Una veduta panoramica del Vallo di Diano ripresa da sud; in primo piano il borgo di Teggiano (SA) [foto di Enzo d’Elia].
Da un punto di vista sismico questa zona si trova tra due aree ad elevata sismicità, sede di forti terremoti con magnitudo Mw attorno a 7.0: a N-NW l’Irpinia, area epicentrale di grandi eventi come quelli dell’8 settembre 1694 (Mw 6.8) e del 23 novembre 1980 (Mw 6.9); a E-SE la Val d’Agri, sede del violento terremoto del 16 dicembre 1857 (Mw 7.0; CPTI11, Rovida et al. 2011). Il Vallo di Diano, invece, storicamente presenta una sismicità relativamente scarsa e poco conosciuta con una sola, notevole eccezione: il grande terremoto dell’estate del 1561.
I terremoti storici dal Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI11).
Quella del luglio-agosto 1561 è una serie complessa di eventi sismici con almeno un paio di grandi scosse che causarono estese distruzioni e danni gravissimi in alcuni centri tra Irpinia, Salernitano, Potentino e il Vallo stesso.
Una revisione approfondita di questi eventi è stata realizzata da Castelli et al. (2008), sulla base di nuove evidenze storiche recuperate – attraverso una ricerca, archivistica e non – da diverse fonti originali per la prima volta consultate e criticamente analizzate.Tra queste ci sono fonti giornalistiche, notarili, diaristiche e trattatistiche coeve, alcune delle quali redatte nell’arco di meno di un mese dall’inizio della sequenza (si veda la bibliografia citata in Castelli et al., 2008). Le informazioni recuperate hanno permesso di integrare le conoscenze già acquisite, ma ancora poco definite, su questo importante terremoto.
In particolare, l’analisi delle più antiche fonti disponibili ha permesso di delineare un quadro di effetti datati con certezza al 31 luglio 1561, la cui distribuzione tuttavia non è compatibile con un unico evento localizzato in area appenninica (ipotesi avanzata da tutti gli studi sul terremoto del 1561 precedenti a Castelli et al., 2008), ma con due eventi verificatisi lo stesso giorno e localizzati uno in area appenninica, l’altro lungo la costa tirrenica.
Secondo questa ricostruzione, una prima, violenta scossa si verificò il 31 luglio intorno alle ore 24 italiane1 (le 18:45 GMT circa) e colpì con effetti distruttivi l’Irpinia meridionale: il paese di Buccino (SA) fu semidistrutto, circa 200 edifici crollarono e i rimanenti furono seriamente lesionati, il castello crollò parzialmente, un centinaio di abitanti rimasero uccisi sotto le macerie; gravissimi danni e distruzioni si ebbero anche in numerosi altri centri dell’Appennino campano-lucano e del Vallo di Diano, come Balvano, Tito, Auletta, Polla, Caggiano, Atena Lucana, Santomenna, Torella dei Lombardi e altri ancora. Lesioni diffuse si ebbero ad Avellino; a Napoli e a Benevento la scossa fu avvertita fortemente.
Effetti del terremoto irpino del 31 luglio 1561 secondo Castelli et al. (2008) [fonte: DBMI11]; l’evento non è parametrizzato nel catalogo CPTI11.
Circa 25-30 minuti più tardi, sempre nella stessa giornata del 31 luglio, una seconda forte scossa, meno violenta della prima ma ugualmente distruttiva, colpì la costa tirrenica nei pressi di Salerno: i centri più colpiti furono Vietri sul Mare e Cava de’ Tirreni (nelle cui vicinanze va con tutta probabilità localizzato l’epicentro), dove crollarono edifici e vi furono diverse vittime; danni gravi e diffusi si ebbero anche a Nocera inferiore e a Salerno.
Effetti del terremoto tirrenico del 31 luglio 1561, secondo gli studi di Castelli et al. (2008) e Camassi et al. (2011) [fonte: DBMI11].
E’ invece più incerto se possano essere attribuiti all’evento tirrenico o a quello appenninico alcuni danni attestati il 31 luglio a edifici di Napoli (Camassi et al., 2011). Castelli et al. (2008) propendono per attribuirli, con maggiore probabilità, all’evento tirrenico e ad una contemporanea eruzione del Vesuvio (accompagnata da scosse di terremoto locali), anch’essa attestata dalle fonti storiche.
Il 19 agosto 1561, a quasi tre settimane dalle due forti scosse del 31 luglio, un terzo violento terremoto colpì la regione e questa volta gli effetti più distruttivi si ebbero nel Vallo di Diano e nell’Appennino lucano. La scossa si verificò alle 20 italiane (circa le 14:50 GMT). Molti centri già gravemente danneggiati dall’evento irpino del 31 luglio furono totalmente distrutti (Tito, Buccino, Auletta, Polla, Caggiano, Balvano, Vietri di Potenza, solo per citarne alcuni), a cui se ne aggiunsero altri gravemente danneggiati e semidistrutti forse per la prima volta in quell’anno (Sala Consilina, Atella, Muro Lucano, ecc.). Crolli di edifici e danni diffusi si ebbero anche a Potenza. A Napoli la scossa fu avvertita fortemente, ma senza ulteriori danni.
Effetti del terremoto del Vallo di Diano del 19 agosto 1561 secondo Castelli et al. (2008) [fonte: DBMI11].
Gli effetti combinati dei due terremoti del 31 luglio e del 19 agosto apparvero, agli occhi dei testimoni diretti, come un’unica, enorme catastrofe su un’area molto vasta, estesa da Potenza e dal Vallo di Diano fino ad Avellino, senza contare i danni a Salerno, sulla Costiera Amalfitana e a Napoli.
Il grande terremoto del 19 agosto con tutta probabilità innescò una vera e propria sequenza sismica: alcune fonti archivistiche coeve menzionano, infatti, scosse avvertite ad Atena Lucana e dintorni fino alla fine del 1561; la principale fonte storica sul terremoto del 19 agosto (Pacca, XVI secolo), inoltre, attesta scosse minori avvertite nel Vallo di Diano anche negli anni 1562 e 1563 (Castelli et al., 2008).
Secondo il resoconto di Pacca (XVI secolo) il terremoto del 19 agosto causò imponenti effetti anche sull’ambiente naturale e sul territorio: spaccature si aprirono nei monti nei pressi degli abitati di Balvano, Bella e Muro Lucano; diversi edifici dell’abitato di San Rufo furono distrutti o danneggiati gravemente da una grossa frana innescata dalla scossa; forse a causa di un’altra frana, presso Polla il corso del fiume Tanagro fu interrotto per 24 ore. In diverse zone, le sorgenti si disseccarono o si intorbidarono e diventarono calde.
Polla (SA): epigrafe posta sulla facciata del Palazzo Villano in cui sono ricordati i terremoti del 1561: nella seconda riga è scritto “oppido motu terre concusso…” e nell’ultima riga “… AD MDXC”, cioè “anno 1590”; il che significa che ci vollero circa 30 anni per ristrutturare il castello [foto di Romano Camassi – Ingv Bologna].
Sulla base della distribuzione degli effetti macrosismici, per il terremoto del 19 agosto 1561, è stata calcolata una magnitudo “equivalente” Mw pari a 6.8 (CPTI11), che ne fa il più forte e significativo evento storico avvenuto nella zona del Vallo di Diano, altrimenti caratterizzata da una sismicità medio-bassa (tanto per fare un confronto, il grande terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980 era di Mw 6.9).
Polla (SA): il Palazzo della famiglia Villano, i signori di Polla che dominarono il paese dal 1556 al 1668 con titolo di marchese dopo il 1590. Sulla facciata si trova la lapide raffigurata nella foto precedente [foto di Romano Camassi – Ingv Bologna]. L’edificio (noto anche come “castello” di Polla) fu distrutto poi dal terremoto del dicembre 1857 e successivamente ricostruito nella forma attuale di palazzotto ottocentesco
[Fonte: http://www.comune.polla.sa.it].
A cura di Filippo Bernardini (INGV-Bo).
1) le ore all’epoca erano espresse nell’antico stile orario “all’italiana”, quando il nuovo giorno iniziava circa un’ora dopo il tramonto (la “prima ora della notte”). Le ore 24 di allora per il 31 luglio a Napoli corrispondono all’incirca alle 19:45 di oggi, ora solare (le 20:45 locali, considerata l’odierna ora “legale”), cioè le 18:45 GMT.