Arrivano nuove conferme sul Nono Pianeta da due “ETNO”?

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Arrivano nuove conferme sul Nono Pianeta da due “ETNO”?

Sono 51 gli ETNO (Extreme Trans Neptunian Objects) conosciuti ed alcuni di loro sarebbero la miglior prova dell’esistenza del Nono Pianeta, il mondo ancora sconosciuto che orbiterebbe a circa 700 Unità Astronomiche dal Sole (o forse più).
di Elisabetta Bonora
aliveuniverse.today

Le immagini scattate con il Gran Telescopio CANARIAS (GTC) per i due ETNO, durante quattro notti consecutive. A destra gli spettri dei due oggetti. Le immagini scattate con il Gran Telescopio CANARIAS (GTC) per i due ETNO, durante quattro notti consecutive. A destra gli spettri dei due oggetti. Crediti: Julia de León (IAC)

Gli ETNO sono una classe di oggetti che orbita attorno alla nostra stella ad una distanza maggiore di quella di Nettuno, ad oltre 150 Unità Astronomiche, che è davvero molto lontano!
La Terra orbita attorno al Sole ad una distanza media di 1 Unità Astronomica (UA), che corrisponde a 150 milioni di chilometri; Plutone è a circa 40 UA ma questi corpi si trovano ad una distanza ancora maggiore, ricevono poca luce dal Sole e quindi sono difficili da trovare e studiare. L’unico ad essere stato studiato spettroscopicamente, fino ad oggi, era Sedna, un grande planetoide ghiacciato con un’orbita particolarmente eccentrica di circa 11.400 anni che lo avvicina al Sistema Solare esterno in prossimità del perielio e lo allontana fino ad oltre 5 giorni luce dal Sole all’afelio, considerato il primo elemento rilevato della Nube di Oort interna (l’ipotetica nube sferica che avvolge il Sistema Solare fino a 100.000 UA, pensata per essere la culla delle comete).

Ora, però, un gruppo di ricerca dell’Instituto de Astrofísica de Canarias (IAC), in collaborazione con la Complutense University di Madrid, ha fatto un passo in avanti per caratterizzare altri due oggetti remoti, eseguendo le prime osservazioni spettroscopiche di 2004 VN112 e 2013 RF98, entrambi con orbite molto simili.
I due appartengono al gruppo dei sei corpi che più lascia interdetti gli scienziati. Nel 2016, i due ricercatori Mike Brown e Konstantin Batygin utilizzarono le loro orbite per teorizzare la presenza di una “super-Terra” a 700 UA dal Sole. In pratica, i loro percorsi altamente ellittici sembrano puntare nella stessa direzione dello spazio fisico, con un’inclinazione quasi identica rispetto al piano geometrico su cui si muove il Sistema Solare (il che suggerisce anche un’origine comune), mentre è idea condivisa che le orbite degli oggetti oltre Nettuno dovrebbero essere distribuite in modo casuale.

In viola, le orbite dei sei oggetti analizzate da ricercatori del Caltech potrebbero essere spiegate dall’esistenza del Nono Pianeta. Crediti: Caltech/R. Hurt (IPAC)

Gli spettri ottenuti dimostrano che 2004 VN112, 2013 RF98 sono simili a 2000 CR105 e 2012 VP113, osservati invece fotometricamente; mentre Sedna ha caratteristiche diverse.
I gradienti spettrali simili osservati per la coppia 2004 VN112 – 2013 RF98 suggeriscono un’origine fisica comune“, ha spiegato Julia de León, primo autore del documento pubblicato sulla rivista Monthly Notices della Royal Astronomical Society. “Stiamo proponendo l’idea che in origine fosse un asteroide binario“, ha aggiunto.
Per convalidare questa ipotesi, il team ha eseguito migliaia di simulazioni per capire come i poli delle orbite (comunque molto vicini) si sarebbero separati col passare del tempo. I risultati mostrano che un ipotetico pianeta (il Nono!), con una massa compresa tra 10 e 20 masse terrestri, in orbita intorno al Sole ad una distanza compresa tra 300 e 600 UA, avrebbe potuto allontanare la coppia circa 5 o 10 milioni di anni fa.

Ma se ci sono tutte queste prove sull’esistenza del Nono Pianeta,
come mai ancora non lo abbiamo visto?

Come ho scritto, questi oggetti si trovano molto luntano dal Sole per cui riflettono poca luce e sono difficili da individuare ma…..
Quando Trujillo e Sheppard scoprirono 2012 VP113, scrutarono la regione del cielo “in opposizione” (cioè, a circa 180 gradi rispetto al Sole) con la camera Dark Energy Camera (DECam) montata sul telescopio NOAO di 4 metri del National Optical Astronomy Observatory in Cile. Secondo le stime, i tempi di esposizione piuttosto lunghi permisero di catturare il 95 per cento degli oggetti con magnitudine 24,3 ed il 50 per cento degli oggetti con magnitudine 24,5 1. Anche il Nono Pianeta, per quanto “buio” sia, se è là fuori deve produrre una sua radiazione infrarossa.
Lo scorso anno, un team guidato da Jonathan Fortney, scienziato planetario presso l’Università della California a Santa Cruz, aveva pubblicato uno studio nel quale, tramite un software di modellazione atmosferica, si calcolava come potrebbe apparire attraverso una gamma completa di lunghezze d’onda. Secondo Fortney, è plausibile ipotizzare un’atmosfera molto fredda (sotto i -220 gradi Celsius), composta prevalentemente da idrogeno ed elio, come Nettuno. Questi due gas sono piuttosto bravi a riflettere la luce tanto che il Nono Pianeta potrebbe essere osservato direttamente: “Ci aspettiamo che il pianeta, se c’è, sia una sorta di specchio“, aveva dichiarato Fortney. “Pensiamo che brillerebbe di una tonalità biancastra e che potrebbe riflettere fino al 75 per cento della luce solare che lo raggiunge“.

Il vero problema [non è tanto vederlo]ma sapere dove guardare

D’altro canto, se il Nono Pianeta c’è, dovrebbe far sentire la sua influenza gravitazionale.
Qualsiasi oggetto in orbita al di là della Fascia di Kuiper è abbastanza lontano tanto che la sua posizione per anni (o addirittura decenni) appare effettivamente statica. Di conseguenza, l’enigmatica super-Terra produrrebbe un’accelerazione di marea sostanzialmente fissa attraverso il Sistema Solare interno. Lo scorso anno, un team di astronomi francesi, guidato da Agnès Fienga dell’Observatoire de la Côte d’Azur e Jacques Laskar del CNRS, pubblicò un documento sulla rivista Astronomy & Astrophysics letters, basato sui dati della sonda Cassini.
I due avevano lavorato ad un sistema di effemeridi planetarie, chiamato INPOP (Integration Numerique Planetaire de l’Observatoire de Paris), che calcola il moto dei pianeti con la massima precisione, basato su più di 150.000 misurazioni individuali dei corpi del Sistema Solare, tra cui più di 200 misurazioni effettuate dalla sonda Cassini nel corso di circa 10 anni di missione sulla distanza tra la Terra e Saturno. Queste sono davvero molto precise (hanno un’incertezza inferiore ai 100 metri) ma la squadra scoprì che inserendo nel modello INPOP il Nono Pianeta teorizzato dagli scienziati della Caltech, ad una distanza di circa 622 UA dal Sole nella direzione della costellazione Cetus, i dati sembrano avere ancora più senso.

Nel giro di poche settimane, però, la NASA si affrettò a smentire dichiarando che “la sonda Cassini non stava vivendo alcuna deviazione inspiegabile nella sua orbita attorno a Saturno“.
Si leggeva nel comunicato stampa:
Un pianeta sconosciuto oltre l’orbita di Nettuno, 10 volte più massiccio della Terra, potrebbe influenzare l’orbita di Saturno, non della Cassini“.
Questo potrebbe produrre una firma nelle misure di Saturno della Cassini se il pianeta si dovesse trovare abbastanza vicino al Sole. Ma dal 2004 al 2016 non abbiamo trovato alcuna firma inspiegabile nei dati, oltre al rumore“.

Un altro studio pubblicato a fine 2016 avvalorava la tesi che gli ETNO noti non sarebbero disposti casualmente: le simulazioni numeriche suggerivano una probabilità inferiore al 2 per cento.
E’ possibile, scrivono gli autori, che Sedna sia in risonanza orbitale 3:2, 2000 CR105 5:1, 2012 VP113 4:1, 2004 VN112 3:1 e 2001 FP185 5:1 con qualcosa avente periodo orbitale di 16.725 anni e un semi-asse maggiore a circa 654 AU.

Orbita del Nono Pianeta

Qui è disponibile anche una simulazione 3D.

In ogni caso, anche se in un clima di incertezze, tutti possono partecipare alla caccia del misterioso Nono Pianeta: basta andare sul sito di citizen science Zooniverse ed entrare nel nuovo progetto Backyard Worlds: Planet 9.
Qui, potrete divertirvi a visionare le immagini del telescopio WISE (Wide-field Infrared Survey Explorer) cercando eventuali candidati in movimento sullo sfondo stellato.
Wise scansionò l’intero cielo tra il 2010 e il 2011, producendo il più completo campionamento attualmente disponibile alle frequenze del medio-infrarosso. Terminata nel 2011, la missione è stata riattivata nel 2013 con il nome di NEOWISE per sorvegliare e scovare eventuali oggetti potenzialmente pericolosi per la Terra.

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