Smontata punto per punto l’ultima bufala dei negazionisti del riscaldamento globale
Una collezione di notizie false in tema di clima è, per qualcuno, l’occasione giusta per accusare di sabotaggio industriale gli scienziati del clima.
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Un articolo sulle pagine online del Daily Mail, il popolare giornale scandalistico inglese, il 4 febbraio scorso, dà nuova voce ai negazionisti del global warming: coloro cioè che sminuiscono o negano l’allarme sul costante aumento della temperatura media della Terra, sui suoi effetti e, soprattutto, sul ruolo dell’uomo in questo cambiamento climatico planetario. Il tempo di approfondire il discorso e i (pochi) dati forniti con l’articolo in questione e abbiamo trovato il “trucco” che ha permesso al Daily Mail di imbastire una lunga serie di falsità. Ecco la storia, dall’inizio.
Con il repentino cambio di rotta dell’amministrazione Usa, puntuale come la morte e le tasse, il negazionismo climatico si prende la ribalta per accusare l’intero mondo della scienza di aver manipolato dati, truccato numeri, ingannato le riviste scientifiche più prestigiose al solo scopo di indurre i governi dell’intero pianeta a fermare lo sviluppo economico e sociale, per ridurre in povertà i popoli della Terra – o quantomeno quelli delle nazioni occidentali democratiche e industrializzate (visto che Cina, India e pochi altri non ci cascano). Un delirio paranoico, se fosse possibile un’analisi psichiatrica.
Il primo atto della campagna denigratoria del Daily Mail prende di mira un articolo del 2015 che corregge alcuni dati del Noaa, il National Oceanic and Atmospheric Administration, l’ente degli Stati Uniti che si occupa di monitoraggio del clima. L’articolo (qui il pdf in inglese), scritto da Thomas Karl (direttore del Noaa) e altri autori, è stato pubblicato su Science Express, appartenente alla galassia di Science, una delle pubblicazioni scientifiche più prestigiose al mondo.
L’articolo su Science Express. In breve, i nuovi dati, ottenuti con nuove tecnologie (come il programma Argo), ridimensionano il cosiddetto iato climatico, ossia quello che è stato indicato come un brusco rallentamento del riscaldamento globale (l’aumento della temperatura media della Terra): secondo alcuni il rallentamento, per quanto difficile da spiegare, è in atto da circa 15-18 anni. L’ipotesi di un rallentamento (e per alcuni addirittura di uno stop del trend in crescita della temperatura) ha fatto comodo ai negazionisti, che hanno in tal modo potuto accusare i climatologi di allarmismo, respingendo le politiche volte a rallentare il global warming.
Integrando e rielaborando dati precedenti, l’articolo di Thomas Karl chiarisce che lo iato climatico non c’è mai stato, che i dati continuano a dimostrare un innalzamento della temperatura e che il pianeta sta cambiando alla stessa velocità di prima. Tutto ciò corroborato da riferimenti a molti lavori scientifici che sottolineano le stesse tendenze.
Apriti cielo! Politici, attivisti, petrolieri e liberisti venivano perciò smentiti in un sol colpo e la propaganda negazionista non aveva più appigli scientifici per seminare dubbi sul riscaldamento globale e per bloccare gli accordi in atto e quelli futuri. Era dunque necessario (per loro) correre ai ripari e trovare un paladino pronto a smascherare le bugie della scienza e a svelare finalmente la verità.
Il quotidiano inglese Daily Mail, noto contenitore di gossip, bufale e, nello specifico, sempre estremamente scettico sul global warming, viene scelto per ospitare l’intervento di un cosiddetto whistleblower (informatore), in questo caso una fonte vicina al Noaa, desideroso di spiegare come veramente stanno le cose.
È il paladino della situazione, John Bates, consulente per l’analisi di dati, che si scaglia contro i suoi ex-colleghi (è uscito dal Noaa) affermando che i dati non sono stati trattati a dovere dal punto di vista della normalizzazione (il lavoro necessario a rendere comparabili dati provenienti da fonti non omogenee) e dell’elaborazione statistica, tanto che «il computer che doveva trattare i dati ha avuto un guasto totale» (parole di Bates).
Uno dei problemi, a sentire Bates e il Daily Mail, è che lo studio del 2015 di Thomas Karl e colleghi non è stato esaminato a dovere da Science Express prima di pubblicarlo. E questo per un motivo squisitamente politico: non ce n’era il tempo perché era necessario presentarlo al consesso delle Nazioni riunite a Parigi alla fine del 2015, la COP21, per influenzare i decisori riuniti nello sforzo di ridurre un inesistente global warming penalizzando l’economia dell’Occidente (che nello specifico di certo vuol dire “americana”, benché a onor del vero il Daily Mail non cita l’America).
È una ricostruzione dei fatti fantasiosa e falsa, dichiarano gli scienziati intervistati al riguardo. Jeremy Berg, di Science, interpellato da Climate Feedback, smentisce che il lavoro di Thomas Karl abbia goduto di una via preferenziale. Anzi, rivela che il processo di revisione dello studio è durato più del solito: circa sei mesi anziché i soliti quattro.
A proposito del rapporto tra la pubblicazione dello studio e la COP21, è anche noto che l’articolo non è servito come base per le negoziazioni, che facevano invece riferimento a decenni di articoli e lavori scientifici precedenti, non ultimi i Rapporti dell’Ipcc da 1 a 5 (specialmente quest’ultimo).
Il giornale inglese avanza accuse molto serie ma neppure uno straccio di prova che gli autori dello studio abbiano ritoccato al rialzo i dati. Dati che, peraltro, sono stati a loro volta oggetto di studio, anche dopo la pubblicazione, da parte di altri prestigiosi istituti di ricerca – che li hanno validati e confermati: un lavoro fatto per esempio da Berkeley Earth, istituto di ricerca indipendente che a inizio di quest’anno ha pubblicato su Science Advances i risultati di quelle verifiche.
In più, e qui alla fin fine sta il punto, il grafico riportato dal giornale inglese per dimostrare la tesi che il global warming è stato sovrastimato è, in una parola, una frode.