IL TERREMOTO DI BARLETTA DELL’11 MAGGIO 1560
A cura del Prof. Cosmo Tridente
L’11 maggio di ogni anno Molfetta celebra la festa della Madonna dei Martiri chiamata con l’appellativo di “Médonne du Tremelizze” (Madonna del terremoto), in ricordo e in ringraziamento per lo scampato pericolo della città nel terremoto dell’11 maggio 1560, avvertito in tutta l’Italia centro-meridionale.
Secondo i dati da me rinvenuti presso l’Osservatorio di Geofisica e Fisica Cosmica dell’Università degli Studi di Bari, il sisma si verificò alle ore 4,40 di quel giorno (mercoledì), fu dell’8° grado della scala Mercalli, pari a magnitudo 6,4 della scala Richter ed ebbe il suo epicentro al largo della costa tra Bisceglie e Barletta, dove ci furono crolli e numerose vittime. In particolare, a Giovinazzo furono danneggiati alcuni vecchi edifici e fu lesionata una delle due torri campanarie (torre di sud-est) della Cattedrale. La scossa fu avvertita fortemente, ma senza danni, a Bari e Molfetta, dove raggiunse l’intensità del 5° grado della scala Mercalli, nonché a Napoli e parte della Campania. Il sisma fu avvertito principalmente nelle seguenti località:
Barletta ………………………..8° grado
Bisceglie …………………….. 8° grado
Molfetta ……………………….5° grado
Giovinazzo ……………………7° grado
Bari ……………………………..5° grado
S. Paolo Albanese (PZ) …5° grado
Napoli ………………………….3° grado
.
La scossa, della durata di otto secondi, fu di tipo ondulatorio-sussultorio, con coordinate epicentrali per Molfetta di 41.12 (lat.) e 16.36 (long.). Ci fu una replica alle ore 9 dello stesso giorno, con intensità pari al 3° grado della scala Mercalli. Il 21 agosto di quell’anno ci fu pure un’eclisse totale di sole che risvegliò nei molfettesi paure e angosce non ancora assopite. Il manoscritto cinquecentesco di Seripando (Biblioteca Nazionale di Napoli) e la continuazione del “Compendio” di Collenuccio ricordano che il terremoto fu avvertito a Napoli e nella Terra di Lavoro (la Terra di Lavoro, in origine chiamata Liburia, è una regione storico-geografica d’Italia legata alla Campania, oggi risultante suddivisa tra le regioni politico-amministrative del Lazio e della Campania). Inoltre, i notai baresi Cardassi registrarono succintamente la scossa nelle loro memorie manoscritte (Biblioteca Nazionale di Bari). La scossa – raccontano i Cardassi – fu preceduta da un forte vento il cui sibilo fece destare i baresi i quali, presi dal panico e temendo si trattasse di una tromba d’aria, non osarono aprire le finestre delle proprie case per rendersi conto di quanto stesse accadendo.
Infatti poco dopo, quelle finestre cominciarono ad oscillare paurosamente e non furono poche – continuano i Cardassi – le persone che invocarono l’aiuto di San Nicola, loro Patrono (non a caso San Nicola è anche raffigurato nel dipinto dell’edicola commemorativa del terremoto, su via Bisceglie).
Alle prime luci dell’alba, le strade di Bari erano coperte di pietruzze e sabbia marina.Ma perché Molfetta fu risparmiata da quella catastrofe? Com’è noto, l’intensità di un sisma generalmente diminuisce di grado man mano che ci si allontana dall’epicentro; la zona maggiormente colpita è detta “megasismica” o epicentrale. Ciò premesso, Molfetta, pur essendo molto vicina a quella zona, avvertì il terremoto con una intensità pari al 5° grado della scala Mercalli, mentre Giovinazzo, relativamente più lontana dall’epicentro, avvertì il movimento tellurico con una intensità pari al 7° grado. L’apparente paradosso, secondo quanto tramandatoci dai nostri avi, non può che avere una sola spiegazione: Molfetta sarebbe stata risparmiata da danni e vittime grazie alla protezione della Madonna dei Martiri.
Non di questo avviso sono ovviamente gli esperti dell’Osservatorio di Geofisica da me interpellati per i quali il diverso grado di intensità di un terremoto può dipendere da una serie di fattori quali: le diverse caratteristiche geologico-strutturali lungo il percorso delle onde sismiche, gli effetti di dispersione e attenuazione che possono aversi lungo le direzioni di propagazione, nonché la difforme velocità di rottura, intesa come velocità di propagazione della frattura nell’interno della roccia. Reggeva allora la sede episcopale della città Mons. Nicolò Maiorani. Il prelato (nativo di Melpignano, fu nominato Vescovo da Papa Giulio III il 15 dicembre 1553 e rimase nella nostra sede episcopale per 13 anni) si mostrò padre amoroso verso i suoi figli angosciati, si portò in mezzo al popolo confortandolo ed esortandolo ad avere fiducia nella Vergine dei Martiri, Patrona Melphictensium, al cui Santuario si recò con tutto il popolo per chiedere grazia e protezione.ù
Una volta giunti al Santuario, possiamo immaginare quali siano state le suppliche alla Madonna, invocata a gran voce e con le lacrime agli occhi:
Médonn’a Séndisseme de le Mértere aiutece ;
(Madonna Santissima dei Martiri aiutaci)
Médonne de le Mértere salvece do tremelizze;
(Madonna dei Martiri salvaci dal terremoto)
Médonne de le Mértere agghie chembasseiòne de néue ;
(Madonna dei Martiri abbi compassione di noi)
Médonne de le Mértere mittece sòtt’ò ménde tòie ;
(Madonna dei Martiri mettici sotto il tuo manto)
Médonne de le Mértere, sìende chèsse vàusce, fanne la gràzeie, ca te dimme re còese ca tenimme cchiù care;
(Madonna dei Martiri, senti queste voci, facci la grazia, che ti doniamo le cose più care che abbiamo).
Médonne de le Mérter’a Méri nèn scimme dadd’ò ci nén fè la gràzeie.
(Madonna dei Martiri Maria non ce ne andiamo di qui se non ci fai la grazia).
Riconoscenti per lo scampato pericolo, ogni anno i molfettesi, insieme alle autorità civili, si recano processionalmente in Basilica per ringraziare la loro Patrona la quale non ha mai distolto il suo sguardo misericordioso dalla città. Ella è lì che guarda le nostre case, le nostre famiglie, le nostre angosce, i nostri problemi, le nostre difficoltà. E’ lì che asciuga le nostre lacrime e veglia come sentinella su ogni cuore che si dona a Lei. E questa presenza e vicinanza materna è per noi molfettesi motivo di fiducia, di abbandono, di serenità, di pace.
Tratto da lamiasettimanasanta10a.blogspot.it