Nell’El Salvador, ogni giorno, vengono uccise in media 14 persone. Si muore come mosche, ma se a essere ammazzato brutalmente è un enorme ippopotamo la questione fa persino più rumore: tanto da indignare i cuori di tutti salvadoregni. Gustavito aveva 15 anni, era arrivato allo zoo nazionale della capitale San Salvador dal Guatemala tredici anni fa ed era il simbolo di quel parco d’intrattenimento per grandi e piccini. Era un bestione di diversi quintali adorato dai visitatori del parco, mentre viveva fra la pozza d’acqua e il verde del suo recinto. Mercoledì scorso, di notte, qualcuno è entrato lì dentro colpendo l’ippopotamo a pugni, ferendolo con un coltello, pestandolo a mazzate, bucandolo con un rompighiaccio. Ferite invisibili mentre – mezzo tramortito – Gustavito agonizzava nascosto nell’acqua del suo stagno. Quando i veterinari, spaventati per il suo comportamento, sono intervenuti scoprendo quei tagli, ormai era troppo tardi: domenica ha finito di lottare ed è morto. Un attacco definito senza mezzi termini dalla polizia: “Vile e disumano”.
L’assassinio di questo animale, nell’El Salvador che lo scorso anno ha registrato quasi 5300 omicidi fra gang e criminalità organizzata, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’indignazione e la sopportazione. Davanti ai cancelli dello zoo sono stati portati decine di mazzi di fiori, le televisioni locali hanno intervistato donne e bimbi in lacrime e c’è persino chi ha composto una canzone per Gustavito accompagnata dall’hashtag #SomoTodosGustavito. Le persone vogliono sapere chi è stato e perché è arrivato a tanto.
Il ministro della Giustizia Mauricio Ramirez Landaverde è dovuto intervenire per calmare gli animi annunciando che è stata aperta un’inchiesta sulla morte. Lo zoo, ora chiuso, ospita 600 specie animali ed è controllato da 10 telecamere. Evidentemente insufficienti: ora sono state infatti programmate ingenti misure di sicurezza per il futuro dato che non è la prima volta che si verificano problemi e diversi animali esotici, tra cui molti rubati in passato.
L’episodio ha comunque scatenato forti critiche sulla struttura stessa. Da una parte quelle rivolte ai lavoratori responsabili di Gustavito che “non lo avrebbero accudito a dovere, spesso si feriva” raccontano alcune fonti ai giornali salvadoregni, dall’altra l’inevitabile dibattito sul senso degli zoo come parchi di intrattenimento.
Whoever did this has to pay. My heart goes out to you and your keepers; may you rest in peace. #Gustavito #ElSalvador pic.twitter.com/h4SiVwasCk
— Gigi Perla (@gigiips22) 27 febbraio 2017
Il segretario della Cultura, Silvia Elena Regalado, ha spiegato la necessità di attendere la fine del ciclo di vita dei grandi felini ospitati e di altri animali per avviare un processo di trasformazione dello zoo: un parco dove non si compreranno più mammiferi da importare ma dove verranno preservati quelli presenti, proteggendo le specie in via di estinzione e con l’obiettivo di educare la popolazione sull’importanza della salvaguardia ambientale.
Intanto, sul fronte delle indagini, mentre saranno interrogati diversi lavoratori del parco, il direttore dello zoo Vladlen Henriquez ha annunciato il penoso elenco delle ferite riportate da Gustavito: “Aveva lividi su tutto il corpo, su entrambi i lati del ventre. Poi buchi in una gamba e sulla guancia, oltre a un taglio di 15 centimetri e altre lacerazioni sull’addome”.
Parole che raccontano il tormento dell’animale, colpito “forse con un rompighiaccio” e con “violenza inaudita”. Sui social network, mentre l’animale è stato sepolto nello zoo, è ora tempo di celebrazioni con vignette, ricordi e foto dell’maestoso ippopotamo. Ma soprattutto, al fianco della rabbia, è il tempo per molti salvadoregni di aprire un dibattito sulle condizioni di vita di questi splendidi animali costretti a vivere fra gabbie e pericoli.
Nell’El Salvador, ogni giorno, vengono uccise in media 14 persone. Si muore come mosche, ma se a essere ammazzato brutalmente è un enorme ippopotamo la questione fa persino più rumore: tanto da indignare i cuori di tutti salvadoregni. Gustavito aveva 15 anni, era arrivato allo zoo nazionale della capitale San Salvador dal Guatemala tredici anni fa ed era il simbolo di quel parco d’intrattenimento per grandi e piccini. Era un bestione di diversi quintali adorato dai visitatori del parco, mentre viveva fra la pozza d’acqua e il verde del suo recinto. Mercoledì scorso, di notte, qualcuno è entrato lì dentro colpendo l’ippopotamo a pugni, ferendolo con un coltello, pestandolo a mazzate, bucandolo con un rompighiaccio. Ferite invisibili mentre – mezzo tramortito – Gustavito agonizzava nascosto nell’acqua del suo stagno. Quando i veterinari, spaventati per il suo comportamento, sono intervenuti scoprendo quei tagli, ormai era troppo tardi: domenica ha finito di lottare ed è morto. Un attacco definito senza mezzi termini dalla polizia: “Vile e disumano”.
L’assassinio di questo animale, nell’El Salvador che lo scorso anno ha registrato quasi 5300 omicidi fra gang e criminalità organizzata, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’indignazione e la sopportazione. Davanti ai cancelli dello zoo sono stati portati decine di mazzi di fiori, le televisioni locali hanno intervistato donne e bimbi in lacrime e c’è persino chi ha composto una canzone per Gustavito accompagnata dall’hashtag #SomoTodosGustavito. Le persone vogliono sapere chi è stato e perché è arrivato a tanto.
Il ministro della Giustizia Mauricio Ramirez Landaverde è dovuto intervenire per calmare gli animi annunciando che è stata aperta un’inchiesta sulla morte. Lo zoo, ora chiuso, ospita 600 specie animali ed è controllato da 10 telecamere. Evidentemente insufficienti: ora sono state infatti programmate ingenti misure di sicurezza per il futuro dato che non è la prima volta che si verificano problemi e diversi animali esotici, tra cui molti rubati in passato.
L’episodio ha comunque scatenato forti critiche sulla struttura stessa. Da una parte quelle rivolte ai lavoratori responsabili di Gustavito che “non lo avrebbero accudito a dovere, spesso si feriva” raccontano alcune fonti ai giornali salvadoregni, dall’altra l’inevitabile dibattito sul senso degli zoo come parchi di intrattenimento.
Whoever did this has to pay. My heart goes out to you and your keepers; may you rest in peace. #Gustavito #ElSalvador pic.twitter.com/h4SiVwasCk
— Gigi Perla (@gigiips22) 27 febbraio 2017
Il segretario della Cultura, Silvia Elena Regalado, ha spiegato la necessità di attendere la fine del ciclo di vita dei grandi felini ospitati e di altri animali per avviare un processo di trasformazione dello zoo: un parco dove non si compreranno più mammiferi da importare ma dove verranno preservati quelli presenti, proteggendo le specie in via di estinzione e con l’obiettivo di educare la popolazione sull’importanza della salvaguardia ambientale.
Intanto, sul fronte delle indagini, mentre saranno interrogati diversi lavoratori del parco, il direttore dello zoo Vladlen Henriquez ha annunciato il penoso elenco delle ferite riportate da Gustavito: “Aveva lividi su tutto il corpo, su entrambi i lati del ventre. Poi buchi in una gamba e sulla guancia, oltre a un taglio di 15 centimetri e altre lacerazioni sull’addome”.
Parole che raccontano il tormento dell’animale, colpito “forse con un rompighiaccio” e con “violenza inaudita”. Sui social network, mentre l’animale è stato sepolto nello zoo, è ora tempo di celebrazioni con vignette, ricordi e foto dell’maestoso ippopotamo. Ma soprattutto, al fianco della rabbia, è il tempo per molti salvadoregni di aprire un dibattito sulle condizioni di vita di questi splendidi animali costretti a vivere fra gabbie e pericoli.