Il Pluviometro? Fu inventato a Perugia da Padre Benedetto Castelli nel 1631

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Il Pluviometro? Fu inventato a Perugia da Padre Benedetto Castelli nel 1631

di Michele Cavallucci
Redazione Blue Planet Heart

Nacque, con quasi assoluta certezza, da una intuizione scientifica di Padre Benedetto Castelli, il pluviometro, lo strumento ormai adottato a livello mondiale per la misurazione della pioggia caduta.

Quel 1639 era stato particolarmente duro per i contadini umbri a causa della “gran siccità di molti mesi”: non pioveva e il livello del lago Trasimeno si era così abbassato che ben 22 mulini della zona avevano dovuto bloccare la loro attività, con gravissimi danni per la popolazione rurale. Anche allora dunque si doveva fare i conti con i cambiamenti climatici o, per essere più precisi, con fenomeni meteorologici anomali o estremi, che hanno sempre accompagnato la storia dell’umanità. Gli scienziati di allora, ci testimonia padre Castelli e il suo carteggio con Galileo, non indulgevano però in catastrofismi o nella caccia al colpevole: osservavano e studiavano la natura per vedere come aiutare la popolazione a convivere con questi fenomeni.

Benedetto Castelli, insigne benedettino discepolo, amico fedele e strenuo difensore del Sommo Pisano Galileo, nacque a Brescia nel 1578 ed entrò a diciassette anni nell’Ordine benedettino. Della sua vita nei primi trenta anni non si hanno molte notizie certe. È probabile, ma non sicuro, che passò qualche anno a Firenze accanto a Galileo, prima di insegnare Matematica a Pisa dal 1613 e di essere chiamato da Papa Urbano VIII, dal 1626 alla Sapienza di Roma “ … collo stipendio di 150, poi di 200 scudi”.

In una lettera scritta da Galileo il 30 dicembre 1610 viene invitato a Firenze: “Ho con grandissimo gusto sentito il Suo pensiero di venire a stanziare a Firenze, il quale mi rinnova la speranza di poterla ancor godere e servire per qualche tempo ………. Orsù venga a Firenze, che ci godremo, e avremo cose nuove e ammirande da discorrere”.

Benedetto Castelli fu sempre in corrispondenza con Galileo, e numerose sue lettere si sono conservate.
Nel 1628 viene pubblicata l’opera più importante di Benedetto Castelli: Della misura dell’acque correnti, trattato di riferimento per tutti gli studi successivi di idraulica fluviale.


Nel 1639 a Perugia egli ideò, presso l’abbazia di S. Pietro, il pluviometro per misurare l’intensità di pioggia, la cui sperimentazione fu oggetto di un intenso scambio di opinioni e interpretazioni con Galileo per studiare le oscillazioni del livello del lago Trasimeno.
Nel Box a lato è riportata la Lettera di Padre Benedetto Castelli a Galileo Galilei (ad Arcetri), Roma 18 Giugno 1639, nella quale sono descritte le operazioni di misura e le sue deduzioni.

L’invenzione del pluviometro è stata fondamentale per associare alla misura della pioggia il tempo.

Sembra che studiosi di altri Paesi, tra i quali un coreano durante il regno del re Seiong (1419-1450), avessero già introdotto la misura della precipitazione con un “vaso” cilindrico, ma l’aspetto fondamentale della durata della pioggia non sembra fosse stato mai considerato prima di Benedetto Castelli.
Comunque, dopo quattro secoli, il pluviometro, pur essendo stato realizzato in diversi modi, è ancora l’unico strumento per misurare la pioggia in maniera diretta.

In una lettera del 1639, avendo perduta la speranza di vedere applicate le sue conoscenze alla corretta  gestione del lago Trasimeno, Benedetto Castelli così scrive a Galileo:

“Io ho risoluto di attendere da qui avanti al vino e lasciar l’acqua; dico di attenderci in prattica; ma in speculativa, da diversi accidenti che si sono osservati nella corrente siccità e da alcune osservazioni mie particolari, congiongendo tutto con le conseguenze dependenti da quel poco che io ho scoperto nel mio trattato “Della misura dell’acque”, inclino assai ad affermare che l’origine dei fiumi e di fontane dependa tutto da queste conserve d’acqua, delle quali parte si scoprono manifeste, come sono i gran laghi, e parte sono riposte nelle segretissime viscere della natura. La materia
è bella, assai vasta e sin hora ci trovo di gran riscontri. Non so come mi riuscirà spiegarla: andarò faticando e farò quello che potrò, e di tutto darò parte a V. S. Ecc.ma, alla quale fo riverenza.” Castelli esprime più volte il Suo affetto e stima verso il Maestro e l’ultima sua lettera del 1640, ispirata ad alcune osservazioni fatte intorno a Saturno, cosi conclude: “Non posso al vivo esprimere tutto quello che è passato intorno al mio negozio nella licenza proccurata di venire a Firenze ma spero ancora, che un giorno V.S. Molto Illustre resterà meravigliata. Basta, non si poteva fare di più di quello che si è fatto: cui conviene abbassar la testa ed avere pazienza: piace così a Dio; dee piacere anche a me”.*
Castelli morì a Roma nel 1643 “lasciando immortal memoria di se medesimo non solo nelle sue opere, ma ancora ne’ valorosi discepoli che’ ci venne fornendo, tra’ quali ottennero gran nome il Torricelli e il Borelli e il p. Cavalieri”.

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