La stella che pulsa … a causa del suo pianeta
Dimostrata, per la prima volta, l’esistenza di una forte influenza di un pianeta super massiccio sulla sua stella: resta da spiegare la fisica del fenomeno.
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Il pianeta HAT-P-2b arriva così vicino alla sua stella, HD 147506, da influenzarne visibilmente la luminosità.|NASA
Gli scienziati hanno osservato la coppia di oggetti per oltre 350 ore con il telescopio spaziale Spitzer (Nasa) e hanno scoperto che la luminosità della stella varia a cicli di 87 minuti, in risonanza con l’orbita del suo pianeta. Ci sarebbe dunque un forte legame tra la variazione di luminosità dell’astro e l’orbita del pianeta, che al perielio dista 3 milioni di km e all’afelio quasi 10.
Stella o pianeta? Finora non era mai stata considerata tale relazione, anche se effettivamente il pianeta è talmente massiccio (la dimensione è molto vicina a quella di Giove) da poter essere considerato una quasi-stella.
Spiega Julien de Wit, responsabile della ricerca: «Non pensavamo che un pianeta potesse “eccitare” la sua stella: c’è un reale collegamento fisico tra i due oggetti, un collegamento che al momento è difficile da spiegare, ma non c’è dubbio la pulsazione di luminosità sia causata da quell’insolito compagno».
Come spesso accade, è stata una scoperta casuale. Il team studiava la possibilità di definire un modello atmosferico di applicabilità generale e hanno scelto un pianeta di grosse dimensioni e orbita eccentrica, per lavorare con un oggetto la cui temperatura ha escursioni molto elevate tra gli estremi dell’orbita.
Ne è così uscita una delle più lunghe osservazioni di un pianeta extrasolare mai effettuata, per misurare la luminosità della stella e di conseguenza l’energia trasferita al pianeta. Da qui la scoperta della pulsazione di luminosità, inattesa per quella stella: dopo un’attenta analisi del fenomeno sono infatti state escluse tutte le possibilità note su ciò che può indurre una simile pulsazione e si è arrivati all’unica spiegazione possibile, cioè che dipenda appunto dall’azione del pianeta. La “fisica” che sta dietro al fenomeno è però ancora da spiegare.