ISPRA: Il Lago di Pilato risparmiato dal sisma… ma non dai turisti!
Risultati incoraggianti dagli accertamenti geomorfologici svolti dall’Ispra sul delicatissimo ecosistema nel cuore del Parco Nazionale. A minacciare il raro il chirocefalo del Marchesoni sono invece i turisti
di Marcello Turconi
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La strada che collega Norcia a Castelluccio è stata riaperta pochi giorni fa, ponendo finalmente fine all’isolamento in cui è piombato il cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini all’indomani del terribile terremoto che lo scorso 30 ottobre ha sconvolto Umbria, Marche e Alto Lazio. La situazione rimane tuttavia critica. Il sisma non ha avuto effetti solo sui centri abitati, ridotti ancora in macerie e in larga misura inagibili, ma anche sul “sistema” Parco.
“I settori più colpiti sono quelli meridionale e occidentale – commenta Alessandro Rossetti, biologo e naturalista del Parco – mentre i settori orientale e settentrionale sono più fruibili. Anche il sistema di sentieri è stato danneggiato in più punti, e il Parco sta effettuando delle ricognizioni per verificarne lo stato, con priorità per il Grande Anello dei Sibillini”. Gli effetti del sisma sono ben evidenti, con intere porzioni di terreno che si sono smosse, spostandosi verso valle, e una profonda faglia che attraversa, come una cicatrice a forma di W, il profilo del monte Redentore.
Il sisma ha minacciato anche quello che da un punto di vista naturalistico è forse il fiore all’occhiello del Parco, il Lago di Pilato, che come mostra la foto di copertina scattata a maggio 2017, dove il livello sembrava davvero esiguo.
Il Lago di Pilato è uno dei pochissimi di natura glaciale presenti sull’Appennino, originato a seguito dell’azione di una morena nell’Era glaciale. Esso deve al suo nome a una leggenda: si narra infatti che il corpo di Ponzio Pilato, condannato a morte da Tiberio, fu caricato su un carro trainato da due bufali lasciati liberi di vagare sugli Appennini; i bufali sarebbero poi scivolati dalla Cima del Redentore, precipitando nel Lago: il sangue del prefetto romano sarebbe quindi la causa del colore rossastro assunto dalle sue acque in particolari momenti dell’anno.
Ma qualcosa di rosso, benché minuscolo, c’è: a colorare il Lago Pilato sono infatti le comunità di un crostaceo endemico, il chirocefalo del Marchesoni. Il chirocefalo, che deve il nome all’esploratore che l’ha scoperto, misura circa un centimetro e si muove con la porzione ventrale rivolta verso l’alto, sospinto da undici paia di appendici natatorie. La caratteristica che rende questo crostaceo unico è tuttavia un’altra, strettamente legata al ciclo idrologico stagionale del lago: alimentato in larga parte dallo scioglimento di neve e ghiacciai circostanti, esso raggiunge il periodo di massima espansione nei mesi estivi; poi perde progressivamente volume, fino a prosciugarsi del tutto. Per far fronte a questo fortissimo stress ambientale, il chirocefalo ha quindi adottato una strategia adattativa molto ingegnosa: produce delle cisti entro le quali la gastrula e sopravvive fino al ritorno dell’acqua. Le cisti possono sopravvivere tra le pietre che circondano il lago per anni, motivo per cui è vietato avvicinarsi a meno di cinque metri dallo specchio d’acqua, per evitare di calpestarle. Divieto purtroppo troppo spesso disatteso: l’ultimo caso risale ad appena pochi giorni fa quando un gruppo di sconsiderati escursionisti è stato sopreso a farsi il bagno in questo delicatisimo ecosistema.
I timori per la salute del lago Pilato, oltre che per l’inciviltà di alcuni vistatori del Parco, si sono ridestati proprio in seguito al terremoto che ha colpito queste zone: le scosse potrebbero infatti aver intaccato l’impermeabilità del bacino, causando una perdita d’acqua nella faglia sottostante. “Per poter accertare eventuali effetti del sisma è necessario confrontare dati climatici e idrologici prima e dopo il sisma – spiega Rossetti – ma tali dati ancora non sono disponibili”. Il dubbio sulla salute del Lago, peraltro, è stato alimentato dal livello dell’acqua negli scorsi mesi, inferiore quest’anno rispetto allo stesso periodo degli scorsi anni; a inizio giugno è stata quindi organizzata una spedizione, che ha coinvolto tecnici dell’Ispra (Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale), geologi e biologi: fortunatamente “le prime indagini geomorfologiche non evidenziano modifiche dovute al terremoto; in tal caso le uniche cause del basso livello del Lago (peraltro già osservato in passato) sarebbero imputabili alle scarse precipitazioni”. Sarebbe certamente una buona notizia: per il crostaceo, ma anche per il Parco e la sua possibilità di contribuire alla rinascita di questo territorio così duramente colpito.