Giove non è come pensavamo che fosse

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Giove non è come pensavamo che fosse

Dall’analisi dei dati che arrivano dalla sonda Juno emerge una immagine di Giove molto differente da come lo abbiamo sempre pensato: le nuove ipotesi degli scienziati.
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Enormi uragani ai poli di Giove fotografati dalla sonda Juno (Nasa).|Nasa

Da Giove, il gigante gassoso del Sistema Solare che da luglio 2016 è minuziosamente studiato dalla sonda Juno (Nasa), arrivano importanti e sorprendenti scoperte. Gli strumenti della sonda permettono di penetrare lo strato più esterno del pianeta e da queste “osservazioni” gli scienziati hanno iniziato a fare nuove deduzioni.

«L’interno di Giove si comporta in modo del tutto diverso rispetto ai modelli che abbiamo usato finora», commenta Scott Bolton, astrofisico del Southwest Research Institute (Texas). Lanciata il 5 agosto del 2011, Juno ha raggiunto Giove ed è entrata in orbita attorno al pianeta lo scorso 4 luglio.

Un problema tecnico al motore ha impedito alla sonda di immettersi in un’orbita più bassa, com’era nelle previsioni, e questo ha ridotto il numero di orbite possibili: da qui al 2018 (data ufficiale di “scadenza” della missione) la sonda eseguirà 33 rivoluzioni, cinque delle quali sono già state completate.

Nonostante l’imprevisto, i risultati non mancano e sono di grande interesse: i primi studi sui dati sono stati presentati all’European Geosciences Union General Assembly 2017 (Vienna, 23-28 aprile).

Meteo da capire. Un primo interessante risultato giunge dalla scoperta di una densa fascia di ammoniaca (NH3) attorno all’equatore di Giove, mentre in altre regioni sembra essere del tutto assente: per i ricercatori, questo è un indizio di un complesso sistema metereologico basato appunto sull’ammoniaca.

Da tempo si sapeva che Giove è avvolto da nubi di ammoniaca, ma l’esistenza di una fascia equatoriale che va in profondità è sorprendente. Leigh Fletcher (scienze planetarie, università di Leicester, UK), aggiunge un dettaglio importante: «Era noto anche il “picco di ammoniaca” all’equatore, ma i dati arrivati dal rilevatore a microonde di Juno sembrano indicare che la fascia si estende fino a 300 chilometri sotto le nubi. Questo deve significare che il “motore” del tempo meteorologico di Giove si trova molto in profondità”. Il meccanismo è però tutto da capire

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Una anomalia: una macchia scura ripresa durante il quinto sorvolo ravvicinato della sonda Juno (Nasa). | Nasa

Dentro Giove… Si pensava finora che il pianeta avesse uno strato sottile di idrogeno liquido sul quale piove elio, con, al di sotto, uno strato molto più spesso di idrogeno metallico (materia degenere, prodotta dal cambiamento di fase dell’idrogeno per via dell’enorme pressione) e infine un nucleo solido che inizia a circa 70.000 km di profondità sotto la superficie dell’atmosfera gioviana.

In base ai nuovi dati sulla gravità di Giove, ottenuti dagli strumenti di Juno, questa ipotesi è sbagliata. Secondo Tristan Guillot (università della Costa Azzurra, Francia), oggi bisogna invece ipotizzare che non ci sia uniformità negli involucri che caratterizzano Giove ma, al contrario, devono esserci notevoli disomogeneità. In più, il nucleo andrebbe forse pensato non come un “solido”, ma piuttosto come un fluido sovrastato dallo strato di idrogeno metallico.

Il campo magnetico. Un altro elemento sorprendente riguarda il campo magnetico di Giove, che risulta essere molto più forte e molto più irregolare del previsto. L’irregolarità potrebbe essere causata dalla “dinamo” che lo produce, che potrebbe trovarsi a quote più elevate rispetto alle ipotesi fin qui considerate e all’interno dello strato di idrogeno metallico.

«Non mi aspettavo che tutte le nostre ipotesi fossero corrette», ammette Scott Bolton, «ma sembra quasi che siano tutte sbagliate… Se le interpretazioni dei nuovi dati verranno confermate, dovremo cambiare molte delle idee che avevamo su Giove.»

Cicloni e aurore. Le immagini arrivate da Juno hanno anche mostrato incredibili cicloni ai poli del pianeta – perturbazioni del gigante gassoso finora sconosciute. Glenn Orton (fisico, JPL – Jet Propulsion Laboratory, Pasadena) li descrive così: «sono probabilmente composti da ammoniaca, e hanno dimensioni tali che potrebbero contenere l’intero nostro pianeta!»

Nel riquadro tratteggiato: un’area di Giove particolarmente fredda rispetto al resto del pianeta. Al momento il fenomeno non ha una spiegazione. | Nasa

Altri cicloni, che somigliano a ovali biancastri, sono stati fotografati a sud dell’equatore di Giove: secondo alcuni ricercatori potrebbero contenere ammoniaca e idrazina (N2H4, un composto dell’azoto).

Alberto Adriani (INAF-IAPS, responsabile dello strumento JIRAM, Jovian InfraRed Auroral Mapper a bordo di Juno) afferma, sulla base dei dati della sonda, che “tutti i giorni” ai poli di Giove si verificano spettacolari aurore dove gli elementi principali che entrano in gioco sono il metano e una molecola composta da 3 atomi di idrogeno.

Le prossime sorprese. Ora c’è grande attesa per il prossimo sorvolo ravvicinato, il 19 maggio. Juno volerà sopra la Grande Macchia Rossa e l’attesa da parte degli scienziati è da thriller: perché per la prima volta si potrà “scendere in profondità” con gli strumenti di Juno e (forse, finalmente) carpirne tutti i segreti.

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