Svelata l’origine dei coralli di Venezia, le “Tegnùe”
Conformazioni rocciose a profondità di oltre 20 metri che ospitano ecosistemi unici
www.greenreport.it
Grazie allo studio Paleochannel and beach-bar palimpsest topography as initial substrate for coralligenous buildups offshore Venice, Italy, pubblicato su Scientific Reports da un team di ricercatori italiani (Luigi Tosi, Massimo Zecchin, Fulvio Franchi, Andrea Bergamasco, Cristina Da Lio, Luca Baradello, Claudio Mazzoli, Paolo Montagna, Marco Taviani, Davide Tagliapietra, Gianluca Franceschini, Otello Giovanardi e Sandra Donnici) è stata rivelata la genesi delle delle “Tegnùe”, i coralli di Venezia, scogliere sommerse patrimonio di biodiversità e geodiversità. Secondo i ricercatori hanno avuto origine «circa 7.000 anni fa, quando è avvenuta la cementazione dei canali fluviali risalenti all’ultimo periodo glaciale».
Lo studio, coordinato dall’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr) e frutto di una sinergia con università di Padova, Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e Eleonora Carol del Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas (Conicet . Argentina) e Botswana International University of Science and Technology, evidenzia che «I fondali italiani del Mar Adriatico settentrionale non sono costituiti solo da distese di sabbia e detriti, come comunemente si immagina. Nella parte nord-occidentale, al largo di Chioggia, sorgono conformazioni rocciose sommerse alla profondità di oltre 20 metri che ospitano ecosistemi acquatici unici. Chiamate in dialetto veneto “tegnùe”, perché trattengono le reti dei pescatori, sono composte da organismi incrostanti che conferiscono a queste bio-costruzioni un aspetto simile alle barriere coralline che si elevano dal fondale limoso-sabbioso»-
Il principale autore dello studio, Tosi dell’Ismar-Cnr, sottolinea che «Queste formazioni coralligene sono disseminate nell’Adriatico nord-occidentale e costituiscono una “anomalia geologica rocciosa” rispetto al fondale detritico di sabbie e limi sul quale poggiano. I modelli genetici finora formulati per spiegare la loro origine non erano soddisfacenti, quindi abbiamo messo in campo competenze multidisciplinari».
Il team di ricerca multidisciplinare, composto da geologi, oceanografi, geofisici e biologi ha prima di tutto eseguito i rilievi geofisici per l’analisi e la mappatura morfo-batimetrica del fondale e del sottosuolo. «Sulla base della nuova cartografia i ricercatori Ismar-Cnr hanno eseguito oltre 200 immersioni, spesso in condizioni di scarsa visibilità, con osservazioni geomorfologiche e geologiche, campionando rocce e sedimenti sciolti spiega a sua volta Bergamasco, oceanografo Ismar-Cnr, responsabile delle attività subacquee – Sono stati inoltre installati sui fondali dei particolari pozzi per l’analisi dell’acqua sottomarina».