Ecco come prevedere le scie di condensazione, capirle… divertendosi anche!

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Ecco come prevedere le scie di condensazione, capirle… divertendosi anche!

A cura dell’Ing. Fabio Gervasi
www.centrometeo.com

Tipica scia di condensazioneSgombriamo subito il campo da equivoci: in questa sede non intendiamo dimostrare se esistono o no le scie chimiche, perché riteniamo che l’unico modo per farlo è analizzando campioni di atmosfera prelevati rincorrendo gli aerei. Tuttavia troppo spesso ci imbattiamo in persone facilmente manipolabili perché non sufficientemente avvezze né al ragionamento scientifico, né alle conoscenze necessarie per avere la possibilità di interpretare correttamente ciò che li circonda, per non parlare degli innumerevoli fake che girano sul web.

Constatiamo però alcuni fatti:
scie “chimiche” le emettiamo tutti i giorni anche con le nostre automobili
– gli aerei oltre al vapore acqueo emettono necessariamente altre sostanze come ad esempio biossido di carbonio, ossidi di azoto, monossido di carbonio, idrocarburi come il metano, solfati, particolato, come normale prodotto delle combustioni (elementi che possono peraltro agire come nuclei di condensazione aggiuntivi. I nuclei di condensazione sono fondamentali per formare qualsiasi tipo di nube, naturale o artificiale che sia)
– esperimenti con lo ioduro d’argento sono ben noti e vengono fatti in presenza di nubi grandinigene o comunque cariche di pioggia, inseminandole in genere per anticipare le precipitazioni in modo da ridurne la portata (con risultati spesso deludenti…)

– fin dalla Seconda Guerra Mondiale esistono interessi militari affinché le scie vengano ridotte o eliminate (un aereo con scie è più visibile, no?)
– il web è pieno di foto che mostrano normalissimi cirri e/o cirrostrati per quanto di forme, dimensioni e caratteristiche molto diversificate, spesso però scambiati per chissà cosa
– esistono foto di scie di condensazione anche negli anni ’20 e ’30 e durante la Seconda Guerra Mondiale alcuni aerei erano in grado di superare gli 8-10 km di altezza (non essendo ovviamente ancora pressurizzati i piloti usavano bombole d’ossigeno e indumenti riscaldati elettricamente)
– presenza, persistenza e comportamento delle scie di condensazione erano noti prima della nascita della teoria complottista (diffusasi negli anni ’90)
– i vari “mi ricordo o non mi ricordo” lasciano il tempo che trovano e non costituiscono un approccio scientifico. In ogni caso, potete crederci o non crederci, ma personalmente ho sempre visto le scie, di varia natura e anche di lunga persistenza (e sì che sono un osservatore del cielo da più di 30 anni e da ottimi punti di osservazione: campagna e sotto diverse rotte). Quindi chi nega questo o non si ricorda o ha sempre osservato poco il cielo o è in malafede.

Se per scie chimiche intendiamo scie in cui si trovano altre sostanze deliberatamente aggiunte, teniamo anche presente che queste non è detto che siano per forza visibili o che alterino ciò che si vede (o si dovrebbe vedere…). Quindi anche in tal senso non si capisce l’accanimento contro la versione “visibile” del fenomeno (presunto).

Detto questo, non solo esistono studi che spiegano perfettamente le varie caratteristiche delle nostre “fantomatiche” scie, ma addirittura possiamo divertirci a prevederle.

Il Grafico di ApplemanCosa sono le scie di condensazione e loro caratteristiche

Le scie di condensazione (in inglese: contrails) sono di fatto nuvole artificiali. L’aria espulsa dalle turbine di un adobelovers.com aereo contiene vapore (oltre alle sostanze di cui sopra), che si aggiunge a quello presente in atmosfera. Inoltre si espande e l’espansione raffredda l’aria stessa. L’avvezione di vapore + il raffreddamento (dovuto all’ambiente circostante e all’espansione) rende più o meno probabile la condensazione del vapore stesso.

Una volta formatasi la nuvola può subire varie vicissitudini termodinamiche sempre secondo le caratteristiche atmosferiche in cui si trova (come del resto qualunque altra nuvola). Per questo le scie possono essere più o meno persistenti e cambiare forma. In particolare la persistenza di una scia di condensazione dipende dalla cosiddetta supersaturazione rispetto al ghiaccio che studieremo tra poco. Ma andiamo con ordine.

Previsione delle scie di condensazione

Il primo a studiare il fenomeno cercando di capire gli ingredienti che, messi insieme, consentono la formazione delle scie di condensazione è stato nel 1953 lo scienziato H. Appleman che al termine dei suoi studi ha realizzato un grafico diventato famoso tra gli addetti ai lavori (ignoto ovviamente a chi non si prende la briga di studiare). Il grafico può naturalmente essere usato sia per fare previsioni sia per effettuare delle verifiche a posteriori.

Per usarlo occorre conoscere la temperatura e l’umidità relativa alla quota dell’aereo. Tale quota può essere ottenuta ad esempio da un fantastico servizio disponibile online: Flightradar24. In tempo reale potete conoscere i vari voli con tutti i dati (rotta, quota, velocità e così via). I dati sulla temperatura e l’umidità possono essere ricavati dai radiosondaggi misurati dai palloni sonda o previsti dai modelli fisico-matematici.

Come si usa e interpreta il grafico

Osserviamo la linea dello 0% e quella del 100% di umidità relativa (RH). Se l’atmosfera è più fredda rispetto alla temperatura indicata dalla linea dello 0%, la scia di condensazione si forma anche se RH = 0. In questo caso l’aereo fornisce da solo abbastanza umidità per produrre la scia di condensazione e non serve ulteriore vapore per formare la nube. Quindi a sinistra della linea 0% abbiamo sempre le scie. Se invece l’atmosfera è più calda della temperatura indicata dalla linea del 100%, la scia di condensazione non può formarsi in nessun caso. Quando la temperatura è compresa tra le linee dello 0% e del 100% la scia di condensazione può formarsi oppure no (dipenderà dall’umidità atmosferica). Chiaramente con una RH ad esempio pari al 60% è sufficiente un’aria meno fredda per formare le scie, rispetto a quando si ha una RH più bassa.

Vediamo il tutto con alcuni casi reali, passo passo, tenendo presente che i calcoli saranno necessariamente approssimati, che ci vorrebbero in realtà dei radiosondaggi sull’esatta verticale del velivolo in quel momento, che i dati possono essere affetti da errori strumentali, che il grafico di Appleman è quello originale ma si è evoluto nel tempo e così via. Inoltre non si tiene conto della turbolenza atmosferica e del fatto che l’atmosfera non è omogenea né in orizzontale, né in verticale (potrebbero esserci zone più o meno umide rispetto alle condizioni medie, variazioni più o meno significative tra una zona e l’altra, ecc.)

Radiosondaggio di Viterbo30 Marzo 2014, ore 14:00, volo LBT9077

Sull’Italia è una classica giornata con molti cirri e cirrostrati in giro. Siamo probabilmente in presenza di condizioni favorevoli alla formazione di scie di condensazione, almeno alla quota dei cirri.Analizzando il sito Flightradar24 vediamo i voli in tempo reale e intorno alle 12UTC (quindi le 14:00 ora locale) ne stava passando uno proprio sopra la mia testa (zona di Orvieto, TR). La foto in alto a sinistra è scattata da me ed è proprio la sua traccia. Si tratta del volo LBT9077, che stava sorvolando a 37000 piedi di quota, ovvero circa 11 km. Siamo dunque a un altezza geopotenziale di circa 0,9877^(11000/100)*1013,25 = 250hPa. Come si vede dal radiosondaggio di Viterbo, abbiamo una temperatura di circa -55°C. La dew point (punto di rugiada) è circa -60°C. Pertanto se non è fornita dal radiosondaggio stesso possiamo stimare un’umidità relativa (RH) di circa 55% (link a un comodo tool per calcolarla). Analizzando il Grafico di Appleman, l’incrocio della linea orizzontale di 250hPa con la curva del 55% di umidità ci porta a una temperatura di -48°C. Poiché la temperatura effettiva è inferiore a questo valore, il grafico ci dice che di sicuro abbiamo scie di condensazione in queste condizioni (come è stato) a prescindere dall’umidità relativa.

30 Marzo 2014, ore 15:35, volo AZA1KK

Stavolta abbiamo un volo a quota più bassa, 28000 piedi circa (8.5 km). Siamo grossomodo sui 350 hPa (P = 0,9877^(8500/100)*1013,25). Sempre osservando il radiosondaggio otteniamo: T = -40°C e Td = -47°C, quindi una RH = 45/50%. Stavolta nel Grafico di Appleman ci poniamo nella zona “forse contrails”, ma oltre la Tmax per scie persistenti. E infatti la scia c’era, relativamente lunga, ma è scomparsa in meno di mezz’ora.

31 Marzo 2014, ore 8:20, volo TVS1010

La mattinata è iniziata con cielo più limpido e scie molto meno persistenti. Il volo in questione è addirittura senza scia e ha sorvolato l’orvietano a 20000 piedi (6 km), quindi siamo a 480 hPa circa. Il radiosondaggio di Pratica di Mare ci fornisce una temperatura di -22°C e a questa temperatura infatti non si formano scie di condensazione.

Immagine satellitare 31 Marzo 201431 Marzo 2014, ore 18:30, volo ISS229, Milano-Catania

Cielo limpido, niente nubi (ma cirri all’orizzonte verso nord-ovest). Punto d’osservazione = Stimigliano (RI). Il volo sorvolava ad ovest a 41000 piedi di quota (12500 metri). Abbiamo P = 0,9877^(12500/100)*1013,25 = 215 hPa. Per questa quota il radiosondaggio di Pratica di Mare delle 12UTC ci fornisce: T = -60.6°C, Td = -72.2, RH = 20%. Appleman ci dice che deve formarsi una scia (confermato).
Come detto, verso nord-ovest (grossetano) osservavo una discreta quantità di cirri (ben visibili anche dal satellite, vedi foto). Guardando meglio si notavano (guarda caso!) alcune scie persistenti in apparenza “affogate” nei cirri. I voli che percorrevano quella zone in quelle ore erano in prevalenza tra i 20000 e i 30000 piedi (quindi tra i 6000 e i 10000 metri). Siamo tra i 290 hPa e i 480 hPa. Il radiosondaggio di Grosseto previsto per le 18UTC dal Lamma con modello WRF a 3km di risoluzione ci dice quanto segue:
– a 290 hPa T = -50°C, Td = -57°C, RH = 44%. Appleman ci dice che le scie si formeranno se RH > 30% e probabilmente persistenti (T < Tmax)
– a 480 hPa T = -23°C, Td = -50°C, RH = 7%. Appleman ci dice che non si formano scie.
Tenuto conto che ci sono aerei quasi in continuazione in quella zona, possiamo concludere che quelle che vediamo sono le scie di quella parte di aerei che evidentemente rientravano nelle condizioni giuste e che si trovavano oltre una certa quota (probabilmente oltre i 350hPa, cioè oltre gli 8500 metri circa).

Grafico sovrasaturazione del ghiaccioStima della lunghezza e della persistenza delle scie di condensazione

Come molti di noi avranno notato alcune scie di condensazione sono brevi e durano pochissimo. Altre invece sono molto lunghe e continuano a crescere per molto tempo espandendosi, dopo il passaggio dell’aereo. Perché succede? Ricordiamoci della nuvoletta che si forma quando respiriamo durante l’inverno: può essere più o meno evidente, ma dura pochissimo. L’umidità relativa è di solito al di sotto del 100% e non può sostenere una nube di miscelazione per un lungo periodo di tempo. Quando c’è nebbia però siamo in aria satura e la nuvoletta dura molto di più, ma sempre al massimo poche decine di secondi, in genere. A bassissime temperature e con atmosfera rarefatta, come a vari km di quota, le nubi di ghiaccio (tra cui le scie di condensazione) sono in grado di formarsi e persistere anche con umidità inferiore al 100%. La linea rossa nel grafico di Appleman mostra proprio con quale umidità le scie possono persistere (di solito oltre il 60%/70% di umidità relativa). In alta troposfera, per la maggiore purezza e rarefazione dell’aria avvengono cose “curiose”. Avete mai sentito parlare di acqua sopraffusa? E’ di grande importanza per la dinamica di molte nubi e per la formazione delle precipitazioni e consiste in acqua che sotto certe condizioni rimane liquida anche se si trova in ambiente sottozero (fino a -40°!). Sotto i -40°C congela in ogni caso.

Ma c’è un importante meccanismo da chiarire, piuttosto complesso, che cercheremo di semplificare. Quando si parla di saturazione dell’aria, si dà per scontato che si stia parlando della condensazione del vapore in goccioline d’acqua. Quando si ha una RH = 100% si dice che l’aria è satura (di vapore), essa cioè a quella data temperatura non è più in grado di contenere acqua allo stato di vapore senza che condensi (sempre che vi siano i nuclei di condensazione, cosa scontata nella bassa troposfera). Perché accade? Perché sono sempre presenti 2 opposte tendenze: da una parte alcune molecole d’acqua tendono a unirsi fra loro (o meglio, attorno al proprio nucleo di condensazione, per attrazione elettrostatica o coalescenza casuale) dall’altra l’agitazione termica tende a farle separare. Il vapore presente esercita una sua pressione propria che si chiama “pressione di vapore” che si somma alla pressione dell’aria in assenza di vapore. Se a regime si raggiunge un equilibrio in presenza contemporanea di acqua e vapore (cioè il numero di molecole che passa allo stato liquido eguaglia il numero di quelle che passano allo stato di vapore, ma non tutto il vapore condensa e non tutta l’acqua evapora) allora si è in condizioni di aria “satura di vapore”, il vapore esercita la cosiddetta “pressione di vapor saturo” e l’igrometro segnerà 100% di umidità relativa. La RH si chiama così proprio perché rappresenta la quantità di vapore presente nell’aria rispetto a (relativa a) quanto vapore l’aria stessa può contenere senza che condensi. Ma ciò dipende dalla temperatura, perché se c’è più agitazione termica (temperatura maggiore) allora tende ad avere la meglio l’evaporazione piuttosto che la condensazione e così l’equilibrio si raggiunge per quantità più elevate di vapore (serve più vapore per saturare l’aria). Ecco perché a parità di vapore totale contenuto nell’aria la RH aumenta al diminuire della temperatura e viceversa.

Ora, tutto questo si ha anche rispetto al ghiaccio: come sappiamo infatti l’acqua può passare dallo stato di vapore a quello solido e viceversa direttamente (brinamento e subllimazione). Ma separare molecole d’acqua dal ghiaccio non è la stessa cosa che separarle da un liquido. In sostanza l’RH rispetto al ghiaccio è quantitativamente diversa. Se però continuiamo lo stesso a usare l’RH rispetto all’acqua, allora la saturazione rispetto al ghiaccio si ha a valori inferiori del 100%. L’ultimo grafico a sinistra ci mostra la linea di demarcazione: al di sopra di essa si dice che si è in sovrasaturazione rispetto al ghiaccio. Ad esempio a -50°C lo si è per valori di RH > 60%. Questo è importante perché le scie di condensazione sono fatte di ghiaccio e quindi è con il suo comportamento termodinamico che dobbiamo fare i conti. Siamo obbligati a ragionare in questi termini perché alle temperature tipicamente in gioco (di diversi gradi sotto lo zero) occorre in genere riferirsi al ghiaccio, più che all’acqua liquida.

Il tipo e il comportamento della scia dipenderà in generale proprio da dove ci troviamo rispetto a quella linea, tenendo presente che sia la turbolenza atmosferica che quella indotta dai motori tenderà a formare vortici e anelli (complicando ancora di più le cose). Si interpreta così:
sotto la linea abbiamo scie assenti o di breve durata (non più di 2 o 3 minuti. Se l’aria è particolarmente secca (RH < 10%) pochi secondi)
in prossimità della linea (ma sempre sotto) le scie tenderanno a persistere un po’ di più (tanto più quanto più l’aria è fredda). I vortici tendono a far rimanere intrappolati i cristalli di ghiaccio.
sempre in prossimità della linea (ma poco sopra) tenderanno a persistere: spariscono più facilmente gli anelli, ma tende a rimanere la scia di ghiaccio secondaria (in genere una scia di condensazione in realtà è una doppia scia)
sopra la linea: persistenza anche di diverse ore ed espansione/dispersione molto probabile e significativa con formazione di cirri.

Cirri e cumuli disegnati da John Constable

Rivediamo il volo LBT9077. Avevamo una temperatura di -55°C e una RH = 55%. Dunque siamo di poco in condizioni di sottosaturazione, immediatamente sotto la linea. Le scie osservate erano di media persistenza con leggera espansione (in accordo con quanto detto).

Per il volo ISS229 il grafico della saturazione su ghiaccio ci dice che dovremmo avere a che fare con una scia molto breve (che posso confermare).

Da ultimo, guardate l’immagine qui a fianco, che ritrae uno stupendo esempio di inquinamento chimico.. almeno così i “complottisti” lo interpretano ogni volta c’è in cielo un tappeto di cirri o cirrostrati. Peccato che si tratti di un dipinto del 1822 di John Constable, che amava le nuvole. In rete ne trovate quanti volete.

Concludendo e rinviando a studi più approfonditi ed esaustivi, il dubbio su eventuali “contaminazioni” chimiche volendo rimane, ma almeno non commettiamo l’errore di ignorare nozioni di base che dovremmo sapere. Prima di scomodare strani complotti (per quanto verosimili) evitiamo di avere nozioni errate e false convinzioni. Così si fa scienza, altrimenti sono solo chiacchiere. E con le chiacchiere, sono capaci tutti (o quasi…)

Ing. Fabio Gervasi

 

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