Nell’immagine una rappresentazione artistica del sistema GRO J1655–40 e un inserto che riassume il risultato scientifico dello studio. Crediti: T.D. Russell (ICRAR-Curtin), realizzato utilizzando il codice BINSIM di R. Hynes (LSU)
I buchi neri sono spesso rivelati in maniera indiretta grazie alla presenza, nei loro dintorni, di materiale attirato dall’intensa gravità dell’oggetto. Questo materiale di solito si distribuisce in una specie di ciambella, chiamata disco di accrescimento, e il suo destino è la caduta verso il buco nero. In uno studio apparso oggi sulla rivista Nature Astronomy, un team di ricercatori ha dimostrato che, a prescindere dalla massa del buco nero centrale, l’origine dei venti sprigionati dal disco di accrescimento è legata al campo magnetico.
I dischi di accrescimento che circondano i buchi neri ospitano gas altamente ionizzato, che possiamo osservare da Terra grazie alla loro emissione nei raggi X. Oltre al gas ionizzato, il disco può emettere venti e getti di materiale molto intensi, con flussi che arrivano a toccare velocità relativistiche. Tali getti sono in grado di rimuovere momento angolare dal disco, ostacolando il processo di accrescimento, oppure possono alterare i dintorni galattici in cui si trovano inibendo la formazione di nuove stelle. Comprendere in dettaglio la fisica di ciò che accade nei dintorni di un buco nero è dunque di vitale importanza per l’astrofisica moderna.
Francesco Tombesi, ricercatore al Goddard Space Flight Center della NASA, alla University of Maryland (USA) e associato INAF, recentemente tornato in Italia presso l’Università di “Tor Vergata”
Il team di ricercatori, guidato da Keigo Fukumura della James Madison University, ha preso in esame l’emissione ai raggi X proveniente dal sistema binario GRO J1655–40, che contiene un buco nero di dimensioni stellari, e ne ha studiato le caratteristiche spettrali. Ciò che emerge dallo studio è che i venti altamente ionizzati emessi dal sistema sono dovuti al campo magnetico, e – cosa ancor più interessante – che il modello utilizzato vale anche per buchi neri supermassicci, dunque queste emissioni di materiale da parte dei dischi di accrescimento hanno caratteristiche simili per qualunque scala di massa del buco nero.
«Negli ultimi anni si sono raccolte molte evidenze di venti sprigionati dal disco di accrescimento, ma ancora non se ne conosceva l’origine», spiega a Media Inaf Francesco Tombesi, co-autore dello studio e astrofisico presso il Goddard Space Flight Center della Nasa e la University of Maryland, recentemente tornato in Italia tramite il programma rientro dei cervelli Montalcini come ricercatore all’Università di Roma “Tor Vergata”. «Erano stati proposti tre meccanismi di accelerazione: termico, pressione di radiazione o magnetico. Con questo lavoro dimostriamo che i venti sono governati da fenomeni magnetici, indipendentemente dalla massa del buco nero centrale».
«Stiamo pianificando di estendere questo studio ad altre sorgenti binarie e a buchi neri supermassicci utilizzando campioni osservati nei raggi X. Vorremmo poi studiare questi fenomeni in maggior dettaglio con Athena, il futuro osservatorio spaziale nei raggi X dell’ESA, possibilmente la missione post-Hitomi che le agenzie spaziali Nasa e Jaxa stanno pianificando, ed inoltre vorremmo esplorare possibili effetti di polarizzazione di questi venti magnetici con la missione congiunta Nasa-Asi recentemente approvata, IXPE».