A due anni dal terremoto in Nepal, WeWorld lancia l’allarme: i bambini sono sempre più preda della tratta

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A due anni dal terremoto in Nepal, WeWorld lancia l’allarme: i bambini sono sempre più preda della tratta

Il 25 aprile del 2015 il Nepal fu colpito da un devastante terremoto di Mw 7.9, che causò 9000 morti e un numero imprecisato di orfani che sono sempre più vittime del trafficking

di Marco Chiesara, Presidente di WeWorld
tratto da www.huffingtonpost.it

Il 25 aprile 2017 è il secondo anniversario del terribile terremoto che ha colpito il Nepal, un evento drammatico che ha causato 9000 morti, distrutto più di 700.000 case e lasciato oltre tre milioni di persone in estremo bisogno di aiuto. Dopo due anni il Paese è ancora in ginocchio, anche se fatichiamo a sentire notizie che lo riguardino.

Un’emergenza silenziosa che vede nei bambini, rimasti orfani o appartenenti a famiglie cadute in miseria, la principale categoria sfruttata. In questa situazione di emergenza, infatti, i bambini e le bambine, più di ogni altro soggetto, corrono il rischio altissimo di essere trafficati.

Secondo le stime dell’Unicef, ogni anno 12.000-15.000 bambini e bambine sono trafficati dal Nepal e destinati principalmente allo sfruttamento sessuale in India. Nei distretti di Sindupalchock, Kavrepalanchok, e Kathmandu dove lavoriamo da anni a favore dell’educazioni di base, il terremoto ha colpito duramente le famiglie e i bambini. Solo a Sindupalchock sono morte 40.000 persone e l’80% delle scuole elementari è stato distrutto.

Per questo noi di WeWorld abbiamo immediatamente investito nel garantire ai bambini un ambiente protetto e sicuro dove poter ristabilire uno stile di vita normale, uno spazio in cui giocare e rielaborare i traumi. Nei tre mesi successivi al sisma noi di WeWorld abbiamo costruito 63 strutture temporanee (Temporary Learning Centre TLC, strutture leggere in bambù, veloci da costruire e sicure durante le scosse di assestamento) per garantire la scolarizzazione e un luogo sicuro a 5000 bambini, monitorando la loro presenza e prevenendo il rischio che cadessero nelle mani dei trafficanti.

In queste strutture i bambini hanno potuto godere di uno spazio sicuro, con accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici dove poter continuare il proprio percorso educativo, dove giocare e ri-iniziare a vivere normalmente, al sicuro.

Il problema del trafficking di bambini, specie in zone d’emergenza, è una piaga di cui tutti noi dobbiamo sentirci responsabili e non riguarda certo solo il Nepal. I Paesi maggiormente interessati da questo crimine sono quelli colpiti da conflitti, disastri naturali o povertà cronica.

A livello internazionale, benché dal 2003 esista uno strumento internazionale vincolante, il Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, per prevenire, reprimere e punire la tratta delle persone, in particolare donne e bambini (2000), e sebbene la Convenzione internazionale per diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sia stata universalmente sottoscritta, si fatica ancora molto a tradurre diritti universalmente riconosciuti in politiche e programmi che effettivamente impediscano la tratta di persone e assistano le vittime.

Le cause risiedono tanto nella povertà delle famiglie, quanto nella domanda criminale. Le famiglie infatti spesso non possono farsi carico dei bambini o non si curano della loro protezione o deliberatamente li cedono ai trafficanti in cambio di denaro. Turismo sessuale, lavoro nero, pericoloso e mal pagato e più di recente il traffico di organi, sono le cause principali che dal lato della domanda alimentano il traffico di bambini.

Il modo più efficace per contrastare il fenomeno è agire nei paesi interessati sostenendo le famiglie più povere, dando protezione ai bambini e alle bambine e parallelamente aumentare l’accesso all’educazione e quindi accrescere la loro consapevolezza. I bambini, infatti, spesso sono capaci di far rispettare i propri diritti se hanno imparato a riconoscerli.

Tuttavia bisogna agire anche sulla domanda internazionale criminale. Le campagne contro il turismo sessuale, contro lo sfruttamento del lavoro minorile e per regole certe nell’ambito delle migrazioni internazionali, vanno tutte nella direzione di togliere spazio al fenomeno della tratta colpendo i trafficanti.

Noi di WeWorld agiamo tanto nei paesi interessati dalla tratta, come il Nepal e la Cambogia, quanto in ambito internazionale, promuovendo direttamente o tramite le reti a cui aderisce, come la Global Campaign for Education, il diritto all’educazione di qualità e il sostegno alle famiglie.

È proprio dalla scuola, infatti, che si può partire per proteggere i bambini.

L’importanza di ricostruire le scuole in Nepal, dunque, non risponde solo al bisogno di dare ai bimbi luoghi sicuri (antisismici) a lungo termine dove studiare, ma attraverso la scuola possiamo incidere sulle motivazioni che rendono il traffico dei bambini tanto diffuso nel Paese: li possiamo monitorare tenendoli lontani dai pericoli della strada e dai trafficanti, ma non solo, a scuola ricevono pasti sani e cure mediche, iniziando a gravare meno economicamente su famiglie che oggi spesso vivono a livelli sotto la soglia di sussistenza.

Dopo due anni dal terremoto, quindi possiamo affermare che la fase di emergenza si sia conclusa. Ora bisogna pensare a strutture permanenti. In occasione del secondo anniversario chiediamo una mano a tutti i nostri sostenitori perché ci aiutino a raggiungere le zone più difficili, come quella di Milche: un paese tra le montagne, a due ore di cammino, che versa in gravissime condizioni ed è molto difficile da raggiungere pur essendo molto popolato.

Qui prima del terremoto c’erano ben 10 scuole. Non esistono strade, solo sentieri. Costruire le scuole qui è un’impresa nell’impresa, ma è proprio dove è indispensabile intervenire al più presto e con tutte le nostre risorse, perché i materiali di costruzione andranno portati a mano, accrescendo i tempi e i costi di realizzazione.

Non possiamo lasciare soli questi bambini, ma non possiamo farcela da soli!

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