Cosa c’è da sapere sul cambiamento climatico?
Il mondo è davvero più caldo? Alcuni punti fermi sulle minacce climatiche al nostro pianeta
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Abbiamo bisogno di energia – carburante, elettricità, cibo – per condurre le nostre vite moderne. Miliardi di persone non ne hanno a sufficienza. Ma per ottenere energia stiamo cambiando il pianeta, e questo ci mette tutti in pericolo. Possiamo trovare un modo migliore?
Il cambiamento climatico non è una bufala o un complotto scientifico; è una sfida enorme. Ecco i fatti.
Il mondo è più caldo
Il 2016 è stato un anno record, più caldo del 2015, a sua volta più caldo del 2014. L’anno scorso la temperatura media della superficie terrestre, calcolata in base ai dati di migliaia di stazioni, boe e navi meteorologiche, è stata più alta di 0,94 °C rispetto alla media del XX secolo. Anche i satelliti che sorvegliano l’atmosfera hanno rilevato una chiara tendenza al riscaldamento.
La causa siamo noi
Al record dell’anno scorso ha contribuito anche il rilascio di calore dovuto a El Niño, il periodico fenomeno di riscaldamento delle acque del Pacifico. Ma la tendenza al riscaldamento degli ultimi 50 anni non si spiega con cause naturali. I cicli solari durano 11 anni e ogni tanto le eruzioni vulcaniche raffreddano il pianeta. Ma i gas serra delle attività umane formano una coltre sempre più densa, che intrappola il calore sulla superficie.
Non abbiamo dubbi
Più del 90 per cento dei climatologi concorda: il riscaldamento globale è causato dalle emissioni umane di anidride carbonica. Già nel 1896 il chmico Svante Arrhenius predisse che la CO2 prodotta dalla combustione del carbone avrebbe innalzato la temperatura del pianeta; lo riteneva un evento positivo. In realtà non conosciamo ancora l’entità dei suoi effetti negativi. Ma è un fatto concreto, e pericoloso.
Nell’immagine di copertina
Un satellite della NASA sta monitorando le mutevoli concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera terrestre. In questa mappa, basata su dati raccolti nell’ottobre 2014, sono chiaramente visibili le zone a maggior concentrazione di CO2 emessa dalla combustione di materiali fossili.

Un ricercatore esplora le pozze di fusione della calotta groenlandese, che dal 2002 – secondo i satelliti NASA – ha perso in media 287 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno.
L’estate scorsa la nave da crociera Crystal Serenity ha attraversato il Passaggio a Nord-Ovest libero dai ghiacci. Qualche giorno dopo è stato ritrovato al largo dell’Isola di Re Guglielmo il relitto del Terror, un vascello rimasto intrappolato fra i ghiacci nel 1846 mentre cercava il Passaggio. La temperatura dell’Artide si è innalzata, e i ghiacci marini si sono assottigliati e ristretti. La luce solare, anziché essere riflessa dal ghiaccio, viene assorbita dai mari, il che accelera il riscaldamento.
Ma il livello dei mari non sale per la fusione dei ghiacci marini, che sono già in acqua; il pericolo sono quelli terrestri. In tutto il mondo, i ghiacciai montani si stanno ritirando. L’innalzamento dei mari, che dal 1900 è arrivato a 20-23 centimetri, incrementa le alluvioni lungo le coste. Una grave minaccia è costituita dalle calotte di Groenlandia e Antartide, che contengono abbastanza ghiaccio da causare un innalzamento di oltre 70 metri. Una fusione parziale sarebbe avvenuta 125 mila anni fa; la Terra era un po’ più calda di oggi e i mari raggiunsero livelli da sei ai nove metri superiori a quelli odierni. Un innalzamento analogo sommergerebbe molte città costiere.
E se fondesse la calotta?
Gran parte della calotta dell’Antartide occidentale poggia sul fondo marino e le acque più calde stanno erodendo le piattaforme di ghiaccio che la circondano, come dimostra il distacco di un iceberg di 114 km2 nella baia di Pine Island (a destra). Un collasso tale da far innalzare di 50 cm il livello del mare potrebbe richiedere secoli. O magari qualche decennio.

Il cambiamento climatico ha contribuito a prosciugare il lago Poopó (a destra), che era il secondo bacino della Bolivia. Altrove, come a New York (a sinistra), l’aumento di vapore acqueo nell’aria provoca nevicate più abbondanti.