“Conoscere il sistema vulcanico dei Campi Flegrei per valutarne la pericolosità”: ecco il nuovo studio dell’INGV
Un nuovo metodo per interpretare i segnali registrati dalle reti di monitoraggio vulcanico e comprendere i processi comuni a molti sistemi vulcanici, tra cui i Campi Flegrei. A svilupparlo uno studio a firma INGV, pubblicato su Geophysical Research Letters
Scritto da Redazione Ingv
Conoscere il sistema vulcanico dei Campi Flegrei per valutarne la pericolosità, è l’obiettivo dello studio dal titolo Signature of magmatic processes in strainmeter records at Campi Flegrei (Italy), condotto dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) della Sezione di Pisa, recentemente pubblicato su Geophysical Research Letters.
La caldera dei Campi Flegrei è da decenni in uno stato di unrest (instabilità), caratterizzato da sciami di lievi terremoti, deformazioni del suolo e una intensa attività fumarolica. Le cause di questi fenomeni, che indicano come il vulcano sia attivo pur se non in eruzione, sono ancora in fase di studio e non è chiaro se la loro origine coinvolga solo il sistema idrotermale o anche quello magmatico.
“Questa ricerca”, spiega Chiara Montagna, ricercatrice INGV, “propone, per la prima volta, un metodo grazie al quale l’interazione tra magmi (mixing) – processo che avviene in profondità e che potrebbe essere considerato precursore di eruzioni – può essere individuato analizzando i movimenti del suolo vulcanico (segnali di deformazione)”.
Il processo di mixing è comune a molti sistemi vulcanici, tra cui i Campi Flegrei; avviene quando un magma tipicamente ricco in gas, proveniente da grandi profondità (8-15 km), raggiunge una camera magmatica più superficiale, degassata, dove si mescola con il magma già presente. Un processo che lascia tracce nei prodotti eruttati. E proprio dallo studio di questi ultimi, si comprende come spesso il mixing tra magmi preluda e sia causa di eruzioni.