Una appartiene semplicemente all’ambito delle curiosità: non sono molti i terremoti storici verificatisi nella nostra storia sismica il giorno di Natale, quello del 1786 è uno dei più importanti certamente. Peraltro, sempre restando nell’ambito delle curiosità, nella storia sismica riminese (sotto riportata) la vicinanza alle festività è una ricorrenza decisamente singolare, se consideriamo che il terremoto del 1672 (magnitudo Mw 5.6), avvenne il 14 aprile, nel giorno del Giovedì Santo, e che il più recente forte terremoto dell’area, nel 1916 (Mw 6.1), avvenne il 16 agosto. Ma sono pure curiosità prive di significato: i terremoti avvengono di giorno o di notte, d’inverno o d’estate, nei giorni comandati o nelle occasioni più improbabili. Nessun significato in tutto questo.
Storia sismica di Rimini dall’anno 1000 al 2006, DBMI11
Il secondo motivo che rende importante ricordare un forte terremoto riminese è nella rilevanza che ha il terremoto nelle valutazioni di rischio di quest’area: basti osservare quanto importante sia stato lo sviluppo edilizio dell’area dopo l’ultimo forte terremoto del 1916 (vedi figura sotto), ricordando che una parte rilevante di questa espansione edilizia è avvenuta in assenza di normativa sismica e che nel periodo estivo quest’area ospita milioni di turisti.
Vedute aeree del riminese del 1943 e del 2005 che evidenziano l’espansione dell’area urbanizzata tra questi due periodi.
La terza ragione è per osservare un singolare ‘cluster’ di terremoti che interessa l’area emiliano-romagnola, e che culmina proprio con il terremoto riminese del 25 dicembre 1786; di questa particolare finestra spazio-temporale sismica fanno parte la lunga sequenza di terremoti che colpiscono il bolognese fra 1779 e 1780 (evento principale il 4 giugno 1779, Mw 5.2) e i terremoti faentini del 4 aprile e 17 luglio 1781 (rispettivamente di magnitudo Mw 5.9 e 5.6). Anche questa caratteristica della sismicità dell’Appennino settentrionale è abbastanza ricorrente, basti pensare alla sequenza seicentesca di forti terremoti in area romagnola (22 marzo 1661, Appennino romagnolo, Mw 6.1; 14 aprile 1672, riminese, Mw 5.6; 11 aprile 1688, faentino, Mw 5.8) o alla più recente sequenza di forti terremoti che fra 1916 e 1920 ‘attraversa’ da est a ovest tutta la catena, sia nei versanti emiliano-romagnoli che toscani.
Gli studi
Ma veniamo al terremoto del Natale 1786. L’evento è stato studiato da diversi autori, da Camassi et al. (1991) a Guidoboni et al. (2007), che è l’attuale studio di riferimento da cui derivano i parametri del catalogo parametrico (Rovida et al., 2011). Molto più interessante, però, è un volume pubblicato nel 1986 (Guidoboni e Ferrari [ed.], 1986), quale catalogo di una mostra realizzata dalla Regione Emilia Romagna in occasione del bicentenario del terremoto. Questo catalogo, ormai introvabile, raccoglie diversi contributi che esplorano alcuni degli aspetti materiali e culturali più interessanti e singolari in relazione all’evento, pubblicando fra l’altro in una corposa appendice documentaria la trascrizione di due perizie dei danni, che costituiscono ancora un documento prezioso per chi voglia studiare le vicende del patrimonio edilizio storico della città e del suo circondario.
Impossibile dare conto in poche righe dei tanti aspetti che mostra e catalogo hanno affrontato in modo decisamente approfondito, ma vale la pena ricordarne alcuni.
Gli effetti
La scossa principale fu preceduta, secondo diverse fonti, da alcune scosse abbastanza leggere; in particolare ne sono ricordate alcune il giorno 23 dicembre e due, rispettivamente alle ore 6 e alle 7.30 GMT del giorno 24.
Distribuzione degli effetti del terremoto del 25 dicembre 1786 secondo lo studio di Guidoboni et al. (2007) [fonte: DBMI11]
Alle ore nove (secondo l’uso orario “all’italiana” che faceva iniziare il giorno mezz’ora dopo il tramonto) del giorno 25, corrispondenti alle ore 1 GMT, si ebbe la scossa principale che provocò danni gravi in Rimini, nelle Ville del Bargellato (la campagna immediatamente circostante, suddivisa in Ville) e nei Castelli del Contado (la zona più esterna). Questa scossa fu seguita da alcune repliche leggere nella stessa giornata, e da diverse nei giorni successivi; le maggiori si sentirono negli ultimi giorni dell’anno, ma le repliche continuarono anche per i primi mesi dell’anno successivo. La scarsa precisione delle fonti nella descrizione di molte scosse ne rende estremamente complessa la datazione, l’attribuzione di un orario e la definizione dei singoli effetti.
Gli effetti più gravi si ebbero nel territorio di Rimini. La città fu notevolmente danneggiata nella gran parte del suo patrimonio edilizio pubblico, privato e religioso: oltre la metà degli edifici subirono gravi danni, alcuni crollarono, la cattedrale e molte chiese divennero inagibili, torri e campanili subirono crolli (anche totali) o profonde lesioni. Gravi danni interessarono anche circa 25 borghi e castelli del Contado riminese. Danni minori ma diffusi si ebbero in una quarantina di altre località, tra cui Riccione, Cattolica, Cesena e Pesaro.
La circolazione delle notizie
Le notizie sul terremoto circolarono attraverso le principali gazzette del tempo, molto tempestive nel segnalare l’avvertimento del terremoto stesso a Firenze, Bologna, Mantova, Ferrara, Pesaro, Venezia, prima ancora di sapere dei gravi effetti prodotti nel riminese, per poi pubblicare notizie via via più approfondite provenienti da corrispondenze riminesi.
La primissima notizia in proposito è quella pubblicata il 26 dicembre dalla Gazzetta Universale:
“Firenze 25 Dicembre […] Circa le ore due di questa mattina si sono intese due scosse di terremoto, le quali peraltro non hanno cagionato il minimo danno” [Gazzetta Universale, 1786.12.26].
Tre giorni dopo l’avvertimento del terremoto è segnalato dalle gazzette di Bologna e Mantova:
“Bologna, 29 dicembre […] Nella notte di Domenica alle ore nove, e un quarto [indicazione oraria poi corretta nel numero successivo in “ore 8, e trè quarti circa”]fu sentita quì una scossa di Terremoto per venti secondi circa. Fu quella di undulazione equa[bile], ma assai sensibile. Noi però ci siamo persuasi, che possa essere stata di consenso” [[Gazzetta di] Bologna, 1786.12.29];
“Mantova, 29 Dicembre […] Due ore incirca dopo la mezza notte del dì 24 del cadente, si è qui sentita una leggiera scossa di tremuoto, la quale non è però, la Dio mercè, durata che pochi secondi, senza aver punto prodotto alcun danno” [[Gazzetta di] Mantova, 1786.12.29].
Curiosamente le due gazzette, che nei numeri successivi stamperanno più volte l’una le notizie raccolte dall’altra, riferiscono dell’avvertimento del terremoto utilizzando i due sistemi orari che ancora coesistono, rispettivamente “all’italiana” e “alla francese”. Il giorno successivo la Gazzetta Universale pubblica una corrispondenza da Bologna del 29 dicembre che insieme al breve resoconto dell’avvertimento della scossa aggiunge:
“[…] Si crede però con più fondamento, che la scossa qui fatta sensibile sia il consenso di qualche terremoto più notabile accaduto in altre Città. Si sente in questo momento, che detto terremoto abbia avuto origine in Rimini […]” [Gazzetta Universale, 1786.12.30].
Le prime informazioni di un certo dettaglio sugli effetti del terremoto in area riminese, e in particolare sulle scosse che precedono quella principale, sono pubblicate il 2 gennaio ancora dalla gazzetta bolognese, che riproduce una corrispondenza da Rimini del 26 dicembre, poi ripresa tre giorni dopo anche dalla gazzetta di Mantova e il 6 gennaio dalla gazzetta Notizie del Mondo:
“[…] in oggi, pur troppo, siamo di questo certificati, mediante lettera particolare di Rimini, in data delli 26 dello scorso Decembre, dalla quale si ha, che in quella Città sentirono trè scosse di Terremoto, la prima alle ore 9 nella notte precedente il Sabbato 23, altra alle ore 13, e mezza, e la terza alle 14, e mezza del Sabbato isteso, essendo state sensibilissime. Ma nella notte antecedente il giorno 25 alle ore 8, e 3 quarti si provò tale scossa orribile, per cui rimasero danneggiate gravemente le migliori fabbriche, ed atterrate le più deboli. E’ sommamente compassionevole la descrizione, che si fa dello stato miserabile di quegl’infelici Cittadini. Nel colmo della più rigida stagione, e mentre la terra è tutta coperta di neve, più di due mila persone hanno dovuto portarsi sulla Spiaggia del Mare, esposti a tutte le intemperie dell’aria, e sprovveduti di ogni comodo. I Signori dimorano nelle strade spaziose, o nelle campagne entro le loro carrozze. Dopo una Scossa così terribile, ne replicarono sei nel giorno di Natale, le quali benchè non tanto gravi, pure terminarono di rovinare molte fabbriche. Nello stesso giorno delli 26 se se sentirono altre due. Trè fin’ora sono state le intere famiglie trovate estinte sotto le ruine, e incominciano a giungere nuove funestissime dalla Campagna […]” [[Gazzetta di] Bologna, 1787.01.02].
Breve corrispondenza da Rimini pubblicata dalla Gazzetta Universale del 6 gennaio 1787 e altra da Ferrara che riproduce una dettagliata “lettera particolare” da Rimini, pubblicata dalla gazzetta Notizie del Mondo lo stesso 6 gennaio 1787.
Nei giorni successivi nella rete giornalistica italiana ed europea (su questo tema si vedano Camassi e Castelli, 2004; 2005) continueranno ad affluire e ‘rimbalzare’ informazioni, in qualche caso non prive di esagerazioni o veri e propri equivoci, ma generalmente preziose per ricostruire il quadro complessivo degli effetti.
La risposta istituzionale: “due perizie per lo stesso terremoto”
Gli interventi di soccorso della popolazione furono immediati: il Legato di Romagna (residente a Ravenna e a cui la città era soggetta) concesse immediatamente l’autorizzazione alle spese per la costruzione di baracche e diede disposizioni per gli interventi di puntellamento degli edifici pericolanti. Ma la particolarità del caso riminese nella gestione dell’emergenza e successivamente nella ricostruzione è data dal fatto che per questo evento furono realizzate due stime dei danni indipendenti tra loro (Daltri, 1986).
Il Legato, Cardinale Colonna, ordinò una perizia tecnica sui danni prodotti dal terremoto sugli edifici della città, delle Ville del Bargellato e dei Castelli del Contado. La perizia fu eseguita dall’architetto ravennate Camillo Morigia.
Quasi contemporaneamente il Papa Pio VI affidò all’architetto romano Giuseppe Valadier un compito analogo. Nel frattempo la Sacra Congregazione del Buon Governo decise la sospensione decennale del pagamento dei pesi camerali e con un chirografo pontificio fu concesso un sussidio straordinario di centomila scudi.
Il lavoro dei periti si concluse all’inizio dell’estate e la Congregazione del Buon Governo optò per la perizia Valadier.
Fra le considerazioni di carattere generale che emergono dalle perizie vale la pena sottolinearne due: come segnalato da entrambe le perizie, gli effetti del terremoto del 25 dicembre 1786 furono accentuati dalla scarsa qualità della ricostruzione per il precedente terremoto del 1672; la perizia di Camillo Morigia, poi, osservò l’alta vulnerabilità del patrimonio costruito determinata dall’utilizzo di ciottoli di fiume come materiale da costruzione.
I lavori di riparazione degli edifici danneggiati dal terremoto durarono alcuni anni e le pratiche di rimborso dei prestiti contratti con la Congregazione del Buon Governo rimasero aperte addirittura alcuni decenni.
Il dibattito culturale
Un aspetto di grande interesse legato a questo terremoto è nel vivacissimo dibattito scientifico sulle origini, sulle “cause” dei terremoti che già si era sviluppato nella seconda metà del Settecento in ambito europeo, dopo la grande catastrofe di Lisbona del 1755 e, in ambito italiano, dopo la terrificante sequenza dei terremoti calabri del 1783. Tale dibattito vide contrapporsi fondamentalmente due scuole: i sostenitori dell’origine “fuochista” e quelli dell’origine “elettricista” (Comastri, 1986).
Anche in occasione del terremoto riminese del 1786 il dibattito fu vivacissimo e non privo di spunti polemici. Nel giro di mesi si ebbe una proliferazione di trattati, memorie, saggi, descrizioni, ecc. fortemente legate tra di loro, costituendo spesso singolarmente l’una la risposta all’altra.
Frontespizi della seconda edizione del Vannucci (1787) e dell’Astolfi (1787).
Un caso emblematico è rappresentato dal testo del Vannucci (1787), di cui nel giro di pochi mesi si stamparono tre edizioni, e che trovò una vasta eco nella miriade di altre pubblicazioni che lo accompagnarono. La maggior parte di questa trattatistica scientifica risulta di scarso interesse documentario, condizionata com’é dagli intenti polemici o semplicemente teorici. Una parziale eccezione è rappresentata, oltre che dal testo del Vannucci, da quello dell’Astolfi (1787).
Sant’Emidio che protegge Rimini dal terremoto, Giuseppe Soleri Bracaleoni, 1793. Rimini, Chiesa del Suffragio.
Il 1786 non fu l’ultimo terremoto importante a interessare Rimini e la costa romagnola. Il 17 marzo 1875 un nuovo forte terremoto (Mw 5.9) produsse danni gravi a Rimini, Cesenatico e Cervia (più leggeri a Pesaro e nell’entroterra) e nel 1916 due forti terremoti, il 17 maggio (Mw 5.9) e soprattutto il 16 agosto (Mw 6.1), produssero danni gravi e diffusi fra pesarese e riminese. Ma su questa vicenda avremo modo di ritornare.
a cura di Romano Camassi (INGV, Sezione di Bologna)