e poi di quelli del resto del mondo; per sicurezza fai fare i conti ai cinesi che, si sa, quando si deve combinare roba di altri in modo certosino sono bravissimi.
Il risultato è sempre e comunque lo stesso: gli oceani si stanno scaldando, e lo stanno facendo in modo sempre più veloce. Con buona pace di chi negava l’evidenza, aggrappandosi a discrepanze tra le varie misure, legate invece alla scarsità di dati e all’uso di tecnologie non sempre omogenee.
Il 90% dello sbilancio energetico della Terra nel sistema climatico (in soldoni, la differenza tra quanta energia entra e quanta esce) viene trattenuta dagli oceani, e solo il rimanente 10% se ne va per riscaldare terra, atmosfera e fondere i ghiacci. Quindi il contenuto di calore degli oceani è, di fatto, il migliore indicatore di cambiamento climatico cha abbiamo a disposizione, e la sua misura è il miglior modo per poter dire qualche cosa su come e quanto la Terra si stia riscaldando. Calcolarlo per bene non è stato facilissimo, perché le misure di temperatura in mare non sono per nulla abbondanti.