Anna Riggio, ricercatrice presso l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (OGS Trieste), illustra l’intera tematica del gas Radon
di Anna Riggio
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RIASSUNTO
Il Radon è un gas naturale, radioattivo, prodotto nel suolo dal decadimento dell’elemento Radium, prodotto a sua volta dall’Uranio. Il suo tempo di decadimento è di 3,8 giorni. Come tutti i gas ha molta mobilità e può circolare nel terreno attraverso le fratture delle rocce e gli spazi tra i granuli dei terreni incoerenti. Purtroppo si insinua anche all’interno degli edifici, raggiungendo anche alte concentrazioni, e costituendo, come gas radioattivo, un rischio per la salute. Misure di Radon sono fatte all’interno delle abitazioni per controllare che il livello di concentrazione non superi i limiti consentiti dalla normativa.
Il Radon è anche moderatamente solubile in acqua e la sua solubilità aumenta al diminuire della temperatura. Variazioni della concentrazione di Radon nell’acqua di sorgenti e nel suolo, interpretabili come fenomeni transienti, sembrano essere correlate a episodi di deformazione crostale che possono concludersi con un evento sismico. I primi tentativi di utilizzare il Radon come “Precursore Sismico” risalgono al 1927 in Giappone. In letteratura sono riportati molti casi di anomalie che hanno preceduto eventi sismici, di solito evidenziati da analisi eseguite dopo il terremoto per la mancanza di un’acquisizione in tempo reale. Attualmente, in Italia, sono attivi alcuni siti di acquisizione di Radon in acqua e in suolo, gestiti da Istituzioni scientifiche e amatoriali, che hanno prodotto delle serie temporali consistenti.
L’interpretazione congiunta dei dati, integrati con le informazioni fornite da altri potenziali fenomeni precursori, potrebbe essere la via da seguire per migliorare la conoscenza dei processi sismogenetici, punto di partenza per una Previsione Deterministica.
INTRODUZIONE
Poter prevedere un terremoto è stato sempre il sogno dell’umanità sin da quando la vita si svolgeva prevalentemente nelle campagne e i fenomeni che si osservavano erano legati all’acqua, alla terra e anche all’aria: variazioni nei livelli dei pozzi e nella portata delle sorgenti, spaccature del terreno e fenomeni luminosi. Oggi, che non si vive più a stretto contatto con la natura, si ha comunque la possibilità di quantizzare, con gli strumenti, ciò che veniva solo osservato con l’occhio umano.
Gli studi sulla previsione dei terremoti nel mondo hanno avuto, nella storia, periodi di gloria alternati a periodi di scetticismo (Wang et al., 2006; Wakita et al., 1980). Purtroppo, questo è stato controproducente, per questa branca della sismologia, perché l’osservazione dei vari fenomeni veniva interrotta dopo poco tempo e, in molti casi, i dati acquisiti non venivano neanche salvati. Condizione necessaria per questo tipo di studi è, invece, avere delle serie temporali superiori o uguali a un anno per poter verificare la presenza di eventuali variazioni stagionali e per poter avere un’ampia casistica di anomalie e terremoti.
Purtroppo, finora, la ricerca nell’ambito dei precursori è stata lasciata a iniziative di singoli ricercatori e, in pochi casi, è stata strutturata all’interno di un progetto che in mancanza di risultati tangibili, in un breve tempo, è stata abbandonata. Tutto questo non ha certo contribuito a far luce sul contributo che i fenomeni precursori possono dare alla conoscenza della sismogenesi. Ancora a tutt’oggi, purtroppo, nell’opinione pubblica c’è molta confusione tra previsione deterministica e probabilità che si verifichi un terremoto, di una certa magnitudo, in un dato intervallo di tempo, in una data area.
I FENOMENI PRECURSORI
Prima di iniziare a descrivere le caratteristiche del Radon e il ruolo che esso ha avuto nella storia come precursore sismico, occorre fare una premessa sul perché possono esistere i fenomeni precursori. Il terremoto non è un fenomeno improvviso, ma solo il prodotto finale di un processo che può iniziare anche parecchio tempo prima.
La Teoria della Tettonica a Zolle o a Placche, formulata negli anni settanta, diede una svolta alle conoscenze della sismologia. (Fig.1)
La crosta terrestre, insieme alla sottostante parte più esterna del mantello, forma la cosiddetta litosfera. La litosfera è suddivisa in nove placche principali e altre numerose micro placche. Quando due zolle continentali entrano in collisione, una zolla sale sopra l’altra formando catene montuose. Quando due croste oceaniche o una crosta oceanica e una continentale convergono, si hanno i fenomeni vulcanici. Risalita di magma dal mantello avviene anche al di fuori dei limiti tra le placche. Il caso più comune è rappresentato dai punti caldi (hot spots) sotto i quali, dal mantello, si ha una risalita di materiale fuso.
In Fig. 2 è riportato il particolare relativo alla zona Italiana. La Placca Africana si muove da sud verso la Placca Euroasiatica con una leggera rotazione in senso antiorario. Fra le due Placche si insinua la Microplacca Adriatica che si muove verso Nord-Est con un leggero movimento antiorario ed è costituita dal Mar Ionio settentrionale, il Mare Adriatico, il settore settentrionale ed orientale della penisola italiana, le Alpi meridionali ed orientali.
I movimenti relativi delle placche sono all’origine dei terremoti i cui epicentri si concentrano lungo i margini di placca e lungo le dorsali oceaniche dove si genera nuova crosta. Tali movimenti generano deformazioni della crosta terrestre che si propaga fino a quando non incontra asperità o zone di blocco: la frizione blocca il movimento, accumulando stress, sino a quando è raggiunto il punto di rottura del materiale e l’energia viene liberata sotto forma di terremoto e di calore (Teoria del Rimbalzo Elastico). (Fig. 3) Se è già presente una faglia, i due blocchi si spostano in modo improvviso
Riassumendo, in un ciclo sismico si distinguono i seguenti stadi: stadio inter-sismico in cui si verifica l’accumulo di energia, una parte della quale si libererà poi sotto forma di onde; stadio pre-sismico in cui la deformazione elastica della roccia si accentua progressivamente fino a livelli critici di resistenza della roccia; stadio post-sismico in cui l’energia accumulata si libera producendo il terremoto.
Successivamente, la regione colpita si avvia verso un nuovo equilibrio, anche attraverso una serie di scosse che possono protrarsi per mesi o per anni.
La faglia che genera il meccanismo di rottura può essere: trascorrente, normale, inversa, inversa obliqua. (Fig. 4)
I meccanismi collegati sono rispettivamente: di trascorrenza per la trascorrente, di distensione per la normale, di compressione per l’inversa.
La zona in cui possono manifestarsi i fenomeni precursori è quella dove più si accumula la deformazione. Il meccanismo con cui avviene il terremoto è importante nella determinazione dei fenomeni precursori: questi sono, infatti, più evidenti in stili tettonici di tipo compressivo. (Fig. 5)
I modelli Fisici dei fenomeni precursori sono classificati in due grandi categorie: quello basato sullo scivolamento della faglia, costituito dalla Nucleazione e dal Caricamento Litosferico, e il secondo basato sui blocchi di roccia che si trovano su di una zona molto più ampia attorno alla faglia, che provocano variazioni in una zona circondante la faglia e dove ha luogo il fenomeno della Dilatanza. Per Dilatanza si intende l’aumento di volume a causa di microfratture e vuoti. La Teoria della Dilatanza è stata quella che per prima ha dato una spiegazione del perché si verificano i fenomeni precursori. Quando il processo di deformazione comincia a mettere sotto stress un’ampia zona, le rocce che la costituiscono subiscono variazioni nelle loro caratteristiche fisiche, si formano fessure, i fluidi in esse circolanti, mutando il loro percorso, vengono in contatto con rocce differenti e cambiano le loro caratteristiche chimiche e i gas trovano nuovi percorsi. L’ampiezza della zona coinvolta nel processo di caricamento di stress è proporzionale alla magnitudo e alla profondità del terremoto. Durante il processo preparatorio, i vari parametri variano in fase o in opposizione di fase. Per esempio, nella seconda fase del processo della Dilatanza, l’attività sismica decresce e il Radon aumenta, mentre nella terza fase, il Radon può rimanere costante o decrescere e l’attività sismica continuare a decrescere per poi aumentare poco prima del verificarsi del terremoto. (Fig. 6)
IL RADON
Il Radon (Rn222 – numero atomico 86) è un elemento chimico radioattivo gassoso, incolore, inodore, insapore ed estremamente volatile, prodotto dal decadimento dell’Uranio 238. (Fig. 7)
È il più pesante dei gas conosciuti (densità 9,72 g/l a 0°C, otto volte più denso dell’aria). La sua emivita è di 3,8 giorni, cioè in 3,8 giorni dimezza la sua radioattività. È un gas nobile e, come tale, non reagisce con altri elementi chimici e si diffonde rapidamente viaggiando nel terreno per diffusione, per convenzione per mezzo di gas “carrier” quali metano, anidride carbonica e azoto attraverso fessurazioni e per permeabilità dei terreni e per trasporto da parte di un fluido, sia esso un gas o un liquido.
È presente naturalmente nel suolo e in quantità maggiore in rocce di tipo vulcanico con maggior contenuto di Uranio. Da un punto di vista geologico, la distribuzione di questi due elementi nel suolo varia in funzione del tipo di roccia o di terreno, in base al luogo e alle modalità di formazione. In genere la concentrazione di Uranio e Radio è compresa tra 0,5 e 5 mg/kg, ma localmente è possibile riscontrare anche valori più elevati. L’analisi del comportamento e della distribuzione in superficie del Radon, può portare un contributo alle indagini strutturali in quanto la distribuzione del Radon risulta legata alla presenza di profonde discontinuità. Tecniche per misurare la concentrazione del Radon e dei suoi prodotti di decadimento sono state sviluppate in due grandi campi d’indagine: le Scienze della Terra (Localizzazione di faglie e strutture, Precursore Sismico, Prospezione Mineraria) e la Radioprotezione (Radon Indoor, Radon in acqua potabile, Radon in acque termali, Radon in Grotte). Nonostante i campi di applicazione siano così differenti, il monitoraggio del Radon sfrutta processi simili. Per esempio, concentrazioni elevate di Radon indoor sono correlate a processi di migrazione del gas, dipendenti dalla formazione geologica, dal suolo e dall’acqua sotterranea. Gli stessi processi sono interessanti per la previsione del rischio geologico (terremoti, vulcanismo), per la prospezione mineraria (Uranio e petrolio), per l’idrogeologia, per la geotermia, ecc. Prospezioni di Radon in suolo hanno evidenziato valori più alti lungo i piani di faglia. I vari campi d’indagine non sono nettamente separati. Infatti, alti valori di Radon nelle abitazioni possono essere associati ad un terreno di fondazione a rischio Radon. Per questo motivo misure in suolo e indoor molte volte vengono integrate. Misure sistematiche di Radon indoor, specialmente se fatte in scantinati, possono contribuire alla conoscenza del livello medio di Radon nella zona e ad evidenziare eventuali variazioni significative.
Il Radon è utilizzato come precursore sismico poiché durante la fase di preparazione del terremoto, quando iniziano a formarsi le microfratture nelle rocce, le emissioni di Radon in superficie aumentano considerevolmente. La relazione tra le strutture tettoniche, la deformazione crostale e le caratteristiche fisico-chimiche dei fluidi circolanti, già intuita in tempi storici (variazione livelli nei pozzi, torbidità delle acque di sorgente) è oggi sempre più convalidata da studi che si avvalgono di misure che permettono una valutazione quantitativa di tali parametri.
Variazioni del chimismo dei fluidi che si manifestano come fenomeni transienti possono fornire indicazioni sullo stato della deformazione. Informazioni indipendenti sui fluidi circolanti possono ricavarsi dall’analisi delle acque affioranti in prossimità delle strutture tettoniche più interessanti.
MODALITÀ DI MISURA
Gli strumenti per la misura del Radon si basano sulla rilevazione della radiazione emessa dal decadimento radioattivo in combinazione con una tecnica adeguata di campionamento. La maggior parte sfrutta la rivelazione di particelle alfa; solamente pochi sfruttano la rilevazione di particelle beta. Gli strumenti possono essere Passivi o Attivi. I Passivi funzionano utilizzando la diffusione del Radon e necessitano di una potenza modesta; fanno parte di questa categoria i Dosimetri e le più moderne sonde Barasol. Gli Attivi, invece, hanno una pompa con la quale aspirano l’aria e la fanno circolare in una camera, a scintillazione o a ionizzazione, e necessitano di un’alimentazione continua e potente.
Le misure vengono effettuate in aria, in suolo e in acqua e in modo discreto, cioè sporadicamente o ad intervalli di tempo regolari (settimane, mesi, anni), o in modo continuo (minuti, ore).
PREVISIONI
La Previsione dei Terremoti può essere Deterministica o Probabilistica. Nel primo caso dovrebbero essere indicati il tempo, il luogo e la grandezza esatti del terremoto che avverrà; nel secondo, le stesse quantità sono calcolate in modo probabilistico, cioè viene indicata la probabilità che si verifichi un evento con certe caratteristiche. Negli ultimi anni ha cominciato a essere in uso un metodo detto di Allerta Precoce (Early Warning) che sfruttando la differenza di tempo tra le onde primarie di un terremoto e le onde secondarie più distruttive, può riuscire a dare un allarme alcuni secondi o un minuto e mezzo prima dell’arrivo delle onde distruttive.
Le prime misure di Radon in acqua furono fatte in Giappone nel 1927 e nel 1947. Le prime misure di Radon in suolo furono fatte nel 1953, sempre in Giappone, lungo una faglia attiva per un periodo di due anni. Da analisi a posteriori furono evidenziate anomale concentrazioni di Radon in suolo prima del terremoto di Tonankai (Giappone) di magnitudo 8.
I casi più noti di segnali anomali rilevati a posteriori, di successi di Previsioni o di mancate Previsioni, sono riportati in letteratura. Misure di Radon in acqua furono fatte in Russia (Ulomov e Mavashev, 1968; 1971) nel periodo 1966-1971 in un pozzo artesiano di 1300-2400 m di profondità, a Tashkent. Sempre a posteriori furono osservati valori altissimi molti anni prima del terremoto di Tashkent del 1966 di M 5.3 e di alcuni aftershoks. (Fig. 8) La distanza, sito di rilevamento–epicentro, era sempre entro i 5 km. Questi risultati diedero speranza alla ricerca sui precursori e sul Radon in particolare. (Riggio, Santulin, 2013a)
La Cina fu il primo Stato in cui si instaurò un piano per la Previsione. E nel 1975 ci fu la prima Previsione con ordine di evacuazione che salvò migliaia di persone. Il terremoto, che viene riportato come unica Previsione Riuscita, fu quello di Haicheng del 4 febbraio 1975, M 7.3. Furono osservati diversi precursori, le anomalie di Radon furono rilevate in pozzi distanti anche 200 km dall’epicentro e contribuirono alla decisione di dare l’allarme, anche se la decisione finale fu data dalla presenza di foreshoks.
Dopo un anno e mezzo, però, a 350 km di distanza da Haicheng, un altro disastroso terremoto colpì la Cina, a Tangshan, il 28 giugno con una magnitudo di 7.8. Anche in questo caso, in ventisette pozzi a 300 km di distanza dall’epicentro, vi furono anomalie di Radon prima del terremoto, insieme ad altri precursori, ma purtroppo mancarono i foreshoks e così l’allarme fu dato solo in alcune regioni. Il numero di morti fu leggermente attenuato ma fu ugualmente disastroso. La vicinanza spazio-temporale (400 km) con quello di Haicheng, alterò, molto probabilmente, la sequenza sismica tipica.
In Giappone, il piano nazionale per la “Previsione” cominciò negli anni sessanta, ma il Programma non prevedeva misure di Radon. Singoli ricercatori o Istituzioni continuarono, comunque, a condurre studi sul Radon sia in suolo sia in acqua, evidenziando alcune anomalie prima di terremoti di 6.8 e 7.0 di magnitudo. Il terremoto di Kobe, in Giappone, avvenuto il 17 gennaio 1995, con M 7.2, che fu riportato come terremoto non previsto, in realtà fu preceduto da anomalie di Radon nell’acqua di pozzi distanti 30 km dal futuro epicentro, e anomalie della concentrazione di Radon nell’atmosfera, dall’inverno 1994 e sino al terremoto. (Fig. 9)
Non fu fatta alcuna “Previsione” prima del terremoto dell’11 marzo 2011, in Giappone, ma purtroppo non esisteva alcun “Piano per Allarmi previsione”. Il Progetto di Previsione, iniziato nel 1966, terminò negli anni ottanta e i finanziamenti furono dirottati sul metodo di allarme Early Warning, che fu messo a punto per il controllo delle linee ferroviarie veloci. Qualche giorno prima del terremoto, quasi per caso, furono osservate variazioni nell’atmosfera, in accordo alla teoria “Lithosphere-Atmosphere-Ionosphere Coupling mechanism” secondo la quale, prima del terremoto, la concentrazione di Radon nel sottosuolo aumenta a tal punto che il gas fuoriesce dalla terra e arriva alla ionosfera, dove sviluppa cariche negative e cariche positive. Queste particelle, chiamate ioni, si attaccano sull’acqua condensata in un processo che rilascia calore e che può essere rilevato sotto forma di radiazioni infrarosse.
Anche nel famoso esperimento di Parkfield, California, erano previste misure di Radon solamente in due pozzi di acqua, con acquisizione periodica.
In Italia le ricerche su precursori sismici sono state fatte da singoli ricercatori o Istituzioni scientifiche e amatoriali, ma non c’è mai stato un progetto coordinato a livello nazionale. Le prime misure furono fatte da Allegri e collaboratori dal 1979 al 1980. Furono eseguite misure con tiltimetri e misure di Radon in acqua a Roma e Rieti dove, da Giugno a Novembre 1980, furono registrate ampie anomalie che superarono il livello medio del 25% e 170%. (Fig. 10)
Il 23 novembre 1980 ebbe luogo il disastroso terremoto dell’Irpinia di magnitudo 6.9 a distanza di circa 250 km da Roma e Rieti. Nel 1996 una stazione per il rilevamento di Radon in suolo fu installata a Cazzaso, in Friuli, dall’OGS. Il sito è equipaggiato con uno strumento con cella a scintillazione di Lucas, in modalità di acquisizione continua. L’aria è inalata con la pompa da un pozzo profondo 40,5 m e con 9 cm di diametro, alla profondità di 7 metri. L’intervallo di campionamento è di tre ore.
I dati ivi acquisiti costituiscono la serie temporale più lunga disponibile anche se, sfortunatamente, la serie ha subito qualche interruzione dovuta a malfunzionamento e a chiusura completa dal 2000 al 2002 per mancanza di fondi. (Figg. 11, 12) A titolo di esempio è qui riportata, in modo conciso, l’analisi fatta su questa serie temporale.
Prima di addentrarsi nell’analisi dei dati è sempre necessario definire cosa si intende per “Anomalia”. Esistono varie definizioni. Quella più comunemente utilizzata definisce Anomalia ogni variazione che superi il +/- 2 Sigma, secondo Igarashi e Wakita (1990) ed è applicabile direttamente se le variazioni, legate a cause meteo, non superano mai il limite del 2 Sigma.
Nel caso del sito in Friuli sono state prese in considerazione sia anomalie a corto periodo sia a lungo periodo e analizzate congiuntamente con i terremoti selezionati, dal Catalogo della Rete Sismometrica del Friuli, secondo la relazione di Hauksson e Goddard (1981).
M ≥ 2.4logD−0.43 (4.1)
dove M è la minima magnitudo richiesta per ottenere un’anomalia di Radon alla distanza D (km). Questa relazione da anche un’indicazione della grandezza della zona coinvolta nel processo di preparazione del terremoto.
I terremoti con magnitudo minore di 3.0 sono veramente molti ed è veramente difficile attribuire un’anomalia ad uno o all’altro evento. In aggiunta, le condizioni locali influiscono sui processi di preparazione del terremoto, rendendo differente il comportamento dei vari precursori. Per questo motivo, sono stati considerati solamente i terremoti con magnitudo uguale o maggiore di 3.0. In questo caso, ogni terremoto è stato preceduto da un’anomalia. Il problema principale è che un dato valore di magnitudo non è sempre associabile allo stesso tipo di anomalia, e che terremoti con epicentro nella stessa zona non sono sempre preceduti da anomalie con caratteristiche simili (Ampiezza, Durata, Tempo Precursore).
Le anomalie di lungo periodo, sono quelle in cui il valore rimane mediamente sopra il valore del 2 Sigma per un periodo della durata anche di anni. Possibili anomalie di lungo periodo sono state rilevate nel 2003-2004, 2006-2009 e 2010-2013 (Italiano et al., 2012). Le anomalie a lungo periodo sono state analizzate considerando anche la sismicità nel suo insieme tramite il calcolo del “b value” della legge di Gutenberg e Richter, che è esso stesso un Precursore Sismico (Riggio, Sancin, 1986). Il b value, che esprime il rapporto tra numero di terremoti con magnitudo piccola e il numero di terremoti con magnitudo alta, è stato calcolato con finestra mobile ed è stato correlato con la concentrazione di Radon.
In Fig. 13 si può vedere come le due variabili siano in opposizione di fase nel periodo precedente gli eventi sismici più forti.
Nell’ambito di un Progetto INGV-DPC 2013 “Short-Term earthquake prediction and preparation”, per l’Unità di Ricerca sul Monitoraggio dei fluidi sotterranei, è stata creata una Banca Dati Geo Referenziata contenente tutti i dati di Radon in suolo, in acqua, e indoor, delle Istituzioni Nazionali che hanno dato la loro disponibilità. La Banca contiene 3961 siti e più di un milione di dati, inclusi i dati meteo e geochimici di supporto per i dati Radon.
Una prima validazione statistica delle anomalie non ha dato, in realtà, dei buoni risultati ma è stata fatta solamente su alcuni dati e con un unico tipo di analisi. È vero, comunque, che bisogna anche rispettare dei protocolli di acquisizione e di interpretazione per poter giungere ad ottenere uno strumento riproducibile e utile per la protezione civile. I primi risultati indicano la necessità di uniformare il tipo di acquisizione, di puntare su di uno studio multiparametrico e di estendere l’analisi, inoltre, anche alla previsione a medio termine, nel caso siano disponibili serie temporali sufficientemente lunghe. Raccogliere dati e definire modelli di “anomalia”, indipendentemente dall’effettivo verificarsi di eventi sismici, è stata accettata come un elemento di base per un controllo efficace di possibili fenomeni precursori dei terremoti.
CONCLUSIONI
I risultati sembrano indicare che il Radon sia un buon indicatore dell’attività crostale, ma c’è ancora molto da lavorare prima di arrivare ad una previsione deterministica.
Non si può fare una previsione deterministica con punti sporadici di osservazione.
L’obiettivo principale delle ricerche sui precursori deve essere quello di capire la causa dei fenomeni osservati.
Deve essere ben valutata l’ampiezza della zona coinvolta nel processo di deformazione e il lasso di tempo su cui indagare. Le serie temporali devono essere abbastanza lunghe da permettere di verificare eventuali influenze meteorologiche e avere una casistica statisticamente valida. La tecnica di acquisizione deve essere continua e, possibilmente, in teletrasmissione.
Dovrebbe essere valutata la possibilità di applicare i metodi automatici per la determinazione delle anomalie, ma senza sottostimare l’interpretazione umana, visto che ogni area ha caratteristiche diverse. Le misure di radon in suolo e in acqua devono essere integrate con l’acquisizione di altri potenziali fenomeni precursori.
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