Grande Madre: l’archetipo dell’origine femminile di ogni cosa
In ognuno di noi, uomo o donna, non fa differenza, vive l’archetipo della Grande Madre.
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Tutti siamo collegati con centinaia di archetipi (per la psicologia analitica di Jung, si tratta di contenuti primordiali e universali presenti nell’inconscio collettivo che – secondo una lettura “esoterica” – non sono altro che l’espressione di forze spirituali viventi) ma quello della Grande Madre è sicuramente una delle “immagini” con cui forse più spesso e profondamente entriamo in relazione.
Per usare le parole di Jung, si tratta della «magica autorità del femminile, la saggezza e l’elevatezza spirituale che trascende i limiti dell’intelletto; ciò che è benevolo, protettivo, tollerante; ciò che favorisce la crescita, la fecondità, la nutrizione; i luoghi della magica trasformazione, della rinascita; l’istinto o l’impulso soccorrevole; ciò che è segreto, occulto, tenebroso; l’abisso, il mondo dei morti; ciò che divora, seduce, intossica; ciò che genera angoscia, l’ineluttabile».
La Grande Madre è l’origine, la madre-matrice cosmica, la creatività del grembo materno. Nelle società matrilineari si concretizzava nella Natura e in Madre Terra: la cultura era allora basata su sentimenti di condivisione, relazione, eguaglianza, interdipendenza, pace oltre su una profonda connessione con il sacro che permeava ogni attività; la Dea Madre nutriva, sosteneva, informava. Non a caso le rappresentazioni scultoree della divinità raffiguravano divinità con grandi seni, grandi fianchi: espressione simbolica del materno che forma, alleva e cresce.
Ai nostri tempi, l’archetipo della Grande Madre vibra in noi oltre che con il suo carico simbolico “classico” anche come Sophia, consapevolezza amorevole; l’umanità è cresciuta, il Divino Femminile – che stimola la Coscienza – ci invita a sentire che il bene degli altri è anche il nostro bene.

La sua azione è chiaramente visibile poiché ha stimolato e consentito i grandi cambiamenti nella “sensibilità” degli ultimi decenni: ad esempio ha fatto sì che ci fosse un’attenzione alla Terra, al benessere della Natura, dall’ecologia all’amore per gli animali e l’attenzione al loro trattamento, per finire con scelte alimentari differenti. E’ l’impulso che ci porta ad agire nel sociale, ad interessarci agli altri, a fare gesti di bene, ad avvicinarci alla spiritualità, al sacro. E’ tutta l’arte ispirata dal cuore; è la creatività produttiva di bene. Sono le iniziative sociali che fanno rete, la produttività dal basso, la co-costruzione delle idee.
Quello della Grande Madre è certo solo uno degli archetipi-base del femminile; del femminile, rappresenta però alcune funzioni centrali: contenere e mantenere in vita, proteggere e nutrire, connettere in armonia; è la creatività che nasce dalla connessione con le cose, la fertilità (in senso ampio) data dall’essere terreno disponibile all’amore. E’ il vaso che contiene e accoglie (e, di conseguenza, racchiude al suo interno, ha accesso a qualcosa che da fuori è invisibile, dunque “misterioso”). In quanto espressione di vita è connessa ai cicli di nascita e morte: ogni nascita, infatti, presuppone la “morte” di uno stato precedente.
In questa apparente ambivalenza, la Grande Madre può diventare anche terribile, vorace, predatoria. E’ il suo “lato ombra”: è la caverna fredda e oscura e anafettiva; è il vaso che non lascia più uscire il suo prezioso contenuto (che quindi non può crescere, svilupparsi, emanciparsi e diventare autonome; rimane invischiato in una relazione opprimente e vincolante o comunque mantiene tratti infantili, filiali), è la Madre Matrigna che non nutre, non si prende cura ma può uccidere, maltrattare. Non ama più, pensa solo a se stessa. Un po’ come l’oscura dea Kalì indiana.
