Allarme fiume Po: il livello sceso a -2,56 metri. Coldiretti: l’Italia è a secco

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Allarme fiume Po: il livello sceso a -2,56 metri. Coldiretti: l’Italia è a secco

Tropicalizzazione del clima: nuove pratiche e infrastrutture per mantenere l’agricoltura
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Il cambiamento climatico è qui e ora e a ricordarcelo – almeno per chi vuole vederlo – è la primavera italiana che sta per finire e che è già la seconda più calda e la quarta più  asciutta dal 1800. Queste condizioni hanno portato alle drammatica situazione del Po, il più grande fiume italiano, il cui livello idrometrico, come denuncia oggi Coldiretti,«è sceso due metri e mezzo sotto lo zero idrometrico (-2,59), un metro e venti centimetri in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno».

La più grande associazione agricola italiana ha effettuato un monitoraggio al Ponte della Becca e lancia l’allarme siccità: per città e campagne, ricordando che «Le precipitazioni che sono in primavera quasi il 50% inferiori rispetto al periodo di riferimento dopo un inverno particolarmente asciutto con un deficit idrico del 48%».

Secondo Coldiretti, «Lo stato del più grande fiume italiano è rappresentativo della crisi idrica del Paese, anche perché dal bacino idrico del Po dipende il 35% della produzione agricola nazionale. Ad essere in difficoltà non sono solo le coltivazioni. In molti Comuni dell’areale sono stati invitati i cittadini a non sprecare acqua, mentre autobotti sono in azione per dare un aiuto ai paesi più in difficoltà. Lungo la Penisola con il grande caldo gli agricoltori sono già dovuti ricorrere all’irrigazione di soccorso per salvare le coltivazioni, dagli ortaggi alla frutta, dai cereali al pomodoro, ma anche i vigneti e il fieno per l’alimentazione degli animali per la produzione di latte per i grandi formaggi tipici dal grana padano al parmigiano reggiano fino alla mozzarella di bufala».

Ma è tutta l’Italia ad essere a secco: Coldiretti evidenzia che «Se l’Emilia Romagna ha richiesto addirittura al Governo lo stato di emergenza la situazione è preoccupante dal Veneto al Piemonte, dalla Lombardia alla Liguria, dalla Toscana al Lazio, dall’Umbria alla Calabria, dalla Campania alla Puglia, dalla Basilicata fino in Sicilia e Sardegna. Le anomalie climatiche della prima parte del 2017 hanno già provocato danni stimati dalla Coldiretti in quasi un miliardo di euro. In Sardegna l’assenza di piogge sta condizionando tutti i settori agricoli, con perdite nella produzione di oltre il 40% mentre in Veneto si parla di poche settimane di autonomia, mentre in Toscana scarseggiano anche i foraggi per il bestiame e crolla la produzione di miele».

Una situazione che, anche se macchia di leopardo, è drammatica in tutto il Paese: «I girasoli e il granoturco stanno seccando in Umbria, ma in difficoltà sono anche ampie aree del Lazio dove è già scattata la turnazione su tutti gli impianti irrigui dell’Agro Pontino. In Campania nel Cilento, nell’Alento e nella piana del Sele – denuncia la Coldiretti – ci sono problemi per gli ortaggi e la frutta, ma anche per la mozzarella di bufala perché la mancanza di acqua mette in crisi anche gli allevamenti e i caseifici, mentre in Puglia perdite di produzione, aumento dei costi per le risemine, ulteriori lavorazioni, acquisti di nuove piantine e sementi sono gli effetti della siccità con gravi danni al granaio d’Italia nelle province di Foggia e Bari, dove si riscontra una perdita del 50% della produzione. La siccità in Sicilia non e uno spettro, ma una realtà concreta con gli invasi a secco e la necessità di anticipare l’inizio della stagione irrigua negli agrumeti».

Coldiretti conclude invocando nuove buone pratiche e politiche ed innovazione per un Paese che è investito in pieno dal cambiamento climatico e he non sembra ancora capirne tutta la gravità: «Gli agricoltori sono già impegnati a fare la propria parte per promuovere l’uso razionale dell’acqua, lo sviluppo di sistemi di irrigazione a basso impatto e l’innovazione con colture meno idro-esigenti. Ma non deve essere dimenticato che l’acqua è essenziale per mantenere in vita sistemi agricoli senza i quali è a rischio la sopravvivenza del territorio e la competitività dell’intero settore alimentare. Di fronte alla tropicalizzazione del clima se vogliamo continuare a mantenere l’agricoltura di qualità, dobbiamo organizzarci per raccogliere l’acqua nei periodi più piovosi con interventi strutturali che non possono essere più rimandati. Occorrono interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali, creando bacini aziendali e utilizzando le ex cave e le casse di espansione dei fiumi per raccogliere acqua».

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