Incendi: oltre al disastro climatico e ambientale scatta l’emergenza fauna

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Incendi: oltre al disastro climatico e ambientale scatta l’emergenza fauna

Lipu: posticipare le aperture della caccia. Coldiretti: a luglio + 2,6 gradi e -60% pioggia. Realacci: per contrastare efficacemente l’emergenza incendi che sta devastando il Paese servono politiche lungimiranti
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L’emergenza incendi che sta durando ormai da oltre un mese in diverse regioni italiane ha spinto la Lipu/BirdLife Italia ad avanzare «La richiesta dello stato di emergenza da parte di vari governatori, dopo la spaventosa serie di incendi che ha colpito gran parte del Paese, non può che estendersi agli animali selvatici. È piena emergenza anche per loro ed è necessario agire: governo e regioni emanino subito i provvedimenti di posticipo dell’apertura della caccia, per dare sollievo alla fauna duramente provata».

La Lipu sottolinea che «Oltre ai danni al patrimonio e alle persone, ad essere colpiti sono stati habitat naturali come boschi e arbusteti. Ciò significa una serie di conseguenze negative per numerose specie di uccelli e altre specie animali come rettili e piccoli mammiferi che in quegli habitat trovano luoghi essenziali per la propria riproduzione e sopravvivenza. Ai danni da incendi va poi ad aggiungersi la prolungata siccità, che aggrava la situazione ambientale, ritarda il ripristino di una condizione accettabile e influisce ulteriormente, in senso negativo, sulle condizioni degli animali selvatici. Un quadro grave e complesso, che la legge 157/92 sulla tutela della fauna ha tuttavia previsto, dando a Stato e regioni gli strumenti normativi per intervenire in casi simili. Tra questi, il comma 1 dell’articolo 19, che consente alle regioni di “vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia per sopravvenute particolari condizioni ambientali”, ad esempio da calamità come gli incendi, e il comma 1bis dell’articolo 1, che permette allo Stato di adottare le misure necessarie per tutelare le popolazioni di tutte le specie di uccelli. Appare francamente impensabile che dai primissimi giorni di settembre, in un “clima infuocato” in tutti i sensi come quello che l’Italia sta vivendo, il territorio naturale e la fauna possano essere assoggettati nel giro di poco più di un mese alla pressione di 800mila cacciatori, con tutti i rischi ambientali e gli impatti naturalistici che ciò comporta».

Per questo la Lipu si aspetta che il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni «si attivi per un provvedimento d’urgenza di posticipo almeno al 15 ottobre della stagione venatoria, sulla base, tra le altre cose, del citato articolo 1 della legge 157. Ciò, anche considerando che il Governo, nello svolgimento dei propri compiti di tutela del patrimonio naturale nazionale, possa intervenire a difesa della fauna selvatica, adottando in situazioni eccezionali come questa lo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente, secondo quanto già avvenuto in passato (in quel caso per condizioni di freddo intenso) e fondatamente sentenziato dalla Corte costituzionale (sentenza 289 del 1993). Al tempo stesso, ci attendiamo che facciano altrettanto i governatori almeno di Calabria, Campania, Sicilia, Sardegna, Lazio, Liguria, sulla base del citato articolo 19, comma 1, della legge 157. In questo momento difficile per il territorio italiano, non dimentichiamoci di chi di quel territorio fa parte a pieno titolo – gli animali selvatici – e sta soffrendo non meno di altri, sebbene ingiustamente ai margini dell’attenzione pubblica».

Ermete Realacci, presidente della Commissione ambiente territorio e lavori pubblici della Camera, ha annunciato un’indagine conoscitiva sull’emergenza siccità  e ha detto che «Per contrastare efficacemente l’emergenza incendi che sta devastando il Paese servono politiche lungimiranti. Oltre alle necessarie azioni per la prevenzione e lo spegnimento dei roghi, per il rafforzamento dei controlli e per assicurare alla giustizia i criminali piromani, è necessario contrastare i mutamenti climatici e mettere in campo azioni di adattamento ai cambiamenti in atto. Ad aggravare la situazione degli incendi, spesso dolosi, ci sono infatti la prolungata siccità e le temperature elevate».

Dati confermati dal dossier Coldiretti che si basa su elaborazioni dei dati Ucea relativi alla prima decade di luglio e che  parla di un «Luglio bollente in Italia dove le temperature minime che sono risultate superiori di 2,6 gradi la media di riferimento mentre le precipitazioni sono risultate in calo del 60 % aggravando una crisi idrica di portata storica a livello nazionale con siccità e diffusione degli incendi».

Coldiretti sottolinea: «Si aggrava dunque la situazione dopo che nel primo semestre del 2017 in Italia erano caduti appena 251 millimetri di pioggia, ben il 30% in meno rispetto alla media di riferimento. La primavera 2017 dal punto di vista meteorologico, è stata in Italia secondo il Cnr la seconda più calda dal 1800, con un’anomalia di +1,9 gradi ma a giugno lo scarto è stato addirittura di +3,2 gradi. Il clima particolarmente asciutto non ha solo determinato cambiamenti visibili nel paesaggio e nell’ambiente, ma anche creato le condizioni per favorire il divampare degli incendi provocati spesso da atti criminali. Boschi ma anche animali allevati e almeno 2.500 ettari di terreno a pascolo, vigneti e uliveti andati a fuoco nell’ultimo mese concentrati soprattutto in Sicilia, ma sparsi lungo tutta la Penisola». La più grande associazione agricola italiana parla di «Devastante ondata di incendi che mette a rischio, l’ambiente, l’economia il lavoro il turismo e purtroppo anche le vite umane» e fa notare che «Tra le ragioni al mix esplosivo caldo e siccità si somma l’inarrestabile avanzata della foresta che senza alcun controllo si è impossessata dei terreni incolti e domina con 12 miliardi di alberi ormai più di 1/3 della superficie nazionale con una densità che la rende del tutto impenetrabile ai necessari interventi di manutenzione, difesa e sorveglianza nei confronti dei piromani».

Secondo Roberto Moncalvo,  presidente Coldiretti, «Per difendere il bosco italiano occorre creare le condizioni affinché si contrasti l’allontanamento dalle campagne e si valorizzino quelle funzioni di sorveglianza, manutenzione e gestione del territorio svolte dagli imprenditori agricoli. L’Italia non è mai stata così ricca di boschi con la superficie coperta che oggi è di 10,9 milioni di ettari, praticamente raddoppiata dall’Unità d’Italia, ma a differenza del passato si tratta di aree senza alcun controllo e del tutto impenetrabili ai necessari interventi di manutenzione e difesa mettendo a rischio la vita delle popolazioni locali, per degrado ed incendi. Al contrario 35mila nuovi posti di lavoro potrebbero nascere dall’aumento del prelievo del legname dai boschi in un Paese che importa l’80% del legno che utilizza. Nel giro di vent’anni le giornate di lavoro in agricoltura nelle montagne italiane si sono praticamente dimezzate, passando da 89 milioni a 47 milioni, con un crollo che ha costretto 320mila aziende agricole a chiudere i battenti, Ogni ettaro di macchia mediterranea è popolato in media da 400 animali tra mammiferi, uccelli e rettili, ma anche da una grande varietà di vegetali che a seguito degli incendi sono andate perse. Nelle foreste andate a fuoco  sono impedite per anni anche tutte le attività umane tradizionali del bosco come la raccolta della legna, dei tartufi, e dei piccoli frutti, ma anche quelle di natura hobbistica come i funghi che coinvolgono decine di migliaia di appassionati. Solo il sostegno al lavoro nei boschi indirizzato verso una gestione sostenibile può, effettivamente, rappresentare la condizione per una manutenzione ordinata a disinnescare fenomeni spesso dolosi di incendi e attivare reti di volontariato in grado di supportare l’attività degli organi preposti all’attività di spegnimento, nell’evidenziare la necessità di dare attuazione immediata all’articolo 70 della delega ambientale che prevede che siano in ogni caso remunerati i seguenti servizi: fissazione del carbonio delle foreste a dell’arboricoltura da legno di proprietà demaniale, collettiva e privata; regimazione delle acque nei bacini montani; salvaguardia della biodiversità delle prestazioni ecosistemiche e delle qualità paesaggistiche; utilizzazione di proprietà demaniali e collettive per produzioni energetiche nonché alla rapida approvazione della nuova norma forestale che sancisce l’importanza della gestione e di una visione imprenditoriale ed economica del bosco».

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