Incendi, ecco come la scienza può rendere la vita difficile ai piromani

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Incendi, ecco come la scienza può rendere la vita difficile ai piromani

I roghi sono quasi sempre dolosi e non si possono prevedere, ma alcune Regioni hanno adottato modelli in grado di capirne estensione e direzione di sviluppo
di Federico Formica
www.nationalgeographic.it

Da giugno a oggi in Italia sono andati in fumo oltre 26.000 ettari di boschi. L’estate non è arrivata neanche al giro di boa eppure, secondo le stime di Legambiente, il totale della superficie bruciata ha già eguagliato il dato dell’intero 2016. Le regioni più colpite, almeno finora, sono Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e Puglia, ma non ce n’è una in tutto il centro-sud che non abbia subito danni ingenti al proprio patrimonio boschivo.

Nella maggior parte dei casi è l’uomo a scatenare i roghi, in modo più o meno intenzionale. Prevedere e prevenire un incendio è quindi impossibile. Possiamo, però, sapere in anticipo quali sono le aree più a rischio e come si comporterà un incendio nel momento in cui si dovesse scatenare: quanto sarà esteso il fronte del fuoco, in quale direzione e con quale rapidità si sposterà. La scienza ha fatto grandi passi avanti: oggi diversi modelli previsionali consentono di elaborare mappe di rischio ad alto livello di dettaglio sul territorio. La maggior parte di questi modelli elabora diverse informazioni.

Anzitutto i dati meteo: temperatura, precipitazioni e soprattutto intensità e direzione del vento, che gioca un ruolo decisivo nella gestione di un incendio; poi le informazioni sul tipo di vegetazione, la sua umidità e la pendenza del territorio.

A livello europeo è attivo il sistema EFFIS, nell’ambito del programma di gestione delle emergenze Copernicus.

Tutti questi dati, tradotti in una mappa, consentono alle autorità locali di pianificare gli interventi. Dove potrebbero servire più uomini e mezzi? Basteranno le squadre a terra o serviranno anche mezzi aerei? E soprattutto quante forze serviranno?


Tecnici al lavoro nella sala della Centrale operativa della Protezione Civile della Campania, impegnata da giorni ad affrontare l’emergenza incendi. Fotografia di Ciro Fusco/Ansa

In Italia la prevenzione e la lotta agli incendi spetta alle Regioni, che operano coordinandosi con la Protezione Civile regionale e nazionale. Molte regioni hanno un proprio modello previsionale realizzato su misura. Molte, ma non tutte. E in questo caso si appoggiano al bollettino quotidiano della Protezione civile, che si basa sul sistema RIS.i.co (Rischio incendi e coordinamento). RIS.i.co. elabora i dati meteo, le informazioni sull’orografia e sul tipo di vegetazione. Il suo limite è che fornisce mappe di rischio solo fino al livello provinciale. RIS.i.co potrebbe presto essere mandato in pensione proprio dal sistema europeo Copernicus, che – comunque – non ha una risoluzione maggiore. Ecco perché per le Regioni che fanno da sé si tratta di un miglioramento. In precisione e in efficacia delle misure preventive.

Tra le regioni più virtuose c’è la Basilicata. Qui è attivo un sofisticato sistema previsionale, l’unico in Italia a unire i dati meteo a quelli satellitari. La mappa prodotta dal modello è estremamente dettagliata e segnala le classi di rischio concolorazioni differenti. Il modello si chiama Fire-Sat ed è stato sviluppato dall’Imaa (Istituto di metodologie per l’analisi ambientale) del Cnr. “Queste mappe vengono elaborate quotidianamente e mandate sia alla Protezione Civile che a tutti i 130 comuni della Basilicata perché allertino le squadre a terra”, spiega a National Geographic Rosa Lasaponara, ricercatrice del Cnr-Imaa e responsabile del Gruppo Argon. “L’obiettivo – continua Lasaponara – è dislocare le forze in modo che l’attacco all’incendio sia il più rapido possibile”. Fire-Sat consente anche di individuare le aree peri-urbane a rischio, fornendo alla sala operativa della Protezione civile nazionale le informazioni necessarie per capire se un centro abitato debba essere evacuato. E dopo un incendio il sistema “made in Lucania” effettua anche la perimetrazione delle aree bruciate con l’aiuto di droni.


La mappa del rischio incendi in Basilicata elaborata dal modello Fire-Sat sviluppato dall’Imaa-Cnr

Anche la Sardegna è ben attrezzata per prevenire gli incendi. L’isola si è dotata di un modello su misura, sviluppato dall’Ibimet-Cnr in collaborazione con l’università di Sassari. Si chiama Ichnusa Fire Index (IFI) e sulla base dei dati meteo produce una mappa di rischio molto dettagliata che divide l’isola in 26 zone. I bollettini quotidiani fanno parte degli strumenti utilizzati dalla Protezione civile regionale. “Nel mondo esistono molti modelli previsionali, sviluppati a livello locale, regionale o nazionale. IFI è stato calibrato sulla vegetazione tipica della Sardegna. La macchia mediterranea, ad esempio, non è prevista nella maggior parte dei sistemi che si trovano in giro”, spiega Pierpaolo Duce dell’Ibimet-Cnr Sassari, ricercatore che ha collaborato a realizzare Ichnusa Fire Index.

Tipo di vegetazione e il grado di umidità sono due variabili fondamentali per determinare la pericolosità di un incendio. La macchia mediterranea brucia molto rapidamente, un pino prende fuoco in modo più veloce rispetto, ad esempio, a un abete. E il grado di umidità segnala quanto un bosco è suscettibile al fuoco perché, in caso di combustione, assorbe il calore e potrebbe persino bloccare un incendio sul nascere. Oltre all’umidità degli alberi “vivi” (la fitomassa) alcuni sistemi, come quello sviluppato in Basilicata, calcolano anche quello della necromassa, cioè della legna morta che giace nel sottobosco. Nelle foreste italiane, sempre meno curate, ce n’è moltissima, ed è un innesco perfetto per un incendio.

Ma se è vero che la maggior parte dei roghi sono prodotti dall’uomo, i modelli previsionali di cui abbiamo parlato servono a qualcosa? La risposta è sì: sono comunque preziosi. “Questi sistemi sono pensati per calcolare quanto sarebbe pericoloso un incendio e quanto potrebbe propagarsi, a prescindere da chi o cosa lo abbia provocato – continua Duce dell’Ibimet Cnr – del resto, nessuno può comunque sapere con precisione dove scoppierà, perché i fattori scatenanti sono tanti e incontrollabili”.

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