Supermassive black holes: ecco i buchi neri “monstre” dell’Universo

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Supermassive black holes: ecco i buchi neri “monstre” dell’Universo

Abitano il cuore delle galassie. E possono arrivare a decine di miliardi di masse solari. Ce n’è uno anche al centro della Via Lattea. Ma è nato prima il buco nero o la galassia intorno? È solo una delle tante domande ancora aperte sui buchi neri supermassicci
di Gabriele Ghisellini
www.media.inaf.it

Un’immagine artistica di un buco nero supemassivo che sta ingoiando materia da un disco di accrescimento. Lungo l’asse di rotazione del buco nero e del disco è possibile che si formi un getto in cui la materia, invece di cadere nel buco nero, viene espulsa a velocità prossime a quelle della luce, formando strutture spettacolari e grandissime (anche 10 volte la galassia ospite), visibili soprattutto nelle onde radio. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech.

Se lanciamo in alto un sasso, questo raggiungerà un’altezza massima, e poi ricadrà, attirato dalla gravità terrestre. Se lo lanciamo con più forza, raggiungerà un’altezza più grande, prima di ricadere. Ma se fossimo capaci di imprimergli una velocità di circa 11 km al secondo (al secondo!) il sasso non tornerebbe più. Gli abbiamo dato la velocità di fuga dalla Terra… E se se la Terra fosse più piccola, ma contenesse la stessa massa? La gravità alla sua superficie sarebbe più forte, e quindi la velocità di fuga sarebbe più grande. E se tutta la massa della Terra fosse contenuta in una biglia grande meno di un centimetro? La velocità di fuga diventerebbe più grande della velocità della luce, e quindi neanche la luce fuggirebbe… La Terra diventerebbe un buco nero. Nero, perché chi non emette luce è nero, e buco, perché qualsiasi cosa passi nelle sue vicinanze sarebbe condannato a cadervi dentro.

E se prendessimo il Sole? Quanto dovremmo comprimerlo per farlo diventare un buco nero? Beh, fino a farlo stare in una una sfera di 3 km di raggio. E se prendessimo una stella 10 volte più massiva? Dovremo comprimerla fino a farla diventare una sfera di 30 km di raggio.

Ma esistono buchi neri così massivi? Oh, altroché. Saranno vent’anni che sappiamo che nel centro di tutte le galassie abitano dei mostri di buchi neri la cui massa va dal milione ai dieci miliardi di masse solari. Lo sappiamo perché  il gas nei dintorni viene risucchiato dalla loro gravità, viene compresso, riscaldato, e in questo processo emette luce. Tanta luce. Più di quella emessa da tutte le stelle della galassia che ospita il mostro. Nel caso della Via Lattea riusciamo addirittura a vedere le stelle che girano intorno al “nostro” mostro, e questo permette di stimare accuratamente la sua massa: equivale a 4 milioni di Soli. Il “nostro” buco nero si chiama Sagittarius A* e ora non sta risucchiando granché, infatti è “spento”, come sono spenti la maggior parte dei buchi neri supermassicci. Solo l’uno per cento è attivo, ed è all’origine dei quasars, le sorgenti dalla luminosità persistente più grande che conosciamo.

Studi in corso e domande aperte

Oggi sappiamo che la massa dei buchi neri “mostri” è proporzionale alla massa dell’intera galassia che li ospita. Sanno l’uno dell’altra. Non abbiamo capito bene il perché, ma pensiamo che ci sia qualche interazione tra formazione del buco nero e formazione di stelle. Ma è nato prima il buco nero o la galassia intorno? Non lo sappiamo. Succedono però delle cose strane: in qualcuna delle galassie più lontane troviamo buchi neri dall’incredibile massa di 10 miliardi di masse solari. Come hanno fatto questi mostri a diventare così grandi in così poco tempo? A quell’epoca l’universo ha meno di 800 milioni di anni. Questo ci rende perplessi: se prima credevamo che il seme dei buchi neri supermassicci fosse un buco nero dalla taglia stellare, che cresce a forza di ingoiare materia, adesso cominciamo a pensare che forse abbiamo bisogno di un seme più grande…

Il quasar 0014+813 ha un buco nero dalla massa stimata di 40 miliardi di masse solari. Un record di obesità

Proprio quest’anno, nell’aprile 2017, sono cominciate delle osservazioni che rimarranno nella storia. Alcuni radio-telescopi si stanno coordinando per osservare tutti insieme Sagittarius A*.  Vogliono scoprire se riescono a vedere “l’ombra” del buco nero. Sarà la prima volta che l’umanità vedrà un buco nero vero, non l’immagine di un artista o di un film. L’ombra si renderà visibile perché il buco nero è circondato dalla materia (poca, per la verità, nel nostro caso) che emette. L’appuntamento per la prima immagine è per il 2018, quando le osservazioni in programma finiranno. C’è da rimanere a bocca aperta.

Il coinvolgimento dell’Istituto nazionale di astrofisica

Moltissimi ricercatori dell’Inaf sono coinvolti nella ricerca riguardante buchi neri supermassicci, in tutti i campi di ricerca che li coinvolgono. Vale la pena ricordare il coinvolgimento nella preparazione del satellite Athena, per l’osservazione dell’universo a raggi X, che permetterà (tra le tantissime altre cose) di sapere se i buchi neri ruotano, e di quanto.

L’autore: Gabriele Ghisellini è dirigente di ricerca Inaf all’Osservatorio astronomico di Brera

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